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Quando i Boston Red Sox massacrarono i Detroit Tigers

I Boston Red Sox del 1953

Giovedì 18 giugno del 1953 i Detroit Tigers giocavano a Boston contro i Red Sox il rubber game (*) di una serie di tre partite. Il pomeriggio era soleggiato e caldo, e i Tigers erano in un brutto stato d'animo. Detroit aveva vinto la prima partita 5-3, per poi essere sconfitto nel secondo game 17-1. La sconfitta non era stata una grande sorpresa. Detroit era lo zerbino dell'American League, con un record di 14-42 in fondo alla classifica, 29 partite e ½ dal primo posto.

Come i Red Sox entrarono in campo, la panchina dei Tigers scoppiò in quello che un giornalista sportivo di Boston indicò come "vicious personal insults" (violenti insulti personali). La maggior parte erano rivolti all'outfielder Jimmy Piersall. L'anno prima, era stato ricoverato in ospedale per malattia mentale dopo una stagione piena di scazzottate, espulsioni e varie buffonate bizzarre sul campo.

C'erano pochi spettatori ad ascoltare la violenza verbale dei giocatori dei Tigers; quel giorno al Fenway Park c'erano appena 3198 spettatori. A parte l'irregolare Piersall, il seconda base Billy Goodman, e il futuro Hall of Famer George Kell, la squadra dei Boston Red Sox, che era composta perlopiù da fiacchi battitori, occupava il quarto posto e aveva poco da proporre ai fans della città natale.

Nessuna delle due squadre segnò nel primo inning. Boston prese un vantaggio di 3-0 nel secondo inning. I Tigers pareggiarono nella parte alta del sesto, solo per vedere i Red Sox riconquistare il vantaggio di due punti su una valida, con un out, di Piersall nella parte bassa dell'inning. Piersall corse verso la seconda, ma fu preso in ballerina, dopo di che la panchina di Detroit riprese ad insultarlo. Piersall risposte ai disturbatori con tanta furia che il terza base di Detroit, Ray Boone, corse verso la seconda base per calmarlo. Mentre Boone placava Piersall, il manager dei Tigers Fred Hutchinson convocò il 35enne mancino Steve Gromek dal bullpen. Un ex vincitore di 19 partite, Gromek era stato scambiato dai Cleveland con Detroit solo due giorni prima. Guardando la sconfitta per 17-1 del mercoledì, Gromek promise di ritirarsi se fosse stato sbranato così in malo modo come erano stati distrutti i quattro pitchers dei Tigers in quella partita.

Dopo che i Tigers chiusero la parte alta del settimo senza segnare punti, Gromek ritornò sul monte nella parte bassa dell'inning. Il suo impegno privato sarebbe rimasto ben impresso nella sua mente dopo che i primi tre battitori di Boston colpirono dei singoli, segnando un punto. Gromek mise strikeout il battitore successivo. Poi toccò il fondo. Kell colpì un doppio, e dopo una base intenzionale a Goodman, Piersall mantenne sotto controllo la sua attenzione per colpire un singolo da due punti. Dick Gernert lo seguì con un home run che volò altissimo sopra il Green Monster. "Sì", Gromek poi confessò: "Ho stabilito un record della lunga distanza, quel giorno".

Il pitcher dei Red Sox Ellis Kinder, oltre ad essere stato il lanciatore vincente, entrò al sesto inning e fu uno dei tanti giocatori che realizzarono delle grandi valide durante quella fatidica partita contro i Detroit Tigers

Hutchinson aveva visto abbastanza. Sostituì Gromek, che aveva concesso sette punti, con Dick Weik, che aveva compilato un record di 6-20 in tre stagioni nella Major League. Gromek trascinando i piedi entrò nella clubhouse dei Tigers e crollò davanti al suo armadietto. "Mi chiedevo se quella fosse la fine, se stavo per avviarmi verso le minor. Mi sentivo piuttosto male", ricordò Gromek (Ma si preoccupava inutilmente. Ruggì di nuovo nel 1954 con 18 vittorie e una ERA di 2.74).

Weik, nel frattempo, si esibiva coerentemente con il suo record in carriera. Dopo un lancio pazzo, concesse un doppio al 20enne left-fielder Gene Stephens. Weik mandò al volo Kell, ma anche lui fu toccato da due singoli e concesse una base su ball prima che Hutchinson lo togliesse dal monte. Aveva concesso quattro punti. A differenza di Gromek, Weik non potè godere di una rimonta. Terminò la stagione con 13.97 di ERA in 19 presenze, e Detroit lo lasciò nel 1954.

Con due out e 11 punti, il sostituto di Weik sul monte di lancio fu un'altra mediocrità, il 34enne Earl Harrist. Il manager Lou Boudreau mise il pinch hitter Al Zarilla, in sostituzione dello scosso Piersall, che andò in base su ball. Un'altra base su ball e altri due singoli permisero a Gene Stephens di tornare nel box e battere un singolo, il suo secondo dell'inning. "Ecco che arriva il nuovo Ted Williams" lo derisero dalla panchina dei Tigers. Stephens rispose loro con un singolo a destra, stabilendo un record post 1900 per il maggior numero di valide in un inning.

Con un parziale di 21-3, Hutchinson a quanto pare non vedeva alcun senso sprecare un altro braccio perché lasciò Harrist sul monte. Dopo aver concesso un altro punto, Harrist eliminò Kell su un fly. Detroit rilasciò Harrist dopo la partita, l'ultima che lanciò in Major League.

Boston aveva segnato un record di 17 punti nel settimo inning. Ventitrè Red Sox erano andati a battere nel corso di 48 minuti. "Triste", fu tutto quello che ebbe da dire del settimo inning l'ex stella dei Boston Red Sox Dom DiMaggio, che guardava la partita dalla tribuna. E' stato un batting practice, disse scherzanzo il pitcher di Boston Mel Parnell. Un altro lanciatore di Boston aggiunse, "Se non l'avessi visto, non avrei creduto che sarebbe potuto accadere".

Il punteggio finale:

Punti
Hits
Errori
Detroit
3
7
5
Boston
23
27
0

Il Boston Globe salutò la vittoria dei Red Sox come un "baseball miracle" . Steve Gromek attribuì la sconfitta dei Tigers alla sfortuna. "Hanno ottenuto alcune valide pulite, ma la maggior parte erano colpi di fortuna. La palla continuava a rimbalzare appena fuori della portata dei nostri infielders o cadeva di fronte ai nostri outfielders". Il pitcher di Boston Willard Nixon era d'accordo con Gromek: "Non so come tante palle hanno potuto non arrivare agli esterni. Alcuni giorni abbiamo colpito anche dieci line drives, e ognuno arrivava in bocca a un difensore". Un altro compagno di squadra aggiunse: "Domani probabilmente faremo metà delle valide di oggi".

Il 18 giugno del 1953, fu uno dei giorni più terribili della storia dei Tigers. Ma il 19 giugno si sarebbe rivelato uno dei più brillanti. Quel giorno i Tigers firmarono un 18enne "bonus baby" direttamente dalla High School. Il suo nome era Al Kaline.

"Bonus Baby" Al Kaline, meglio conosciuto come "Six", (il suo numero di casacca) si unì ai Tigers nel 1954. Kaline giocò la sua intera carriera di 22 anni a Detroit e lavora ancora oggi per i Tigers come dirigente del front office

Note:

Il record di tutti i tempi per il maggior numero di punti segnati da una squadra in un unico inning è di 18, fissato dai Chicago White Stockings (ora Cubs) contro i Detroit Wolverines il 6 settembre del 1883, ed è anche il record della NL.

Nell'era moderna il record per l'AL è quello dei Boston Red Sox contro i Tigers nella partita del 18 giugno 1953 dove realizzarono nel settimo inning 17 punti.

(*) Rubber game: "Partita di gomma" - Un termine usato per indicare la terza partita di una serie di 3, quando le due squadre si sono aggiudicate ciascuna una partita.

Il tryout con i Senators del leggendario eroe di guerra Bert Shepard

Il 15 marzo 1945, il veterano della seconda guerra mondiale Bert Shepard fece un tryout con i Washington Senators. Il 25enne Shepard aveva perso la gamba destra, appena sotto la rotula, dopo essere stato abbattuto mentre pilotava un P-38 sopra Berlino. I medici tedeschi gli amputarono la gamba gravemente danneggiata per salvargli la vita. Mentre era in un campo di prigionia, un prigioniero canadese gli costruì una gamba di legno. Shepard dirà più tardi che nel momento in cui gli fu data quella gamba progettò immediatamente un ritorno al baseball. L'ex pitcher mancino firmò con i Senators come pitching coach. A quel tempo, il proprietario dei Senators, Clark Griffith, gli disse che avrebbe avuto la possibilità di dare una mano alla squadra in ogni modo possibile. Lo fece in campo in una partita durante la stagione del '45. La sua unica apparizione, nella partita giocata a Washington il 4 agosto 1945, fu impressionante. Lanciò 5 innings e 1/3 e concesse solo tre valide e un punto.

"Sono entrato con le basi piene, e ho messo strikeout George "Catfish" Metkovich per uscire indenni dall'inning", disse Shepard al The International Herald Tribune nel 1993. Anche se il punteggio diede ai Senators poche possibilità di vittoria, "C'era molta più pressione su di me di quanto sembrasse", disse Shepard. "Se avessi fallito", disse al giornale, "Poi il manager avrebbe detto: sapevo che non avrei dovuto metterlo con quella gamba. Ma la gamba non era un problema, e non volevo che nessuno dicesse che lo fosse". Purtroppo, i Senators persero quella partita contro i Boston Red Sox 15-4.

