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12/1/2013 Per la prima volta dal 1996 e solo l'ottava volta in assoluto, nessun giocatore ha ricevuto il 75 % dei voti necessari per l'elezione nella Hall of Fame del baseball. Craig Biggio, un nuovo arrivato che non è sospettato di uso PED (Performance Enhancing Drug), nonostante abbia finito la sua carriera con 3060 valide, è quello che più si è avvicinato con il 68,2 %. Tra i reduci, Jack Morris, che si credeva avesse le migliori possibilità, dopo aver guadagnato il 66,7 % lo scorso anno, ha ricevuto nella sua penultima occasione, solo il 67,7 %. Nel suo ultimo anno di eleggibilità BBWAA, Dale Murphy (18,6 %) non è riuscito a raggiungere l'obiettivo, nonostante la sentita campagna guidata dai suoi figli. Jeff Bagwell (59,6 %), Mike Piazza (57,8 %) e Tim Raines (52,2 %) hanno preso almeno la metà dei voti, mentre Lee Smith (47,8 %), Curt Schilling (38,8 %), Edgar Martinez (35,9 %) e Alan Trammell (33,6 %) hanno preso un terzo dei voti espressi. Altri che hanno ricevuto il minimo appariranno di nuovo nel ballottaggio del 2014: Larry Walker (21,6 %), Fred McGriff (20,7 %), Mark McGwire (16,9 %), Don Mattingly (13.2 %). I candidati che non sono riusciti a guadagnare il 5% dei voti non appariranno più al ballottaggio nelle future stagioni: Bernie Williams (3,3 %), Kenny Lofton (3.2 %), Sandy Alomar Jr. (2.8 %), Julio Franco (1.1 %), David Wells (0,9 %), Steve Finley (0,7 %), Shawn Green (0,4 %), Aaron Sele (0,2 %), Jeff Cirillo (0), Royce Clayton (0), Jeff Conine (0), Roberto Hernandez (0), Ryan Klesko (0), Jose Mesa (0), Reggie Sanders (0), Mike Stanton (0), Todd Walker (0), Rondell White (0) e Woody Williams (0). In un comunicato stampa, la MLB ha affrontato la shutout: "La Major League Baseball riconosce che l'elezione nella Hall of Fame è l'onore individuale più straordinario del nostro gioco. Il raggiungimento della consacrazione a Cooperstown è difficile, come dovrebbe essere, e ci sono stati altri sette anni in cui nessuno è stato eletto dalla Baseball Writers’ Association of America. Anche se quest'anno non ha prodotto alcuna eletto, ci sono molti candidati benemeriti che meritano considerazione nel futuro. Noi rispettiamo sia il processo di lunga data che la Hall of Fame ha istituito che il ruolo del BBWAA, i cui membri hanno votato le elezioni nella Hall of Fame dal 1936". Personalmente ritengo triste che i membri della BBWAA non abbiano individuato tra quelli citati neanche uno dei giocatori meritevoli di essere eletti nel vasto parterre di 37 candidati, di cui 24 esordienti, e in questo la penso come l'Associazione dei Giocatori. Non mi trovo però d'accordo con ciò che ha detto il direttore esecutivo Michael Weiner della MLB Player Association, subito dopo la fumata nera. Weiner si è rammaricato perchè sono stati ignorati i successi storici di Barry Bonds e Roger Clemens e che è ingiusto sanzionare i giocatori esonerati in procedimenti legali. Weiner ha poi aggiunto "La Hall of Fame si suppone che sia per i migliori giocatori che abbiano mai giocato il gioco. A diversi giocatori è stato negato oggi l'accesso alla Hall of Fame. Speriamo che questo venga rettificato nelle votazioni future". Anch'io, come tutti i tifosi, penso che La Hall of Fame sia l'olimpo del baseball e che dovrebbero entrarci i migliori, ma solamente quelli che hanno rispettato le regole del gioco e la sua filosofia. Coloro che hanno trovato delle scorciatoie per raggiungere altisonanti risultati non credo meritino il posto che dovrebbe essere occupato da coloro che invece i record se li sono sudati senza nessun aiuto chimico. Ma che esempio diamo ai giovani, se anche i furbi possono occupare un posto nella Hall of Fame? I grandi paria della Hall of Fame, Shoeless Joe Jackson e Pete Rose, non potranno mai essere eletti per le note vicende che li videro coinvolti in scommesse non certo perché fecero uso di steroidi. Invece giocatori come Bonds (36,2 %), Clemens (37,6 %), McGwire (16,9 %), Sosa (12,5%) e Palmeiro (8,8 %), coinvolti nella piaga del doping, erano tra gli eleggibili di quest'anno e riappariranno nel ballottaggio del 2014. Non trovate anche voi che ci sia qualcosa che non va? Ci sarà comunque una terna di grandi personalità del baseball che verranno elette nella Hall of Fame nella cerimonia del prossimo 28 luglio, presso il Clark Sports Center a Cooperstown. Questo gruppo è composto dall'arbitro Hank O'Day, il proprietario dei New York Yankees Jacob Ruppert e il giocatore del 19° secolo Deacon White, tutti eletti dal Veterans Committee.