Con questo debutto di successo, apparve chiaro che Shepard era destinato a un brillante futuro nelle Major League. Purtroppo, fu l'unico gioco nella regular season in cui apparve. Con i Senators che lottarono con i Detroit Tigers per il pennant dell'American League nel 1945, il manager Ozzie Bluege fu riluttante a riutilizzare Shepard. Il suo unico altro highlight sul campo si verificò il 31 agosto, quando Shepard ricevette il Distinguished Flying Cross tra le partite di un doubleheader. I Senators lo rilasciarono il 30 settembre.

Due giocatori mancanti di un arto, Burt Shepard e Pete Gray, prima della partita giocata a Washington il 31 maggio del 1945 contro i St. Louis Browns. Burt Shepard (a sinistra) pitching coach dei Washington Senators, con la gamba destra artificiale, e il giocatore rookie Pete Gray dei St. Louis Browns, privo del braccio destro, parlano nel dugout prima dell'inizio della partita

Bert Shepard assieme a Pete Grey, che aveva perso il braccio destro in un incidente d'infanzia, durante la stagione del 1945

Mentre la storia della carriera di Bert Shepard sul monte di lancio in Major League si può riassumere nell'unica apparizione in poco più di 5 inning, la storia della sua vita è ammirevole. Era un uomo che non avrebbe lasciato che i suoi limiti lo bloccassero, e ha servito come fonte di ispirazione per molti altri eroi di guerra che avevano subito lesioni simili.

Il giorno che cambiò la vita di Shepard per sempre fu il 21 maggio del 1944. Fu in quel giorno che venne abbattuto durante la sua 34a missione in volo. Shepard avrebbe potuto restare in base quel giorno, perchè aveva volato cinque giorni consecutivi, ma amava volare, ed era fiero delle sue capacità. Quando partì dalla base aerea a Colchester, in Inghilterra, non aveva idea di come sarebbe cambiata la sua vita. La missione era di mitragliare i treni, camion, campi di aviazione e serbatoi di stoccaggio. Gli uomini coinvolti in questa missione erano entusiasti di sapere che stavano colpendo il cuore e l'anima della Germania mentre volavano sopra Berlino. Poi successe. Quando Shepard colpì il suo bersaglio e stava ritornando alla base alcuni proiettili dell'antiaerea tedesca colpirono il suo Lockheed P-38 Lightning, facendo gravi danni al suo piede destro e anche alla fronte sopra l'occhio destro. Per la ferita alla testa gli fu inserita una placca, mentre la gamba non potè essere salvata. Shepard fu fortunato ad essere rimasto vivo perchè il suo aereo fu 1 dei 58 che non fecero ritorno in Inghilterra dopo la missione. Sarebbe più giusto dire che molti di quegli uomini non furono così fortunati.

31 agosto 1945: Shepard viene insignito della Distinguished Flying Cross

Dopo essere stato catturato dai tedeschi, Shepard fu in grado di tornare negli States come parte di uno scambio di prigionieri. Erano passati 10 mesi da quando il suo aereo era stato abbattuto quando Shepard entrò nell'ufficio del Segretario della Guerra che gli chiese cosa avrebbe voluto fare nel suo futuro. Shepard voleva volare di nuovo, ma non c'era questa possibilità, e così disse ai presenti che avrebbe voluto giocare a baseball. Prima della guerra, Shepard aveva giocato nelle farms system dei Chicago White Sox, e credeva di poter ancora giocare lo sport che amava. Il proprietario dei Washington Senators sentì parlare del suo desiderio di giocare a baseball e decise di dargli una chance. Agli occhi di molti fu vista come una trovata pubblicitaria per aumentare il numero di fans a Washington, ma agli occhi di Shepard era pura felicità di poter provare. Lanciava i batting practice e impressionò i battitori prima che venissero a sapere che aveva una gamba artificiale. Mentre difficilmente avrebbe avuto modo di lanciare per il club durante la stagione regolare, lanciò in diverse partite di esibizione. Una di queste partite fu contro i New York Yankees, quando Yogi Berra giocava nel Bronx. Berra non si rese conto allora che Shepard aveva perso la gamba quando si affrontarono l'uno contro l'altro e alcuni anni più tardi gli disse: "E' un peccato che hai perso la gamba, perché hai tenuto abbastanza bene contro di noi." Questa è una testimonianza di quanto bene Shepard riuscisse a gestire con disinvoltura la protesi della gamba.

Shepard trascorse il resto della sua carriera nel baseball nelle minor leagues. Fu giocatore/manager fino al 1954, poi rivolse la sua attenzione al mondo degli affari. Prima di quello che gli era successo aveva fatto diversi altri tryouts con i ballclubs della Major League. In un articolo del 1949 Shepard disse che avrebbe giocato per un dollaro all'anno, quanto era grande l'amore per il gioco. Era un uomo molto positivo che affrontò la sua vita con serenità. Anche oggi dovrebbe essere una fonte di ispirazione per coloro che hanno disabilità. Il nome di Bert Shepard potrà non essere su una placca a Cooperstown, però, credo che sia un eroe a tutto tondo del Pastime.

Cosa fai quando hai appena rovesciato il governo cubano? Se sei Fidel Castro, inizi un tour barnstorming con una squadra di baseball!

Cinque giorni dopo che Castro aveva preso il potere a Cuba, i membri della guerriglia dell'esercito rivoluzionario - noto come il "Movimento del 26 Luglio" - furono invitati a partecipare gratuitamente a un pre partita degli Havana Cuba Sugar Kings. Questi guerriglieri erano conosciuti come "Barbudos" (i Barbuti) - e la lunghezza della barba era un punto di orgoglio perchè datava il periodo di tempo che era servito al movimento per detronizzare il dittatore Fulgencio Batista. La folla si alzò per cantare l'inno del "Movimento del 26 Luglio" e onorarono i guerriglieri con una lunga standing ovation. Soldati e giocatori si mescolarono. Quando Carlos Paula colpì un home run, uno dei barbudos entrò sul campo e lo abbracciò. Fu un momento di festa al Gran Stadium (oggi Estadio Latinoamericano). Il baseball era di nuovo al centro del nazionalismo di Cuba, anche se Fidel doveva ancora raggiungere L'Havana.

Castro sapeva quanto fosse importante il baseball che era una parte integrante del tessuto sociale di Cuba. Uno dei suoi primi atti da presidente fu quello di impegnarsi a sottoscrivere il debito degli Havana Sugar Kings. Con i Sugar Kings appollaiati in cima alla classifica dell'International League (sulla via di un eventuale titolo), Fidel dichiarò che voleva che l'orgoglio del baseball cubano continuasse, "anche se avessi dovuto lanciare io". Per raccogliere fondi per questa iniziativa, la squadra di baseball barnstorming giocò partite di esibizione e donò il ricavato ai Sugar Kings. Il team era composto in gran parte dai membri del "Movimento del 26 Luglio". Il team venne giustamente chiamato "Los Barbudos".

Fidel era un appassionato di baseball di lunga data e spesso presenziava alle partite degli Havana Sugar Kings al Gran Stadium. In realtà, Castro era stato un lanciatore durante i suoi giorni all'Università de L'Havana. Il 24 luglio del 1959, Castro organizzò una partita dimostrativa tra il Los Barbudos e la Polizia Nazionale Cubana prima di una partita tra i Sugar Kings e i Red Wings Rochester.

Gli organizzatori della manifestazione decisero che il Comandante Camilo Cienfuegos (il braccio destro di Fidel, ovviamente, con il Che) poteva rappresentare la polizia come lanciatore. L'Eroe di Yaguajay (come era conosciuto Cienfuegos) si rifiutò, affermando "Non voglio essere contro Fidel, nella vita o nel baseball". I Barbudos utilizzarono Cienfuegos come catcher e finì per essere il compagno di batteria di Fidel, prendendo il posto di Guerra Matos (che era il Direttore Sportivo del paese).

La squadra era diretta da Eduardo Castellano e comprendeva giocatori come Raul Catala, Laudelio Reyes, Alfredo Carvajal, Ilcibiades Santos, Ruben Tamayo, Ronaldo Sanchez, Amador Torres, Ramiro Rodriguez, Sergio Garcia e Bernardo Hechavarria, che in seguito continuò a giocare nel baseball professionistico.

Le barbe davano alla squadra un evidente look alla House of David ed erano di moda al momento. La guida del programma, pubblicato da una fabbrica di crackers, presentava Fidel sulla copertina con l'uniforme dei Barbudos, e la didascalia recitava: "Fidel Castro Ruz: stellare lanciatore del glorioso Club Cuba Libre".

Fidel lanciò un inning scoreless per i Barbudos in questa partita dimostrativa, di fronte a 26532 tifosi (molti dei quali sostenitori di Castro), il più grande pubblico dell'anno per una partita dell'International League. Si disse che Castro mise in mostra un'impressionante strana palla curva. The Sporting News riferì che Castro aveva lanciato un inning e realizzato due stikeouts e un out su una rimbalzante interna, in parte con l'aiuto dell'arbitro. "Quando l'arbitro chiamò out il battitore su una palla alta interna, Castro si precipitò al piatto e strinse la mano all'umpire".

Il giorno seguente, si scatenò il caos. La partita successiva della serie tra Rochester e L'Havana veniva giocata alla vigilia della ricorrenza del "Movimento del 26 Luglio". Quando l'orologio suonò la mezzanotte per ricordare l'anniversario, i tifosi scoppiarono in canti, balli, sventolarono bandiere e iniziarono a sparare in aria. Gli spari continuarono casualmente per tutto il resto del gioco, ma non prima che l'interbase cubano, Leo Cardenas, e l'interno di Rochester, Frank Verdi, venissero colpiti da proiettili vaganti. Verdi fu colpito da un proiettile che cadde sul suo cappello che, fortunatamente, all'interno era rinforzato da una calotta di plastica e credette di essere stato colpito da una palla da baseball, prima di rendersi conto che l'oggetto che l'aveva colpito era un proiettile da 45 di calibro che giaceva ai soui piedi. Leo Cardenas non fu così fortunato. Un proiettile lo colpì alla scapola destra dopo pochi minuti. A quel punto, entrambe le squadre fuggirono dal campo. La partita si concluse con un pareggio. I funzionari della League annullarono anche le restanti partite casalinghe all'Havana.

La squadra dei Barbudos rafforzò la popolarità di questo sport nazionale tra i cubani e aiutò a rafforzare le radici in modo che lo sport diventasse un diritto del popolo. EL MIEDO A LOS BARBUDOS! THE FEAR OF THE BEARDED (Rispetto ai Barbuti).

Per inciso, si vocifera da sempre che Fidel Castro fosse stato scoutato e gli fossero stati offerti dei contratti professionistici dai Washington Senators e dai New York Giants. Questo è un falso. Castro non fece mai nessun tryout con nessuna squadra di baseball della Major League, non giocò in nessun sport professionistico, e non possedeva le competenze che avrebbero potuto attirare l'interesse di una squadra della MLB. Così il professore di Yale, Roberto González Echevarría, scrive nel suo libro "The Pride of Havana: A History of Cuban Baseball":

"Ho scritto un libro che spero corregga alcune delle opinioni americane sul baseball cubano. Per me, l'esempio più fastidioso di come venga trattata con leggerezza e condiscendenza la storia del baseball Latino negli Stati Uniti coinvolge la storia su Fidel Castro che vorrei definire qui una volta per tutte.

Ogni volta che dicevo che stavo scrivendo un libro sul baseball cubano, la prima cosa che gli americani dicevano aveva a che fare con la presunta abilità di Fidel (che è il modo in cui i cubani lo chiamiamo, mai "Castro") in questo sport, e l'ironia che, se fosse stato firmato dai Senators o Giants, non ci sarebbe stata nessuna rivoluzione cubana.

Il tutto è un falso di un giornalista americano il cui nome si è ormai perso, e non è mai stato detto a Cuba, perché tutti avrebbero saputo che era falso.

Si sappia qui che Fidel Castro non è mai stato scoutato da nessuna squadra della Major League, e non è noto che abbia avuto successo nel baseball per cui avrebbe potuto attirare l'attenzione di uno scout. In un paese in cui la copertura dello sport è stata ampia e approfondita, in una città come L'Havana con una mezza dozzina di grandi giornali (oltre a decine di minori) e con leghe organizzate a tutti i livelli, non vi è alcuna traccia che Fidel Castro abbia mai giocato, molto meno partecipato, in qualsiasi squadra dell'isola. Nessuno ha prodotto anche una sola foto di una squadra con Fidel Castro. Ho trovato uno scorer di una partita interscuola giocato tra la squadra della Law e la Business School dell'Università de L'Havana, dove un certo F. Castro ha lanciato e ha perso, 5-4, a fine novembre del 1946: questo è probabilmente il punteggio dell'unico scorer pubblicato in cui compare il futuro dittatore (El Mundo 28 novembre 1946). I cubani sanno che Fidel Castro non era un giocatore di baseball, anche se lui stesso vestì l'uniforme di una squadra chiamata Barbudos dopo il suo arrivo al potere nel 1959 e giocò un paio di partite di esibizione. Non c'è alcun dubbio quindi sul fatto che non abbia mai fatto parte di nessuna squadra a Cuba. Considerato che un intero paese gioca a baseball, Fidel Castro ha realizzato il sogno della maggior parte degli uomini cubani di mezza età, di indossare un'uniforme e "giocare" un paio di inning".

Qui di seguito alcune fotografie della partita:

Camilo Cienfuegos, Raul Castro, in alto, e Fidel Castro

Camilo Cienfuegos, soprannominato ‘Hero of Yayaguay’, e Fidel Castro

Fidel in riscaldamento

Camilo Cienfuegos viene aiutato ad indossare l'attrezzatura da catcher

Camilo Cienfuegos

Il meeting sul monte tra Fidel e Cienfuegos

Fidel riceve una generosa chiamata che mette strikeout il battitore

Fidel # 19

Fidel Castro con il capitano della Polizia Nazionale Cubana

Camilo Cienfuegos concede autografi

I giocatori Barbudos si mescolano con gli Havana Sugar Kings

Il titolo in prima pagina del Democrat and Chronicle il giorno dopo degli incidenti : "Nightmare in Havana - Wings in Real Danger"

9 LEZIONI DI VITA CHE ABBIAMO IMPARATO DAL BASEBALL

1. LE COSE BUONE ARRIVANO IN PACCHETTI DI PICCOLE DIMENSIONI

Wee Willie KeelerPhil Rizzuto

Avevate bisogno di prove? Beh, Phil Rizzuto era alto appena 5'6" (167,7 cm) e il più basso Wee Willie Keeler misurava 5'4" (162,6 cm) ... ed entrambi i giocatori sono membri della Baseball Hall of Fame. Il rovescio della medaglia, l'ex pitcher di Major League Eric Hillman misurava 6'11" (211,8 cm) ... ma il suo record in carriera di 4-14 non è stato sufficiente a farlo entrare nella HOF.

Eric Hillman

2. A LETTO PRESTO, ALZARSI PRESTO, FA UN UOMO SANO, RICCO E SAGGIO

Anche se Derek Jeter può non essere d'accordo.

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3. SE DESIDERI CHE QUALCOSA SIA FATTA BENE, FATTELA DA SOLO

"Se io sono abbastanza intelligente per risparmiare 11 milioni di $ per comprare la squadra, dovrei essere abbastanza intelligente da dirigerla".

Questo è quello che Ted Turner stava pensando quando diresse i suoi Atlanta Braves l'11 maggio del 1997. Sfortunatamente per Turner, non fu abbastanza intelligente per guidarli alla vittoria. I Braves persero 2-1 nell'esclusiva performance manageriale di Turner contro i Pittsburgh Pirates.

4. LE PERSONE CHE FANNO USO DI MEZZI DISONESTI NON TROVERANNO IL VERO SUCCESSO

Otto giocatori dei Chicago White Sox attestano questo detto quando nel 1919 presero del denaro per perdere deliberatamente le World Series. Alla fine furono smascherati e banditi dal baseball a vita, dimostrando che gli imbroglioni, sicuramente, non hanno mai vita lunga.

5. SE UNA PRIMA VOLTA NON RIESCI, PROVA, E PROVA ANCORA

Ovvero, nel caso dei Dodgers provare, provare, provare, provare e provare ancora una volta. Sì, i Dodgers persero sorprendentemente per cinque volte nelle World Series prima di vincere finalmente nel 1955.

6. LA SPAZZATURA DI QUALCUNO È L'ORO DI QUALCUN ALTRO

E' il caso di Yangervis Solarte. Nel 2014 entrò titolare negli Yankees in terza base dopo aver trascorso otto anni rimbalzando nelle farm systems dei Twins e Rangers prima di trovare finalmente una casa a New York e diventare il leader della squadra in battuta.

7. QUELLO CHE NON TI DISTRUGGE TI RENDE PIU' FORTE

Durante lo spring training del 1997, l'infielder dei White Sox, Robin Ventura, subì un infortunio dei più brutti nella storia del baseball, rompendosi la caviglia destra mentre scivolava a casa base. Ventura si aspettava di perdere l'intera stagione, ma invece riuscì a tornare nel mese di luglio. In puro stile dei libri di fiabe, Ventura realizzò la battuta vincente nella sua prima partita dopo il rientro.

8. OGNI CANE HA IL SUO GIORNO

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9. E NATURALMENTE ... NON C'È CHI PIANGE NEL BASEBALL

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Charlie Berry: Sei carriere in una

Charlie Berry trascorse quattro anni come catcher con i Boston Red Sox, prima di essere ceduto ai Chicago White Sox all'inizio della stagione 1932. Fece il debutto in Major League come arbitro nel 1942

Perché non ci sono più ricevitori che diventano arbitri? I catchers sono i generali sul campo, chiamando i segnali difensivi e selezionando i lanci. C'è un legame tra ricevitori e arbitri dietro il piatto, perchè condividono la stessa visione grandangolare dell'azione in campo e la stessa vulnerabilità di venir colpiti dai lanci e dalle sprizzate foul. Forse il catcher, dopo essere sopravvissuto a tutti quegli anni di abuso fisico, non vuole essere pagato meno soldi per spostarsi due piedi più indietro dal piatto in un ruolo più ingrato.

Charlie Berry fu la grande eccezione a questa regola, un catcher esperto che ebbe una carriera ancora più significativa come arbitro. Era l'eccezione di un sacco di regole, un uomo che ebbe periodi significativi come giocatore, coach e arbitro in entrambi i principali sport del suo tempo. Questo notevole uomo addensò sei carriere in un periodo di diversi decenni, distinguendosi in ciascuna di esse.

Nato nel New Jersey nel 1902, Charles Francis Berry era figlio di Charles Joseph Berry, un interno che giocò 43 partite nella Union Association nel 1884. Il giovane Charlie fece il suo primo esordio come giocatore di football con il Lafayette College. Come kick returner e placekicker giocò con la squadra imbattuta di Lafayette come matricola e nel suo anno da senior, nel 1924, fu inserito nella squadra finale dell'All-American di Walter Camp. Giocò anche nella squadra di baseball e fu il presidente degli studenti dell'ultimo anno.

Diventò professionista con i Pottsville Maroons della neonata NFL. Segnò 25 punti in una partita contro i Green Bay Packers e calciò il punto vincente in una partita dimostrativa nella postseason contro una squadra All-Star caratterizzata dai famosi "Four Horsemen" di Notre Dame. Anche se lasciò la NFL dopo due stagioni per concentrarsi sul baseball, rimase sulla scena del football come allenatore del Grove City College (Western PA), realizzando un record di 27-7-8 dal 1927 al 1931.