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15/1/2013 FABIO BETTO LASCIA IL BASEBALL GIOCATO Fabio Betto Caro Campione, Fabio Betto Dal sito della Fortitudo Baseball 1953 del 10/01/2013 Fabio Betto lascia il baseball giocato a 40 anni con 123 vittorie nel massimo campionato, 6 scudetti, 4 coppe dei campioni, 6 coppe Italia, 1 coppa delle coppe, 1 europeo, fra Parma, Bologna e Nazionale. All’età di 40 anni, il capitano della Unipol Fortitudo, Fabio Betto, ha deciso di appendere il guantone al chiodo. Il lanciatore trevigiano, ma ormai bolognese d’adozione, resterà comunque sul campo a prestare il suo determinante contributo alla causa biancoblu. Il ruolo di Fabio in prima squadra sarà quello di Assistant coach nello staff tecnico guidato da Marco Nanni, mentre a Casteldebole sarà il Coordinatore tecnico della Fortitudo giovani, dunque il “braccio destro” di Angelo Baldi, responsabile del settore giovanile. La Fortitudo B.C. 1953 esprime a Fabio Betto un sincero e vigoroso grazie per il contributo da giocatore in queste indimenticabili 14 stagioni, dimostrando grandi qualità sul campo, ma ancor più grandi al di fuori dello stesso, mettendo in mostra una elevata e rara professionalità, oltre che disponibilità e dedizione, un punto di riferimento importante per i compagni, per lo staff tecnico e per la società. Felice di poter proseguire il rapporto con Fabio, formula un grande in bocca al lupo per i suoi nuovi incarichi. Risulta estremamente arduo sintetizzare la straordinaria carriera più che ventennale di questo grande professionista, che chiude la carriera imbattuto in regular season nelle ultime due stagioni disputate (19 vittorie e nessuna sconfitta in 26 gare). Senza ombra di dubbio, Fabio Betto è uno dei migliori lanciatori partenti italiani del baseball moderno, oltre che un atleta che ha una parte importante nella storia gloriosa della Fortitudo baseball. Ha cominciato a calcare i diamanti giovanissimo a Castelfranco Veneto, per trasferirsi a soli 17 anni a Reggio Emilia, per seguire la sua passione. Nel 1994 l’approdo in massima serie, con il Parma, cinque stagioni ricche di soddisfazioni, a partire dai tre scudetti (il primo proprio nel ’94, poi ’95 e ’97), due coppe dei campioni (’95 e ’98), una coppa delle coppe (’97) e due coppe Italia (’94 e ’96). Nel 1999 il trasferimento sotto le due torri, che all’epoca fece molto scalpore, nel pieno della maturità tecnica e atletica, protagonista in nazionale (europei vinti nel ’97, secondo posto nel ’99, olimpiadi di Atlanta ’96 e Sidney 2000). Nella rinnovata Fortitudo, Fabio è stato uno dei massimi contributori della rinascita della società biancoblu, riportandola a disputare i playoff nel 2001 e 2002, prima di un brutto infortunio alla spalla, che ha reso necessaria un’operazione con rischi sulla prosecuzione della carriera. Dopo un anno era di nuovo in pista, giusto in tempo per partecipare all’epica conquista dello scudetto 2003, nell’anno del cinquantenario della Effe Blu e dopo 19 lunghissimi anni d’attesa, seguita da un’ottima regular season nel 2004 (10 vinte e 2 perse), ma anche da una fase delicata di recupero nella quale Fabio ha cominciato a costruire la sua seconda giovinezza. Con la squadra affidata a Marco Nanni, dal 2006 Betto ha invertito le leggi della fisica e del tempo, migliorando stagione dopo stagione, quasi come se gli anni passassero al contrario, andando indietro nel tempo. Con un nuovo modo di lanciare, rinunciando alla velocità, ma aumentando gli effetti e le location, Fabio, assoluto padrone del mound come pochi lanciatori hanno dimostrato, ha mandato fuori tempo decine e decine di battitori, risultando a fine stagione sempre fra i migliori lanciatori di scuola italiana. Medie PGL “da straniero”, un rapporto vinte/perse oltre il 70% nelle ultime sette stagioni. Gli anni bolognesi hanno decisamente allungato il suo palmares, con altri tre scudetti (2003, 2005 e 2009), due coppe dei campioni (2010 e 2012) e quattro coppe Italia (2003, 2005, 2008 e 2010). Chiude la carriera in massima serie, ripetiamo, imbattuto in regular season nelle ultime due stagioni, con 310 gare e oltre 1563 inning disputati, 123 vittorie a fronte di sole 55 sconfitte (media .691), una media PGL di 3.87, una media di battute valide concesse di .242, appena 3.77 basi ball concesse ogni 9 riprese, 2.87 (se abbiamo calcolato bene) nelle 14 stagioni nelle quali ha vestito la casacca biancoblu, con la quale ha collezionato 89 vittorie, a fronte di 41 sconfitte.