In quelle ultime quattro stagioni, Berry diventò anche un Major Leaguer. Ricevitore per quattro anni a Lafayette, venne firmato da Connie Mack, ma il suo cammino verso un lavoro fisso fu bloccato dal grande catcher Mickey Cochrane. Dopo aver battuto .214 in 10 partite nel 1925 per gli Athletics, Berry chiese a Mack di venir scambiato, e Mack lo accontentò. Nel suo secondo anno nelle minor colpì .330 per Dallas nella Texas League e nel 1927 fu ceduto durante l'inverno ai Boston Red Sox.

Dal 1928 al 1931 fu il catcher titolare di Boston, guadagnandosi la reputazione di ricevitore senza paura che bloccava il piatto come un giocatore di football. Una foto famosa del 1931, ancora esposta al Fenway Park, mostra Babe Ruth volare in aria dopo la collisione con Berry, 1,82 m per 84 kg. Ruth rimase fuori per due settimane; Berry continuò a giocare. La sua stagione più produttiva fu il 1931, con una media battuta di .283, la più alta in carriera, e 101 valide, sei fuoricampo e 49 RBI.

All'inizio del 1932, Berry venne ceduto ai Chicago White Sox, e nel 1934 ritornò agli Athletics. Quell'anno, subì le sue due peggiori pause nel baseball. La prima accadde a settembre, quando si ruppe una gamba in uno strano incidente, che terminò la sua stagione. Recuperò in tempo per essere reclutato per il famoso tour in Giappone in cui Babe Ruth fece un lunghissimo fuoricampo e Moe Berg fece il suo lavoro di spionaggio. Mentre attraversavano gli Stati Uniti, venne sottoposto a una appendicectomia d'emergenza in Nord Dakota che gli impedì di proseguire per l'Oriente.

Berry finì la sua carriera da giocatore con gli A's, realizzando un media di .267 con 539 valide in 709 partite da Major Leaguer. Dal 1936 al 1940 aiutò Mack come pitching coach, e fu durante questo periodo che iniziò a studiare gli arbitri con l'idea di diventarlo in futuro. A metà del 1940, Mack lo mandò a dirigere il farm club a Wilmington, Delaware, dove risollevò la squadra dal settimo al secondo posto.

Potrebbe aver avuto una carriera come manager, ma da quel momento sperimentò un trio di consapevolezze che cambiarono il corso del suo futuro. Una era dovuta al fatto inevitabile che i manager sono assunti per essere licenziati, quindi non c'era garanzia di successo su questo fronte. L'altra illuminazione avvenne quando sentì Bill Klem dichiarare che "l'arbitraggio non era una professione per lui; si trattava di una religione". Berry pensò: Se Bill Klem si sente in questo modo ho intenzione di diventare un arbitro. Un altro fattore determinante, come disse a un giornalista di Filadelfia nel 1943, fu che "in 13 anni da ricevitore, io non ho mai vinto una discussione con un arbitro. Qualcuno ha detto: Se non riesci a sconfiggere il nemico, fattelo amico. Beh, questo è quello che ho deciso di fare".

Berry lavorò sodo per due anni per scalare la classifica delle minor leagues, e ci riuscì prima della scadenza, facendo il suo debutto come arbitro in Major League il 19 settembre del 1942. Il giorno successivo, nel suo primo incarico dietro il piatto di casa base, arbitò una straordinaria partita terminata 1-0 al Comiskey Park, con Eddie Smith che sconfisse gli Yankees. Nella sua prima stagione completa, 1943, era in squadra con Cal Hubbard, un'altra figura di spicco nei due sport nazionali, e all'ex lanciatore Eddie Rommel.

Berry trascorse i successivi 20 anni come arbitro dell'American League, e nei sondaggi del 1960 e del 1961 fu nominato top umpire della League. In quest'ultima stagione, a 58 anni, arbitrò l'incredibile cifra di 168 partite, tra cui 24 doubleheaders. Era rispettato in particolare per la sua conoscenza del regolamento, che non era casuale. "Ogni mattina", disse al giornalista Harold Rosenthal, "subito dopo essermi alzato, apro il libro del regolamento. Lo apro a caso, e inizio a leggere qualche pagina". Perché studiare così tanto? Berry lo spiegò così: "Gli arbitri devono essere pronti a qualsiasi situazione strana possa verificarsi. Ecco perché devono sapere ogni parola del regolamento".

Non ci volle molto a Berry per diventare uno dei migliori. Ottenne il suo primo incarico nell'All-Star Game nel 1944 e fu richiamato nei successivi tre anni, e nel 1959. Dopo aver arbitrato la sua prima World Series nel 1946, secondo uno schema quadriennale, fece apparizioni a ottobre del 1950, 1954, 1958 e 1962. La partita più importante delle Series che lo vide dietro il piatto fu Gara 6 del 1958, quando gli Yankees sconfissero Warren Spahn negli innings supplementari per evitare di perdere la loro seconda serie consecutiva con i Braves.

Berry ritenne che la sua chiamata più drammatica fu quando era arbitro di terza base nel suo debutto nella Series in Gara 1 nel 1946. Nella parte bassa dell'ottavo inning allo Sportsman Park, il punteggio era in parità 1-1, con Whitey Kurowski in prima base e due fuori. Quando Dom DiMaggio perse la palla al volo battuta da Joe Garagiola, Kurowski continuò a correre. Berry raccontò che "Kurowski fu ostruito da Mike Higgins in terza base, e io segnalai che Kurowski aveva diritto di segnare il punto . . . . Garagiola continuò la sua corsa e venne eliminato in terza. I Red Sox non avevano visto l'ostruzione in terza e Kurowski non riuscì a segnare prima che Garagiola venisse eliminato. I Red Sox protestarono con Lee Ballanfant a casa base, urlando che il punto non contava. Dovetti intervenire e dire che la smettessero perchè il punto contava, a causa dell'ostruzione". I Cardinals presero il comando, anche se poi i Red Sox vinsero la partita al 10° inning.

Quando Berry si ritirò nel 1962, aveva arbitrato 3078 partite di regular season, più 29 partite in cinque World Series. Trascorse il resto del decennio come osservatore e valutatore di arbitri emergenti. Nel 1970, quando gli arbitri organizzarono uno sciopero di un giorno all'inizio delle League Championship Series, fece ritorno in campo per una partita, in terza base con gli Orioles che sconfissero i Twins, 10-6, a Minnesota.

L'arbitro Charlie Berry qui con Johnny Mize che si congratula con il compagno di squadra Joe DiMaggio dopo aver colpito un home run contro i Detroit Tigers nel mese di agosto del 1950

Eppure, nonostante la lunga e straordinaria carriera come arbitro di baseball, Berry si superò con il suo incarico parallelo di head linesman (*) nella NFL, la più consistente delle sue sei carriere sportive, della durata di quasi tre decenni. Fu head linesman in una dozzina di partite per il titolo della NFL, in tutti gli anni dal 1941 al 1950, tranne il 1947. Se aggiungiamo nove College All-Star Games a quel curriculum, è chiaro che lui era molto stimato per la sua professionalità come arbitro in entrambi gli sport. Il suo giorno più memorabile nei due sport si verificò il 17 agosto del 1951, quando arbitrò un doubleheader al Comiskey Park, e nel pomeriggio si diresse dall'altra parte della città al Soldier Field in tempo per arbitrare il College All-Star di quella sera.

Ma la più grande impresa della sua vita accadde il 28 dicembre 1958. Per la terza volta, arbitrò sia nelle World Series che nella finale della NFL nello stesso anno (come nel 1946 e nel 1950), come head linesman in quella che è considerata il "greatest football game ever played" tra i Baltimore Colts e i New York Giants allo Yankee Stadium.

La filosofia dell'arbitro di baseball e di football di Charlie Berry era questa: "Un requisito per un buon arbitro di sport è di non chiamare la giocata troppo in fretta. Invece di anticipare il gioco, lascia che accada, segui attentamente il suo completamento e quindi effettua rapidamente la chiamata. Penso che sia una regola che può essere seguita in tutti i momenti della vita".

Nessuno che ha calcato i campi professionistici si è comportato conformemente a tale norma più di Charlie Berry, e nessuno come lui ha ottenuto il massimo da ciò.

(*) Il head linesman (H o HL) si posiziona al termine della linea di scrimmage, in genere sulla linea laterale opposta alla tribuna stampa, controllando le situazioni di fuori gioco e altre infrazioni precedenti allo snap. Con lo sviluppo dell'azione, è responsabile del controllo del gioco nei pressi della linea laterale con speciale riferimento al controllo dell'uscita dei giocatori dal campo.

Durante le azioni di passaggio è responsabile del controllo dei ricevitori nell'area di 5-7 iarde dalla linea di scrimmage.

Segna l'avanzamento della palla ed è il capo della chain crew, gli assistenti degli arbitri che posizionano la catena lunga 10 iarde posizionata sulla linea laterale che segna il raggiungimento del primo down.

Riferimenti da: Charlie Berry: Six Careers in One, di Gabriel Schechter, 23 Febbraio 2017 - http://www.thenationalpastimemuseum.com

Babe Pinelli: ricordato dai posteri per un lancio

Terminò la sua carriera con il botto, l'ultima partita di Babe Pinelli dietro il piatto fu il perfect game di Don Larsen nella World Series del 1956. Il terza base irascibile di un tempo ascoltò i consigli del leggendario arbitro George Moriarty, che lo consigliò di frenare il suo temperamento prima di intraprendere la carriera di arbitro

I posteri hanno da tempo stabilito che Babe Pinelli sarà ricordato solo per la sua controversa chiamata del terzo strike su Dale Mitchell che diede a Don Larsen il perfect game in Gara 5 della World Series del 1956. Ma è ingiusto. Per prima cosa, l'implicazione è che essendo questa l'ultima partita di Pinelli, consciamente o inconsciamente avesse ampliato la sua zona di strike per porre fine alla sua carriera con il botto. Stephen Jay Gould (un famoso scienziato americano e tifoso di baseball), per esempio, sosteneva che Mitchell aveva fatto bene a dire che il lancio era fuori, ma “Pinelli era nel giusto . . . . Pinelli, arbitrava la sua ultima partita, che si concluse con la sua migliore performance, il suo acuto, il suo momento più veritiero”.

In realtà, quella era Gara 5 della Series, e Pinelli arbitrò altre due partite sulle basi prima di ritirarsi. Ancora più importante, questo straordinario uomo dovrebbe essere celebrato per una carriera di baseball che è durata quattro decenni, di cui 22 anni come arbitro di Major League. Dopo un'infanzia difficile, scelse di fare qualsiasi altro tipo di vita pur di emergere.

Rinaldo Angelo Paolinelli nacque a San Francisco nel 1895, figlio di un immigrato Italiano che perse la vita nel terremoto del 1906. A dieci anni Rinaldo andò a lavorare e non riuscì ad andare oltre la terza elementare (Sapeva quello che aveva perso, e in seguito fece di tutto perché i suoi due figli andassero alla Notre Dame). Lavorò come fabbro e pittore di insegne durante l'adolescenza, e fu anche un combattente di strada e pugile dilettante. Quando cercò di giocare a sandlot ball con i ragazzi più grandi, lo cacciarono via, lo fecero piangere, e lo chiamarono “Baby”. Questo nickname gli rimase per tutta la vita.

Il suo talento per il baseball e il suo amore per il gioco ben presto conquistarono tutti. “Dopo il lavoro giocavo fino a quando faceva buio”, disse, “e in genere mangiavo la mia cena fredda”. Alto 1,75 m per 74 kg, giocò come infield e trascorse la maggior parte della sua carriera professionale come terza base . Si sposò a 20 anni, abbandonò la pittura per il baseball e lanciò la sua carriera da giocatore nel 1917 nella Pacific Coast League. Non giocò mai in una League inferiore e raggiunse le Major nel 1918 con i White Sox, battendo .231 in 24 partite.

Dopo un'altra stagione di nuovo in PCL, durante la quale colpì un arbitro con un pugno, Pinelli fu ceduto ai Tigers, dove giocò 102 partite nel 1920. Ma la media di .229 lo rimandò nella PCL, e lui ebbe la sua miglior stagione con gli Oakland Oaks nel 1921, realizzando 244 valide e 50 basi rubate insieme a una media di .339. Il suo contratto fu venduto ai Reds, e trascorse le successive quattro stagioni come terza base titolare di Cincinnati.

Dopo il debutto con i Chicago White Sox, e trascorsa una stagione con i Detroit Tigers, Babe Pinelli si stabilì a giocare in terza per i Cincinnati Reds dal 1922 al 1927

Nel 1922, Pinelli fu leader della National League nelle partite giocate e superò le terze basi nei putouts, assist, ed errori. Battè .305, con 167 valide, il più alto numero in carriera, 72 RBI e 77 punti segnati. Fu altrettanto buono due anni più tardi con una media di .306 e 70 RBI, ancora una volta leader NL delle terze basi in putouts e assist. La sua specialità era il trucco della palla nascosta, che realizzò con successo almeno quattro volte.

Ma non era tutto divertimento e partite per l'irascibile Pinelli, che si scontrò con il compagno di squadra Adolfo Luque. La sua faida con il lanciatore cubano raggiunse l'apice un giorno in cui Luque lo sfidò a duello con la pistola. Che non si materializzò! Ma il più grande grattacapo sul campo fu un'espulsione nel 1926 per aver preso a pugni il coach di Boston Art Devlin.

La sua media scese a .222 quella stagione, e alla fine del 1927 ritornò per sempre in PCL. Riusciva sempre a battere nella sua città natale e registrò altre quattro stagioni con .300 prima di chiudere la sua carriera da giocatore all'età di 37 anni. Il suo punto più alto arrivò nel 1929, quando colpì tre fuoricampo in una partita (ne colpì solo cinque in 774 partite nelle Majors), due dei quali grand slam, e realizzò 11 punti (ammettendo di aver rubato i segnali del ricevitore). Nelle Majors, finì con una media di .276 e 723 valide; aggiungendo le sue 1404 valide nella PCL si arriva a 2.127, più hits da professionista di qualsiasi altro giocatore che passò poi a una significativa carriera di arbitraggio.

Come Major Leaguer, Pinelli era conosciuto per il comportamento eccentrico di visitare lo spogliatoio degli arbitri prima delle partite per chiedere informazioni sulle loro tecniche ed esperienze. Anche se i compagni di squadra gli dissero che il suo temperamento gli avrebbe impedito di realizzare il suo obiettivo a lungo termine di arbitrare, continuò a prepararsi. Quando arrivò sul serio il momento di perseguirlo, chiese il parere di un altro ex infielder passato ad arbitrare, George Moriarty, che gli disse: “Se tu sei rapido a scaldarti, è necessario prima comprendere il motivo per cui i giocatori si arrabbiano lamentandosi. Si è un po' più tolleranti, se si mantiene la propria pressione sanguigna sotto controllo”. Babe fu sicuramente uno studente veloce, perché ci volle solo un apprendistato di due anni nelle minor (nella PCL, ovviamente) prima di esordire nella National League.

Infatti, Pinelli si guadagnò il soprannome di “Soft Thumb” a causa della sua riluttanza ad espellere i giocatori. Nei suoi 22 anni nelle Major, decise solo 38 espulsioni, e 10 di queste furono a causa di zuffe. Non che fosse un timido. Nella sua prima partita dietro il piatto, mise Babe Ruth strikeout per due volte, e il reclamo di Ruth fu breve. “Ho usato il mio senso dell'umorismo”, spiegò Pinelli, “Ho studiato i giocatori con cura e ho scoperto che ognuno deve essere gestito in modo diverso”.

Babe aveva dichiarato: “Non ricordo di essere mai riuscito ad avere l'ultima parola in una discussione”, e si vantava di aver domato Leo Durocher, anche se ci vollero quattro espulsioni per frenarlo. Arrivò al punto in cui con Durocher, Pinelli avrebbe finto di annusare l'aria dicendogli: “Che buona eau de toilette che usi, Leo. Spero che tu mi possa girare vicino da poter goderne il profumo”. Questo avrebbe spinto Durocher nel dugout a prendere rabbiosamente a calci il contenitore dell'acqua.

Forse la cosa più sorprendente di Pinelli fu che non perse mai una partita, arbitrò esattamente 3.400 partite nella stagione regolare dal 1935 al 1956. Aggiungiamo 36 partite in sei World Series (tra cui quattro battaglie tra Yankees-Dodgers) e quattro All-Star Game; due volte ottenne entrambe le assegnazioni nello stesso anno, nel 1941 e nel 1956. Nella Series del 1948, si alternò con Joe Paparella lungo le linee di foul zona esterni, ma venne caricato di molta drammaticità dietro il piatto nelle successive World Series come arbitro di casa base prima del famoso giorno che Don Larsen montasse sul monte.

• Nel 1939 in Gara 4: Babe era posizionato così vicino al catcher Ernie Lombardi quando perse la palla nel contatto con Charlie Keller, che permise a Joe DiMaggio di scorrazzare intorno alle basi in un rally al 10° inning che permise agli Yankees di infliggere una sweep ai Reds al Crosley Field.

• Nel 1941, in Gara 2: Whitlow Wyatt dei Dodgers non concesse valide a DiMaggio nel complete-game, 3-2 vittoria contro Spud Chandler allo Yankee Stadium.

• Nel 1947, in Gara 2: Allie Reynolds senza difficoltà vinse 10-3 sui Dodgers allo Yankee Stadium, mentre un altro Lombardi (Vic) incassò la sconfitta come starter di Brooklyn.

• Nel 1947, in Gara 6: Né Reynolds né Lombardi superarono il terzo inning di una rivincita allo Yankee Stadium, ma il rilievo ace Joe Page lottò per tenere a galla i Dodgers, che vinsero 8-6 ed evitarono l'eliminazione.

• Nel 1952, in Gara 1: All'Ebbets Field, i Dodgers con i fuoricampo di Jackie Robinson, Duke Snider e Pee Wee Reese aiutarono Joe Black a sconfiggere Reynolds, 4-2.

• Nel 1952, in Gara 5: I Dodgers vinsero ancora una volta con Carl Erskine lanciando un 11-inning complete game e Duke Snider con un doppio fece segnare il punto vincente in una partita thriller finita 6-5.

• Nel 1956, in Gara 1: Ancora una volta crew chief, Pinelli arbitrò la vittoria di Sal Maglie per 6 a 3 contro Whitey Ford all'Ebbets Field, grazie ai fuoricampo di Jackie Robinson e di Gil Hodges.

Pinelli era dietro il piatto il 5 giugno del 1942, quando lo slugger dei New York Giants Mel Ott realizzò il record della NL per gli RBI con 1583

E poi ci fu Gara 5 dell'8 ottobre del 1956, quando una folla pagante di 65.419 tifosi gremì lo Yankee Stadium per assistere alle cinque valide subite da Maglie, guastata solo da un home run al quarto inning di Mickey Mantle e da un RBI singolo di Hank Bauer nel sesto. A nessuno importavano le prestazioni di Maglie più di quanto accadde in quel momento. La giornata apparteneva a Larsen, il cosiddetto “imperfect man” che aveva distrutto la sua auto ubriaco nello spring training e aveva vinto 11 partite in quella stagione, il suo massimo in carriera.