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23/1/2013 GIANNI DONA' CON I METS A BOCA CHICA A novembre, per la quinta volta consecutiva, il tecnico trevigiano Gianni Donà è volato a Boca Chica, nella Repubblica Dominicana, per un corso full immersion della durata di due settimane nella Instructional League della franchigia dei New York Mets. Donà è stato tra i primi tecnici italiani a stringere rapporti con una delle trenta squadre della MLB che nell'isola caraibica hanno fondato, dalla metà degli anni '80, delle Rookie farm di minor league e organizzato il campionato della Dominican Summer League. Il suo ritorno è stato accolto con il massimo calore da parte del G.M. Rafael Landestoy e dei coach incontrati negli anni precedenti: "Quest'anno ho conosciuto due nuovi coaches delle Minors: Bob Natal (Minor League Catching Coordinator) e Lamar Johnson (Minor League Hitting Coordinator), da poco arrivati da Port St. Lucie in Florida, dove ha sede la minor di Advanced A dei Mets. Mentre tra i coaches stanziali c'è stata la new entry di Manny Aybar (pitcher per 8 anni nelle Major), che lavora qui come pitching coach". Alcuni giocatori delle precedenti Instructional Leagues fanno ora parte dei 40 Men Roster, e qualcuno ha già debuttato in MLB. "Ho avuto il piacere di ritrovare Jordany Valdespin, conosciuto nel 2010, e che ora gioca titolare seconda base/esterno con i Mets. Jordany si stava allenando nell'Academy e giocava con i Leones del Escogido, che hanno vinto nei giorni scorsi la Liga Dominicana 2012-2013". Jordany Valdespin con Gianni Donà Come sempre le giornate sono scandite da una perfetta organizzazione che programma nei minimi dettagli tutti gli aspetti sportivi e non dell'Academy. "A volte potrebbe sembrare la solita routine per quanto riguarda la pratica, ma con una differenza qui la routine non è mai, mai noiosa!! Ciò nonostante è come fosse la prima volta! La MLB non si ferma mai, la strada del successo è sempre in costruzione! I piccoli dettagli... fanno la differenza! NON SI FINISCE MAI DI IMPARARE! Se ami questo gioco, non ti puoi fermare altrimenti sei perduto! Non lo so quante Instructional mi serviranno ancora. Credo molte! In quei giorni ho lavorato con i lanciatori durante il PFP, e qualche volta come assistant nel bullpen durante le partite". Capita che oltre alle partite programmate della Summer League vengano giocati anche degli incontri extra. Nei giorni in cui era presente Donà ha fatto visita all'Academy dei Mets la squadra del Dartmouth College del New Hampshire, allenata dal manager Bob Whalen, per una serie di quattro partite. Il manager del Dartmouth College, Bob Whalen, e Gianni Donà "La serie è finita 2 a 2, ma voglio raccontare un episodio in fatto di disciplina. Il Dartmouth College alloggiava presso un hotel a Boca Chica - quella specie di residences all inclusive dove ti fanno indossare un braccialetto in gomma colorato, con il quale puoi mangiare e bere no stop per 24 ore.... Ai giocatori del College è proibito consumare alcolici. Ma in fondo, dopo una giornata di pratica ed un game cosa c'è meglio di un bicchiere di birra ai bordi della piscina o in riva al mare?... Bene! Due di loro sono stati sorpresi a sorseggiare tale bevanda. Risultato: rimpatriati immediatamente con il primo volo per gli U.S.A.! Volo a carico delle famiglie ... , e vi assicuro che non è costato poco considerando la mancanza di prenotazione. Per le famiglie non credo sarà stato un problema. Studiare al Dartmouth College costa circa 41.000 $ all'anno!". Foto di gruppo dei giocatori e allenatori del Dartmouth College e dei Mets. Gianni Donà è il primo a sinistra inginocchiato Il tempo inesorabilmente vola e arriva il momento di fare le valigie e ritornare a casa ma quest'anno prima di andarsene Gianni Donà ha chiesto la parola per un breve discorso nell'office del G.M. Landestoy, davanti a tutti i quindici coaches: "Volevo solamente ringraziare l'Organizzazione per l'opportunità che da cinque anni ad oggi mi da, desidero ringraziarvi per l'amicizia, l'insegnamento, ....