Impiegando un raro rilascio senza windup e un sorprendente controllo – con cui aveva concesso la base su ball a 96 battitori, il numero più elevato in carriera, in 179 innings e 2/3 nel 1956 e altri quattro in Gara 2 prima di andare KO nel secondo inning - Larsen eliminò il lineup dei Dodgers formato da quattro futuri Hall of Famer. Gli dei del baseball gli sorrisero per tre volte. Nel secondo inning, Jackie Robinson battè una palla che uscì dal guanto del terza base Andy Carey, ma venne deviata diritta all'interbase Gil McDougald, che eliminò Robinson in prima. Duke Snider colpì in profondità nel quarto inning, ma la sua battuta sfiorò il foul. Nel quinto, Gil Hodges colpì un line nel buco tra l'esterno sinistro e il centro, che Mantle, correndo alla sua destra in profondità, riuscì a prendere al volo con una presa in backhand.

Pinelli realizzò nel sesto inning che Larsen si stava avviando verso la storia. Egli notò anche il volto teso del Commissioner Ford Frick che sperava accadesse. Larsen navigò senza altri problemi nella parte bassa del nono inning fino a quando incontrò il mancino Mitchell, l'unico sostituto nella partita e con una media di .312 in carriera. “Un ball, due strikes, un altro foul ball”, Pinelli ricapitolò l'atto finale in un articolo del 1957 “e con il conteggio di uno-due, Larsen colpì l'angolo del piatto con una bella palla veloce. Fu facile chiamare e l'ho chiamato”.

Dopo aver sollevato il pugno con l'enfasi della chiamata del terzo strike, Pinelli sobriamente a grandi passi uscì fuori dal campo, mentre Yogi Berra balzò tra le braccia di Larsen e gli Yankees lo seguirono a festeggiarlo. Aveva intenzione di andare in pensione e fece l'annuncio ufficiale il giorno dopo la fine della serie. Il presidente della NL Warren Giles accettò le dimissioni “con rammarico”, lo stesso che Pinelli non ebbe mai sulla sua chiamata.

Era uno strike? L'ho appena visto per più di una dozzina di volte su Youtube, ed ecco quello che ho visto. Berra chiese il lancio sull'angolo esterno, mentre Pinelli, seguendo lo stile della NL, era posizionato sulla spalla destra di Berra, vicino all'angolo interno. Questo rendeva un po' più difficile chiamare lo “strike esterno”. Berra mosse leggermente il guanto per intrappolare la palla veloce, che potrebbe essere passato sopra il “nero” prima di entrare nel guanto di Berra. Nel frattempo, Mitchell controllò il suo check swing – secondo lo standard degli anni '50. Allora, una battitore praticamente avrebbe dovuto sventolare completamente perché gli fosse chiamato lo strike. Oggi, per lo meno sarebbe uno strike girato. Stephen Jay Gould aveva ragione: Mitchell avrebbe dovuto sventolare.

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Il giorno dopo la fine della serie, Pinelli annunciò il suo ritiro, una settimana prima del suo 61° compleanno. Tornò a San Francisco e godette di una lunga pensione, morendo nel 1984, quattro giorni dopo aver compiuto 89 anni.

Babe Pinelli è uno degli otto giocatori-arbitri illustri nella storia della MLB. Cerchiamo di dare una spiegazione definitiva del perché questi uomini avevano scelto l'arbitraggio per rimanere nel gioco che amavano. Questa è la traduzione di un articolo del 1957:

Rispetto ad altri lavori del baseball, il mio è stato un paradiso per 22 stagioni. Più di 50 managers di Major League sono stati licenziati nelle ultime 10 stagioni, stremati con i nervi vibranti come un banjo. I proprietari dei club si preoccupano della presenza del pubblico, di salire la classifica e dei flop dei pennant. I coaches sono mere ombre dei managers - vanno e vengono. I ballplayers vivono brevi carriere combattendo con gli slumps, preoccupati dei tagli dei contratto, infortuni e vecchiaia. Nel frattempo, con una pensione garantita, gli arbitri tirano avanti fino a quando hanno 55 o 60 anni . . . senza una reale paura del mondo. Non solo, hanno il migliore posto nella casa, oltre al potere più esecutivo della maggior parte dei pezzi grossi dell'industria. Se qualcuno in questo sport deve inchinarsi, io tra gli umps non l'ho mai incontrato.

Riferimenti da: Babe Pinelli: Far From a One-Pitch Posterity, di Gabriel Schechter, 16 Marzo 2017 - http://www.thenationalpastimemuseum.com

Isao Harimoto: Il più grande battitore nella storia del baseball Giapponese

La media battuta in carriera di Isao Harimoto è di .319. Ha battuto sopra i .300 per 16 anni, raggiungendo il massimo con .383 nel 1970

Un bel pomeriggio di primavera del 1959, giocavano i Toei Flyers (ora chiamati Nippon Ham Fighters ... famosi per aver selezionato Yu Darvish) contro i Nankai Hawks a Namba Yakyujo, sede degli Hawks a Osaka, Giappone. L'esterno sinistro dei Flyers era un rookie emergente di nome Isao Harimoto, una mancino alto 1,80 per 86 kg, un atleta di grandi dimensioni per l'epoca nel panorama del baseball giapponese. Tutti rimasero colpiti dalle sue battute - realizzò un doppio e un singolo e si poteva dire che stava per nascere una stella. Aveva solo 18 anni, e una convincente personalità al piatto. Nankai, come era prevedibile, vinse la partita, poichè Toei era una formazione perennemente di media classifica, ma una cosa era certa Harimoto era destinato a grandi cose.

Fino ad oggi, è l'unico giocatore di baseball professionista giapponese a raggiungere il club delle 3000 valide nella sua carriera. E' nato da genitori coreani il 19 giugno del 1940, a Hiroshima, in Giappone. I suoi genitori avevano cercato fortuna trasferendosi in Giappone, poiché la Corea, in quel periodo, era in grosse difficoltà economiche. Si ricordi che il Giappone aveva il protettorato sulla Corea sin dal 1905.

Il 3 settembre del 1977, Isao Harimoto (# 10) esulta dietro Sadaharu Oh (# 1) che ha colpito il suo 756° fuoricampo, passando Hank Aaron come il leader degli home run del mondo

Harimoto è nato poche settimane dopo che i suoi genitori sono atterrati a Hiroshima, e il suo nome originale fu Jang Hun. I genitori, nel tentativo di "adattarsi" alla società giapponese, lo chiamarono Isao Harimoto.

La famiglia viveva alla periferia di Hiroshima, alla base di una piccola montagna. A 4 anni, Isao si stava scaldando le mani vicino al fuoco al di fuori della casa quando un camion accidentalmente facendo manovra andò a colpire il contenitore, e il piccolo per lo spaventò cadde sul fuoco. La mano destra fu gravemente ustionata, e il medio l'anulare e il mignolo rimasero praticamente inutilizzati e rattrappiti. Per compensare, il ragazzo fu costretto a diventare mancino, battendo e tirando con la mano sinistra. Utilizzò un guanto personalizzato che si adattava alla sua mano deformata, consentendogli di prendere la palla.

Nel mese di agosto del 1945, sua sorella maggiore, Tenko, rimase vittima dell'esplosione della bomba atomica su Hiroshima. L'epicentro dell'esplosione era a soli due chilometri dalla casa di Harimoto. Fortunatamente, la piccola montagna funse da riparo agli effetti dell'esplosione e il piccolo Isao rimase miracolosamente vivo. Poco dopo, suo padre mori di un apparente attacco di cuore. Fino ad oggi, Harimoto è l'unico giocatore professionista di baseball che è sopravvissuto alla devastazione della bomba atomica.

Più tardi, divenne membro del Movimento Giappone Hibakusha*, un progetto dedicato alla messa al bando globale delle armi nucleari.

Isao crebbe giocando a baseball su campi di fortuna, battendo da mancino e utilizzando solo la mano destra. Credeva che questa tecnica potesse aiutarlo a rafforzare la sua mano deformata. Anche se le dita della mano destra erano mutilate, riusciva ad impugnare bene la mazza. Lavorò incessantemente e diventò un forte lanciatore e battitore nelle sue squadre di high school. Con il conseguimento del diploma di scuola superiore, gli venne offerto un contratto con i Flyers e si guadagnò rapidamente una posizione da titolare all'esterno sinistro.

Harimoto (a sinistra), Sadaharu Oh (al centro) e Shigeo Nagashima dei Yomiuri Giants. Durante la sua carriera, Harimoto realizzò 1676 RBI, giocò in 18 All-Star Game e fu nominato All-Star MVP con 3 squadre

Nel 1959, vinse il Rookie of the Year della Pacific League, e nel 1962, fu nominato MVP. Nel 1962 Harimoto trascinò i Flyers alle Japan Championship Series, una performance eccelsa per una franchigia normalmente modesta. Nel corso di 3 Japan Series, battè .370, e fu nominato MVP della Series nel 1962.

Harimoto giocò la maggior parte dei suoi 23 anni Pro con i Flyers, finendo la sua carriera con brevi periodi agli Yomiuri (Tokyo) Giants e ai Chiba Lotte Orions (ora conosciuti come Marines). Il 28 maggio del 1980, realizzò la sua 3000 valida … con un home run. La sua media battuta in carriera è di .319. Batté oltre i .300 per 16 anni, e nel 1970 colpì .383. I suoi totali in carriera vedono 3085 valide, di cui 504 fuoricampo. Rubò 319 basi, il che significa che si unisce all'incomparabile Willie Mays come gli unici 2 giocatori con oltre 3000 valide, 500 homers e 300 basi rubate ... un duo veramente esclusivo!