(e mentre dicevo questo pensavo che negli anni passati, mentre io giocavo in una "sconosciuta Lega Italiana", la maggior parte di loro erano dei giocatori di Major.... Be' non è stato facile!). Dopo un po' sono stato interrotto dal G.M. Landestoy che mi ha detto: Giovanni, ormai eustede es uno de nosotros. Mi ha lasciato senza parole e ho augurato loro un Felice Natale e Prospero 2013, aggiungendo: se le cose stanno così allora arrivederci alla prossima Instructional! E tutti si sono messi a ridere e a salutarmi con grande calore". Articolo apparso su FOXSPORT.it e F.I.B.S.
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15/3/2013 CASPITA, CHE BELLA ITALIA! E' finita purtroppo a Miami l'avventura della Nazionale Italiana al World Baseball Classic 2013, dopo essere stati sconfitti di misura da tre superpotenze del baseball mondiale (qualcuno mi ricorderà che con gli USA non è stata poi così tanto di misura, 6 a 2, ma questo non cambia l'essenza del valore della performance della nostra Nazionale). Dopo aver battuto Messico e Canada, in realtà c'eravamo un po' illusi. La squadra ha il merito di aver fatto vibrare i cuori di tutti noi fanatici del baseball in particolar modo per l'italianissima unione del gruppo, resa ancor più simpatica dalla gestualità scaramantica di mandare baci dopo la realizzazione di valide e punti. Ci siamo misurati con squadre dove il baseball è lo sport nazionale e ne siamo usciti a testa alta. USA, Repubblica Dominicana e Puerto Rico se l'erano vista brutta per buona parte delle gare, dove abbiamo sempre condotto le danze, e sono riusciti a capovolgere il risultato sfruttando delle sbavature, che in una manifestazione di così alto livello ci stanno. Cosa sarebbe stata l'Italia se avessimo potuto disporre anche dei due giocatori del calibro dell'interbase Jeff Bianchi e del ricevitore Francisco Cervelli, ahimè assenti all’ultimo minuto, o di Justin Verlander e Barry Zito, come era stato a suo tempo ventilato? Leggevo questa mattina l'articolo "Azzurri, per noi i Campioni del Mondo siete voi!" di Matteo Desimoni su baseball.it (leggetelo!) e mi trovo perfettamente d'accordo con tutte le sue analisi e non posso che concludere ribadendo: Caspita, che bella Italia! |
6/7/2013 UN LIBRO CHE SE NON VI CAMBIERA' LA VITA VI APRIRA' GLI OCCHI Un mio carissimo amico, arbitro di baseball dal glorioso passato, un mese fa mi ha prestato il libro del professor Sandro Donati, che lo aveva letteralmente sconvolto, dal titolo "Lo sport del doping" (sottotitolo: "Chi lo subisce e chi lo combatte") invitandomi a leggerlo subito. Non avevo trovato il tempo prima e così alcuni giorni fa, terminate le letture che avevo già iniziato, l'ho preso tra le mani e vi assicuro che da quel momento non ho smesso fino all'ultima pagina. Io che sono uno sportivo e che solo da un paio d'anni ho smesso di allenare sono rimasto sconvolto, e il termine è solo un eufemismo, pagina dopo pagina di fronte al racconto di Donati. "Lo sport del doping" è un libro importante che tutti voi dovreste leggere. Quasi un quarto di secolo la sua prima opera su questo tema, "Campioni senza valore", fu boicottato e sparì dal mercato, raggiungendo soltanto poche migliaia di lettori, almeno nell'edizione cartacea. Un paradigma, quello dell'ex dirigente Coni, ex allenatore e oggi consulente della Wada, l'agenzia mondiale antidoping, nonché validissimo collaboratore dell'associazione "Libera" di Don Ciotti, perché nessuno più di lui che ha vissuto direttamente le vicende che racconta con meticolosità ragioneristica può fotografare quella triste realtà. Fatta da dirigenti senza scrupoli capaci di ogni compromesso per aggrapparsi alla poltrona, da tecnici e medici cinici e senza scrupoli, da atleti deboli e spesso conniventi, da media quanto meno superficiali. Un libro che è la "summa" di quanto di brutto è stato fatto in ambito sportivo nell'ultimo trentennio e che illustra in modo esemplare come, al pari dei famigerati paesi dell'est in Italia ci sia stato per un certo, lunghissimo, periodo, un vero e proprio "doping di Stato". La figura centrale di questo racconto, che ha la forza del diario scarno e senza fronzoli, ma che coinvolge nel crescendo di efferatezze che illustra, è quella del professor Francesco Conconi, al centro di un'indagine penale conclusasi con la prescrizione per scadenza dei termini, ma le cui motivazioni sono un feroce atto di accusa contro l'intero sistema sportivo. Si va dalle ricerche sul dosaggio degli anabolizzanti per gli azzurri di alto livello, fatte con la complicità delle strutture Coni, alle trasfusioni vietate, agli anni dell'epo, l'ormone che ha cambiato il volto di gran parte dello sport nostrano e mondiale. Anni in cui l'ente di stato finanziava un controllo antidoping di facciata e poi ugualmente foraggiava le pratiche dopanti più vergognose e pericolose per la salute degli atleti. E poi i casi Farragiana, il salto truccato di Evangelisti, i rapporti con Nebiolo (ex numero uno dell'atletica, deceduto nel 1999), il potere sportivo (Carraro, Pescante, il segretario Pagnozzi, ecc.) e il potere politico di destra e di sinistra. Fino ai giorni nostri con Armstrong, Alex Schwazer e compagnia. Atleti che si piegano alla volontà di dirigenti e tecnici scellerati; altri che si oppongono finché possono. Una cronaca incalzante che mette a nudo anche le grandi responsabilità del sistema mediatico, fermo ad atteggiamenti celebrativi che ancora oggi condizionano molte scelte su giornali e tv; sordo e cieco di fronte a segnali, allarmi e denunce. Anche se all'autore nella foga del racconto e nella rabbia dell'uomo solo contro tutti, sfugge come alla fine proprio dal sistema mediatico è passata - sia pure fra mille difficoltà e contraddizioni - quell'informazione che ha fatto esplodere scandali e alla fine sgretolare il muro dell'ipocrisia. E' la storia di un Davide dello sport pulito che si batte contro un Golia dello sport che si è negli anni trasformato in business, danaro, affari. Perdendo tutte le valenze e i valori originari. Anzi, mettendosi dietro un velo ipocrita di valori costantemente contraddetti da comportamenti ambigui e diseducativi. In cui di fronte al risultato da raggiungere ad ogni costo non c'è umanità che tenga. Una storia che non risparmia nessuno, neppure quegli ambienti della magistratura (il famigerato "porto delle nebbie" della Procura di Roma), che troppo a lungo ha fatto da oscura spalla ad un governo sportivo che per giustificare il vortice di miliardi degli anni d'oro del Totocalcio, non ha esitato a ricorrere ai mezzi più bassi e vili. Una storia che rivela momenti terribili di solitudine. Come quando Donati scopre che contro di lui il Coni schiera gli avvocati più famosi. Ma poi perde. E alla fine vince lui. Non perché il doping e l'imbroglio sia finito e sconfitto, ma perché se adesso c'è un minimo di coscienza e di scetticismo di fronte a tanti "eroi" dello sport fasulli e dirigenti "specchiati", lo si deve anche alle battaglie fatte da Donati e da pochi altri come lui. Battaglie che lanciano il seme dell'impegno, anche quando il confronto è impari e le forze in campo sbilanciatissime. "Nel mio impegno di tanti anni sulla problematica del doping e in altre strettamente attinenti - scrive Donati - ho avuto spesso l'opportunità di scoprire e toccare il re nudo, per cui nella mia mente non ci sono più potenti al di sopra di tutto e di tutti, ma comuni mortali - ambiziosi e spregiudicati quanto si vuole - ma resi forti da catene di potere: partiti politici, logge massoniche che si arrogano il diritto di fissare gli obbiettivi della collettività, tante altre associazioni finalizzate allo scambio di favori. All'interno di una catena del genere anche individui comuni possono apparire dei giganti...". Avete presente quando si parla di appuntamenti "da non perdere"? Beh, eccone uno. Per capire, per provare a combattere. Anche se non tutti hanno il coraggio di Alessandro Donati. Buona lettura. "Campioni senza valore" da scaricare
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29/7/2013 DEREK JETER E' TORNATO!