Harimoto segnò anche 1676 punti, e giocò in 18 All-Star Game. Venne nominato All-Star MVP con 3 squadre, e realizzò cinque stagioni con 30 HR e 9 consecutive stagioni con una media superiore a .300. Ottenne la base su ball 1274 volte nella sua carriera. La sua percentuale vita degli arrivi in base è .399, e la sua percentuale slugging vita è .534. Ha vinto 9 titoli per l'On-Base Percentage. Una delle statistiche più sorprendenti di Harimoto sono le 251 partite con 3 o più valide. Realizzò una striscia di 30 partite con almeno una valida, e registrò valide per 9 consecutivi at-bat. Arrivò anche in base in 15 apparizioni al piatto consecutivi.

Vinse 7 titoli di battuta, un numero maggiore di record rispetto a quelli del grandissimo Ted Williams. Harimoto aveva un elegante swing, combinato con il potere di colpire rapidamente gli strike. Era bellissimo da guardare, in totale relax nel box. Teneva la testa ferma e le mani indietro fino all'ultimo secondo. Poi arrivava lo swing fulmineo e i line ad altissima velocità. E' stato il peggior incubo dei lanciatori. Sorprendentemente, ha battuto .355 all'età di 36 anni! È stato votato nella Hall of Fame del Giappone nel 1990, e nella Japan’s All-Century Team nel 2000.

Isao Harimoto è stato senza alcun dubbio il ​​più grande battitore nella storia del baseball giapponese!

* Hibakusha (被 爆 者?) È la parola giapponese per le vittime sopravvissute ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki del 1945. La parola letteralmente si traduce con "persone colpite dall'esplosione".

La decisione di Ed Barrow di spostare Babe Ruth all'esterno

Ed Barrow, manager dei Red Sox del 1918, aveva scritto: "Molte persone hanno detto che quando ho spostato Babe Ruth da lanciatore all'esterno sinistro a tempo pieno, ho cambiato l'intero corso del baseball"

Se non avesse mai fatto nient'altro se non scoprire Honus Wagner, Ed Barrow avrebbe avuto un posto importante nella grande storia del National Pastime. Non sarebbe oggi nella Hall of Fame - dove naturalmente si trova - ma avrebbe comunque un posto importante.

Però, Barrow fece molto di più che scoprire Wagner. È nella Hall of Fame soprattutto perché ha gestito la dinastia degli Yankees che ha vinto 14 pennants dell'American League e 10 World Series nelle sue 25 stagioni come General Manager.

Quando Barrow divenne manager dei Boston Red Sox nel 1918, aveva già lavorato come manager o co-proprietario di vari team professionistici e servito da presidente sia dell'Atlantic League che della Eastern League. Ma il meglio doveva ancora venire.

Nel 1918, Barrow guidò i Red Sox ad un pennant nella stagione accorciata dalla guerra, seguito da una vittoria sui Cubs nella World Series. Il lanciatoe mancino di punta di Barrow, il giovane George Herman Ruth, aveva vinto solo 13 partite durante la regular season, ma aveva vinto entrambe le sue partenze nella serie contro i Cubs, concedendo solo due punti in 17 innings.

Prima dello spostamento di Barrow, Ruth non aveva mai giocato in nessun'altra posizione, tranne come lanciatore, nemmeno per un inning. Si era consolidato come uno dei più forti battitori della League, una posizione perfetta. E Barrow ne approfittò, facendo giocare Babe all'esterno o in prima base in 70 delle126 partite dei Red Sox.

Tuttavia, l'abilità di Ruth nella World Series come lanciatore rappresentò un considerevole dibattito sulla sua grandezza come pitcher.

Quindi cosa fece Ruth? Continuò i suoi doppi ruoli, nonostante l'opposizione del pubblico?

Prima della stagione del 1919, il proprietario dei Red Sox, Harry Frazee, rese la decisione di Barrow un po' più facile quando vendette Duffy Lewis agli Yankees, creando così un buco all'esterno. D'altra parte, nello stesso affare, Frazee aveva anche ceduto il lanciatore Dutch Leonard; Nel 1918, Ruth e Leonard assieme avevano iniziato 35 partite.

Quindi Barrow era stato facilitato da questa scelta del proprietario. Il biografo di Ruth, Leigh Montville, disse: "Un sondaggio fuori stagione fatto nel 1918 dai managers aveva indicato che la maggior parte di loro pensava che Babe dovesse essere un lanciatore".

Barrow aveva poi scritto nella sua biografia: "Ho sempre percepito che se Ruth si fosse innamorato di lanciare avrebbe potuto essere uno dei più grandi pitcher mancini di tutti i tempi. Forse sarebbe stato il più grande. Ce l'aveva dentro".

Non dubitiamo della sincerità di Barrow o della sincerità di quei managers nel 1918 che pensavano che Ruth dovesse continuare a lanciare. Ma esaminiamo criticamente la loro analisi, o forse le loro immaginazioni. La maggior parte di loro probabilmente non riusciva a immaginare che tipo di battitore sarebbe diventato Babe. Inoltre, la maggior parte di loro era probabilmente poco interessata dal tasso di strikes di Ruth sul monte, che era diminuito di oltre il 50 per cento dal 1916 al 1918.

Babe Ruth fece il suo debutto in Major League come lanciatore partente per i Boston Red Sox al Fenway Park l'11 luglio 1914. Fu considerato uno dei migliori giocatori dell'America League prima di diventare un esterno a tempo pieno

Ovviamente, in retrospettiva, è ridicolmente facile affermare che aver fatto di Ruth un battitore a tempo pieno è stata la mossa intelligente. Ma in quel momento non era così evidente, e per questo state leggendo questa storia.

Quando la stagione del 1919 iniziò, Ruth era nella "sua rotazione regolare" con i lanciatori partenti di Barrow, anche mentre giocava all'esterno per la maggior parte dei giorni che non lanciava. Barrow ha notato che questo "esperimento" sarebbe finito se Babe fosse entrato in un lungo slump. Iniziò cinque partite a maggio e altre cinque in giugno.

Il 25 giugno, Ruth iniziò la sua ultima partita, e fu colpito duro dai battitori di Washington. Nei suoi ultimi 54 innings aveva concesso 27 punti e messo strikeouts solo 11 battitori. Nel frattempo, nonostante uno slump che durò per la maggior parte di maggio, la sua linea di battuta ora era a .303 / .421 / .599, tra i migliori del campionato.

Ma il meglio doveva ancora venire.

Dopo la brutta partenza contro i Senators, Barrow tolse Ruth dalla rotazione e lo mise titolare all'esterno sinistro. Barrow aveva, come Dan Daniel scrisse successivamente, “attraversato il Rubicone”.

Poche settimane dopo, tuttavia, il lanciatore Carl Mays uscì dalla rotazione, e Ruth tornò per qualche inning. Iniziò male in tutte e tre le sue partenza ed uscì di nuovo dalla rotazione quando il rookie (e futuro Hall of Famer) Waite Hoyt entrò nel club.

Scendere dal monte sembrò galvanizzare Ruth. Il 14 agosto, realizzò un nuovo record dell'American League con il suo 17° fuoricampo. Il 5 settembre, il suo HR nr. 25 ruppe il record della National League di Buck Freeman (e della Major League) …. fino a quando un meticoloso storico non scoprì che Ned Williamson aveva colpito 27 fuoricampo nel 1884. Il 24 agosto Ruth passò Williamson e tre giorni dopo terminò la sua storica stagione ispiratrice di record, con il suo 29° fuoricampo.

Prima della stagione, 29 fuoricampo erano praticamente inimmaginabili; Infatti, nessuno in entrambe le League aveva colpito più di 12 homer in quella stagione, e nessun altro nella squadra di Ruth ne aveva colpiti più di tre.

Certo, se 29 HR erano inimmaginabili, che dire di 54? Questo numero incredibile di fuoricampo vennero battuti da Babe nel 1920 per gli Yankees, essendo stato venduto a quel club dal proprietario dei Red Sox, Harry Frazee. Barrow fu ancora il manager dei Red Sox in quella stagione, e poi si trasferì agli Yankees come General Manager nel 1921, dove avrebbe nuovamente goduto di una relazione molto fruttuosa con il più grande giocatore del gioco.

"Inutile dire che quel Barrow aveva radicalmente modificato il National Pastime convertendo Ruth in un outfielder", scrisse successivamente Tom Meany, un altro dei molti biografi di Ruth, "Né si può non dare importanza al fatto che se Barrow non avesse fatto la sostituzione la avrebbe fatta un altro manager, anche se Ruth aveva già giocato sotto altri due manager a Boston, nessuno dei quali era stato disposto a sacrificare la grande abilità di Babe per il lancio contro la sua quotidiana potenza in battuta".

Pensiamo che sia vero che un manager avrebbe finalmente fatto il cambiamento. Se non nel 1919 lo avrebbe fatto nel 1920. Se non nel 1920, allora nel '21. Comunque, Barrow trascorse decenni a costruirsi una nomea come uno degli uomini più astuti del baseball di sempre. E sebbene non fosse stata la cosa più astuta che avesse mai fatto, potrebbe essere stata la più grande.

Riferimenti da: Ed Barrow’s Decision to Move Babe Ruth to the Outfield, di By Rob Neyer del 28 aprile 2017 - http://www.thenationalpastimemuseum.com

Quando il manager Mayo Smith spostò Mickey Stanley dall'esterno allo shortstop nella World Series del 1968

Mayo Smith

Nel 1968, il manager dei Detroit Tigers Mayo Smith aveva la bellezza di quattro outfielders di qualità, ma i suoi tre shortstops non battevano. La soluzione di Smith per la World Series fu molto semplice: la transizione di Mickey Stanley a shortstop.

Mentre i Detroit Tigers entrarono nel tratto finale della stagione nel 1968, il Manager Mayo Smith si trovò con un piccolo problema.