Il fuoricampo di Derek Jeter domenica 28 luglio 2013 Dopo una sola apparizione nelle prime 104 partite degli Yankees in questa stagione, Derek Jeter, rientrato dalla disable list l'11 luglio, ha dovuto fermarsi di nuovo a causa di uno stiramento al quadricipite destro. Come ricorderete Jeter si era rotto la caviglia sinistra il 13 ottobre dello scorso anno durante le American League Championship Series, e fu necessario un intervento chirurgico per impiantare una placca di metallo e viti. Dopo la riabilitazione tornò in azione ai primi di marzo, ma giocò in appena cinque partite della Grapefruit League prima di subire ancora una battuta d'arresto. A partire dal giorno dell'apertura, gli Yankees speravano che il loro 39enne interbase, 13 volte All-Star, tornasse per il 1 maggio, ma il 18 aprile, gli venne diagnosticato una incrinatura supplementare alla caviglia. Dopo aver giocato solo quattro partite di riabilitazione e nessuna sul campo, era stato previsto il suo rientro l'11 luglio. Mentre giocava come battitore designato nella sua prima partita ufficiale del 2013, subì un stiramento al quadricipite destro correndo dopo aver battuto un groundball, ritornando di nuovo nella DL. Sabato 27 luglio era il primo giorno in cui avrebbe dovuto tornare, invece giocò una partita simulata a Staten Island, mentre i suoi compagni di squadra venivano battuti 1-0 da Chris Archer dei Rays. La partita di domenica 28 luglio ha segnato la sua prima apparizione della stagione all'interbase per gli Yankees. Jeter è andato a battere nel primo inning della partita contro i Rays e il primo lancio fastball di Matt Moore lo ha catapultato oltre la recinzione a destra per un fuoricampo solitario. Prima del suo precedente ritorno dell'11 luglio, Jeter aveva ammesso che aveva in mente di girare il primo lancio che vedeva, raccogliendo solo un singolo infield. Non era certo una sorpresa che sventolasse il primo lancio di Moore, e quasi inusuale che realizzasse un homer, il 256° della sua carriera. Anche se la potenza non è il suo biglietto da visita, Jeter aveva battuto ancora un fuoricampo per la sua 3000° valida il 9 luglio 2011 contro David Price dei Rays. Il fuoricampo di Jeter di domenica è stato il primo di uno yankee dal 14 luglio, con nove partite senza un homer, sei sconfitte e segnati appena 28 punti. E' stato il primo homer di un battitore destro Yankee da Jayson Nix che ne aveva battuto uno il 25 giugno. Quando il nuovo acquisto Alfonso Soriano lo ha seguito con un fuoricampo da due nel terzo, la coppia di homer ha eguagliato il numero battuto dai battitori destri Yankee dal 22 maggio, e ha permesso al team di eguagliare gli sluggers destri dei Royals con 26 homer, ancora il più basso totale nelle majors. I battitori destri degli Yankees sono gli ultimi tra tutte le 30 squadre in entrambe le classifiche on-base e slugging. Jeter è andato 2 su 4 e ha giocato tutta la partita. Un grande ritorno per gli Yankees e per tutto il baseball che ha bisogno di giocatori come Derek Jeter che incarna il meglio di questo sport alla pari di Gehrigh e Joe DiMaggio, per citare due fulgide figure degli Yankees. "La sua presenza rende tutto diverso", ha detto il manager Joe Girardi di Jeter, "E' difficile spiegare esattamente perché, ma lui è un vincente". "So che abbiamo lottato un po' faticosamente per segnare dei punti, quindi spero di aiutare in qualsiasi modo", ha detto Jeter durante la conferenza, "Ma abbiamo bisogno del contributo di un sacco di gente, non solo il mio. Non è che io sia un salvatore che è arrivato qui tutto ad un tratto, ma abbiamo intenzione di iniziare a vincere ogni giorno. Tutti devono contribuire". Bentornato Campione !!!!!!
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13/8/2013 NON C'E' MAI FINE AL RAZZISMO! Forse in Italia ai più è sfuggita la notizia che durante la notte del 7 agosto era stata imbrattata la statua di Jackie Robinson, davanti allo stadio dei Brooklyn Cyclones a New York, con scritte razziste e svastiche. La statua commemora uno dei momenti più toccanti nella storia del baseball e raffigura Pee Wee Reese con il braccio sulla spalla di Jackie Robinson, il primo afro-americano a giocare nelle major leagues. Fu eretta nel 2005 per ricordare la prima apparizione di Robinson al Crosley Field di Cincinnati quando venne investito dagli insulti e dalle minacce più ignobili dei tifosi e giocatori avversari. La storia narra che il bianco capitano dei Brooklyn Dodgers, Pee Wee Reese, si avvicinò a Robinson mettendogli la mano sulla spalla per rassicurarlo e mostrare a tutti che la linea del colore era stata definitivamente abbattuta, ammutolendo la folla. E' chiara la valenza e la forza che questa raffigurazione ha, tanto da assurgere a icona contro il razzismo. La profanazione da parte di alcuni vandali imbecilli, che non sono ancora stati individuati, ha sortito l'effetto di amplificare le voci di tutti coloro che rigettano ogni forma di razzismo a 360 gradi. Subito sono scattate le indagini della polizia e il Daily News ha offerto una ricompensa di 10000 dollari per le informazioni che portino all'arresto dei vandali, mentre la Jackie Robinson Foundation, venerdì scorso, ne ha aggiunti altri 40000 allo scopo. La vedova 91enne di Jackie Robinson, Rachel, parlando per la prima volta con il cuore spezzato: "Sono addolorata per questo insensato atto di deturpare la statua di mio marito. I reati generati dai pregiudizi non hanno posto nella nostra società di oggi". E subito ho pensato quanto sia lontana l'Italia dagli Stati Uniti che, oltre alle indagini in corso, ha messo una taglia sugli esecutori di questo orrendo misfatto per poterli prendere e punire. Il nostro Ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge viene costantemente insultata verbalmente e per iscritto da razzisti di cui si conoscono nome e cognome, per cui non servirebbe nessuna taglia per prenderli, ma che continuano a girare liberi perchè lo Stato non li punisce in nessuna maniera.
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26/9/2013 HAPPY BIRTHDAY www.fieldofdreams.it www.fieldofdreams.it compie oggi quattro anni. L’almanacco del baseball in italiano, come mi piace chiamarlo, si è arricchito anche quest'anno di decine e decine di nuove storie, personaggi, aneddoti e curiosità, con un ragguardevole aumento di foto inedite a corredo, che lo rendono unico nel suo genere in Italia. E' aumentato anche il numero di visitatori, grazie al Vostro passaparola, e così ho pensato di creare due banner per le Società di baseball & softball che volessero cortesemente pubblicizzare fieldofdreams nei loro siti, così da allargare ancor più la platea di curiosi. Mentre sto per spegnere le quattro candeline voglio ringraziare ancora una volta tutti Voi e dedicare questo anniversario a mia moglie Patty che mi dà una mano con la stesura dei testi, correggendoli e fornendomi sempre utili consigli. Seguitemi e non rimarrete delusi. A nuove storie …. Paolo Basso
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11/12/2013 GIANNI DONA' ANCORA AI METS Ho incontrato alcuni giorni fa l'amico e tecnico trevigiano Gianni Donà di ritorno dalla NY Mets Dominican Instructional League 2013 che mi ha fatto partecipe della sua ultima straordinaria avventura. Questo è il sesto anno consecutivo che Gianni si reca per una decina di giorni nella Repubblica Dominicana. Donà confessa: "Sembra ieri quando nel novembre del 2008 riuscii, grazie alle amicizie internazionali, a contattare il responsabile dei Mets che curava le Academy della franchigia riuscendo ad entrarci per un paio di settimane. Non voglio essere presuntuoso, ma qui mi sento a casa. Sono considerato un coach al pari degli altri. A volte è un po' imbarazzante quando penso che questi hanno un curriculum di tutto rispetto (ex Majors, AAA, AA …). Ma, ad ogni modo, io sono là per imparare e approfondire le mie conoscenze. Mi aiutano a vivere questo sogno nel modo migliore. Sono un coach italiano e devo dire che il nostro risultato allo World Baseball Classic 2013 ha lasciato un buon ricordo tra i tecnici incontrati in Accademia. Gli scouts mi hanno parlato dell'Accademia di Tirrenia … se conoscevo Marten Gasparini ... Hanno una buona considerazione del nostro baseball e del sottoscritto, e ciò mi rende estremamente orgoglioso". Questa Accademia, costruita nel 2008 su 37 acri per un costo di 8 milioni di $, prepara i nuovi talenti dell'area caraibica e dell'America latina, che andranno a rinfoltire le tante squadre della franchigia newyorkese. E' anche la sede della Dominican Summer League. "Qualcuno osa dire che è più bella di quella a Pt. St. Lucie in Florida. Per me è il paradiso", precisa Gianni. L'Accademia dei Mets è tra le più grandi nell'isola e dispone di una palazzina centrale dove si trova la direzione, gli uffici, le sale riunioni, i magazzini, le palestre, gli spogliatoi e altri servizi. Ai lati ci sono le strutture dove alloggiano gli atleti e una palazzina separata dove vivono i coach. Ci sono tre campi da baseball regolamentari, di cui uno in sintetico, piscina, vari tunnel di hitting e pitching, ed è tutto così curato che sembra di essere immersi in un giardino botanico. Tra autisti, giardinieri, magazzinieri, cuochi, impiegati e guardie di sicurezza a Boca Chica ci lavorano una sessantina di persone. L'Amministratore è Juan Henderson e il Manager Reference è Raphael Landestoy (8 anni in MLB come seconda base) e alle loro dipendenze ci sono 15 coach, 3 trainers e 3 fisioterapisti. I giocatori sono circa un'ottantina divisi in due teams DSL Mets 1 e DSL Mets 2 e la loro età va dai 15 ai 21 anni. L'Instructional League inizia ai primi di ottobre e termina l'ultima settimana di novembre. L'obiettivo di questi ragazzi è di raggiungere in breve tempo gli USA (PCL, Rookie, A, A+, AA, AAA e MLB). Se non hanno un rendimento soddisfacente dopo tre o 4 anni vengono rilasciati e alcuni anche molto prima. "Sono otto i giocatori di questa Accademia che quest'anno hanno assaporato la MLB e molti li ho conosciuti nel 2008 e 2009”, continua Donà, “Ho incontrato uno dei nuovi lanciatori dei Mets, Jeurys Familia, che era a Boca Chica per recuperare dall'intervento al gomito avvenuto a giugno. Sempre nello stesso periodo ho conosciuto Dick Scott, Minor League Field Coordinator, ex dell'organizzazione degli Houston Astros, che mi ha parlato del nostro grande Mauro Mazzotti ... com'è piccolo il mondo. E alla fine ho rivisto Miguel Valdes, Minor League Short Season Pitching Coordinator della franchigia, che fa la spola tra Pt. St. Lucie e Boca Chica. L'ex manager della Nazionale Cubana, con la quale ha vinto tutto, è fuggito negli USA nel 2002. Uno spettacolo vederlo con i lanciatori. Una persona semplice ... per me un Guru!". Come sempre quando riesci a fare le cose che ti appassionano il tempo corre implacabile e dopo i saluti e i ringraziamenti, con l'accordo di ritornare nel 2014, Donà è rimbalzato nuovamente nella sua terra d'origine per riversare la sua esperienza sui giovani giocatori che sta seguendo. L'enorme esperienza maturata in questi anni dal tecnico trevigiano con i Mets è un patrimonio enorme che Gianni Donà è disposto a condividere con tutti coloro che vogliano contattarlo. Gianni Donà, a destra, assieme al pitcher dei Mets Jeurys Familia Gianni Donà, a destra, assieme a Dick Scott, Minor League Field Coordinator dei Mets Articolo apparso su F.I.B.S. e Tribuna di Treviso
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18/12/2013
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