La buona notizia era che i Tigers di Smith sembravano nelle condizioni di vincere il loro primo Pennant dell'American League dalla Seconda Guerra Mondiale. Avevano preso il primo posto a metà maggio e non lo avevano mai lasciato; a metà settembre avevano un vantaggio a due cifre in classifica e la gara del Pennant era finita.

Il grosso distacco permise a Smith di preparare, temporalmente e intellettualmente, la soluzione ad un piccolo problema che attanagliava la sua squadra.

I Tigers avevano tre interbasi nel 1968: Ray Oyler, Tommy Matchick e Dick Tracewski. Oyler, il miglior fielder dei tre, era anche tra i peggiori battitori nella storia della Major League. Oyler avrebbe finito con solo 215 at-bats in 111 partite e una media di battuta quasi impossibile. Certo, questo era il 1968 - l'Anno del Pitcher – e avere Oyler nella propria formazione era come avere due lanciatori nel lineup. Matchick e Tracewski (in particolare Tracewski) erano migliori, ma non di troppo.

Mentre Smith aveva tre shortstops che non meritavano veramente di giocare nella World Series, nel contempo aveva quattro outfielders di valore, incluso il futuro Hall of Famer Al Kaline.

Kaline si era rotto il braccio alla fine di maggio mancando tutto il mese di giugno. Quando ritornò nel roster all'inizio di luglio, Mickey Stanley aveva assunto la posizione di esterno centro, con Jim Northrup spostato dal centro al destro.

Adesso va detto che né Northrup né Stanley erano dei futuri Hall of Famers, e in effetti non stavano giocando particolarmente bene quando Kaline rientrò dall'elenco dei disabili. Ma stavano giocando abbastanza bene; nel frattempo, il prima base Norm Cash a luglio aveva battuto sotto la linea Mendoza. Così Kaline effettivamente giocò più in prima base che all'outfield quel mese.

Buffo, però ... che Smith non avesse mai rinunciato a Cash, il quale aveva colpito tremendamente dopo la pausa All-Star. Northrup non fu tremendo dopo la pausa, ma era veramente buono. Lo stesso vale per Kaline. Mickey Stanley non era molto migliorato, ma aveva colpito una montagna di valide oltre l'interbase.

Ora (se non si conosce la storia), perché Mayo Smith avrebbe dovuto portare allo shortstops Mickey Stanley? Dal momento che Mayo Smith aveva capito che se non aveva uno shortstop che avrebbe potuto battere, poteva inventarne uno? Mickey Stanley, prima dell'estate del '68 non aveva mai giocato un solo inning come shortstop nel baseball professionista.

Lo shortstop dei Tiger Mickey Stanley mentre raccoglie una palla durante la World Series del 1968 contro i St. Louis Cardinals

Ecco l'unica cosa da togliere in questa storia: Mayo Smith non aveva semplicemente trasformato Stanley in un interbase alla vigilia della World Series dei Tigers contro i super favoriti St. Louis Cardinals. L'abbiamo menzionata perché è così che la storia viene spesso ricordata. Ma non è vero. Nel mese di agosto, Stanley aveva giocato come interbase negli ultimi due inning di una partita contro gli Yankees. Questo fu nella prima partita di un doubleheader e nella seconda partita - un gioco che si concluse dopo 19 inning e che terminò 3-3 quando venne sospeso per coprifuoco imposto dalla legge - Stanley fu l'interbase partente per i primi sette inning.

Mickey Stanley

Poi tornò all'esterno per poche settimane. Ma Stanley aveva continuato ad allenarsi all'interbase prima delle partite. Con il Pennant oramai conquistato, Stanley iniziò nuovamente come interbase il 19 settembre, giocando un paio di partite all'esterno centro e poi come shortstop in ognuna delle ultime sei partite della stagione dei Tigers.

Mayo Smith aveva visto abbastanza. La World Series del 1968 sarebbe andata alla distanza, e Mickey Stanley avrebbe iniziato all'interbase in tutte e sette le partite. Inoltre, Al Kaline sarebbe stato leader (o co-leader) dei Tigers nelle valide, punti, doppi, fuoricampo e RBI. I suoi compagni esterni - Northrup al centro del campo, e Willie Horton a sinistra, giocarono anche loro una grande Series e anche il prima base Norm Cash fu al top nella World Series. Tutti i giocatori a cui Smith non fece far panchina a favore di Stanley, infatti, giocarono eccezionalmente bene nel Fall Classic che andò alla settima partita.

Ecco due argomenti contro l'efficacia, o almeno l'importanza, della drastica tattica di Smith:

1. Due delle quattro vittorie del Tigers - oh, quasi ci dimenticavamo: vinsero la World Series! - furono schiaccianti;

2. Mentre tutti e tre gli esterni avevano giocato bene, Stanley non fece molto nella Series, andando 6 su 28 senza nessun RBI (segnò quattro volte e due di quei punti arrivarono nella vittoria più stretta dei Tigers, 5-3 in Game 5). Era possibile che giocare da shortstop avesse interferito con la sua battuta. "Non fu divertente", dichiarò Stanley nel 2007, "Ero sul punto di mandare tutto a rotoli".

Tuttavia, Mayo Smith aveva individuato una potenziale debolezza nella sua squadra che aveva vinto il Pennant e aveva elaborato una strategia radicale che pochi manager avrebbero preso in considerazione, per non parlare di metterla in pratica. Per la maggior parte, aveva funzionato: la difesa di Stanley non sembrò aver fatto del male ai Tigers: i suoi due errori furono inconsistenti - mentre sicuramente aiutò la battuta di Kaline.

Infatti, Smith rimase così impressionato dal suo shortstop nelle World Series che la primavera successiva Stanley era il suo shortstop partente dell'Opening Day ... un accordo che sarebbe durato fino a giugno, quando i Tigers presero l'interbase degli Yankees Tom Tresh, e a quel punto Stanley tornò al centro del campo. Nonostante avesse iniziato solo 77 partite all'esterno, Stanley finì per vincere il suo secondo dei tre consecutivi Gold Gloves, anche se si era infortunato il braccio. Non sarebbe mai tornato più come prima, mentre giocava interbase durante lo spring training del '69. Difficile dare la colpa di ciò a Mayo Smith!

I compagni di squadra dei Detroit Tigers, Dick McAuliffe, Jim Northrup e Mickey Stanley, festeggiano con il trofeo la vittoria della World Series del 1968

Riferimenti da: When Manager Mayo Smith Started Center Fielder Mickey Stanley at Shortstop in the 1968 World Series, di Rob Neyer del 5 maggio 2017 - http://www.thenationalpastimemuseum.com

Come Boston accolse Sam Jethroe

Sam "The Jet" Jethroe - il primo giocatore nero dei Boston Braves - sorride mentre si siede nello spogliatoio della squadra a Bradenton, in Florida prima dell'inizio dello spring training nel 1950

Il mio interesse per Sam Jethroe è scaturito dalla mia continua documentazione sulla storia dei Boston Red Sox. La maggior parte degli studiosi della storia di baseball sa che i Red Sox furono l'ultima squadra delle Major League ad abolire la segregazione. Ciò avvenne nel 1959, quando i Red Sox finalmente si inchinarono alla schiacciante pressione e promossero Pumpsie Green nelle Big Leagues nel bel mezzo della stagione.

Probabilmente molti sanno anche che i Red Sox ebbero l'opportunità di diventare la prima squadra a rompere la linea del colore. Quella opportunità fu loro presentata su un piatto d'oro quando il consigliere comunale di Boston, Isadore Muchnick, forzò un tryout al Fenway Park nell'aprile del 1945. Presente a questa selezione c'erano tre giocatori della Negro League - Jackie Robinson, Marvin Williams e Sam Jethroe. Il tryout mise in luce la loro superiorità, Robinson fu grande, ma nessuno di loro sentì mai più una parola dai Red Sox. La squadra aveva perso l'opportunità di firmare l'uomo che diventò il Rookie of the Year della National League solo due anni dopo - Jackie Robinson.

All'epoca Boston aveva due squadre della Major League, e pochi anni dopo i Boston Braves firmarono Sam Jethroe. Jethroe debuttò nel 1950, ben nove anni prima che i Red Sox prendessero Pumpsie. E i Red Sox avevano perso ancora una volta: Sam Jethroe vinse il Rookie of the Year nel 1950. C'è anche la storia di come le due squadre di Boston non presero Willie Mays, ma questa è un'altra storia.

Come venne ricevuto a Boston, Jethroe? I Red Sox temevano che la firma di un ballplayer nero avrebbe fatto perdere loro spettatori. A Boston, la popolazione "non bianca" era il 5,3 per cento della popolazione della città, passata dal 3,1 per cento nel 1940 al 9,1 per cento nel 1960. Tuttavia, questo non era in alcun modo un collegio elettorale che i Braves o i Red Sox avevano bisogno di soddisfare. Forse non sorprende che i Braves abbiano preceduto i Red Sox. Già nel 1938 il proprietario dei Braves, Bob Quinn Sr., aveva detto che era giusto che la linea del colore venisse rotta a Boston, la “Cradle of Liberty” (culla della libertà) dalla rivoluzione americana e prediceva il momento che i Boston Bees lo avrebbero fatto prima dei Red Sox.

Questa storia vi spiegherà come venne ricevuto Jethroe a Boston attraverso lo studio dei giornali di Boston così come le interviste con alcuni tifosi dei Braves che ancora ricordavano Jethroe a Beantown.

Conosciuto come "The Jet", aveva stabilito un record della International League con 89 basi rubate per i Montreal Royals nel 1949; Aveva conseguito una media di .326 con 83 RBI e fu leader della League segnando 154 punti. Era un emozionante ballplayer, ed era pronto per le Major League.

Jethroe era nato in una famiglia di agricoltori nella contea di Lowndes, Mississippi, il 23 gennaio 1917, e crebbe a East St. Louis, non lontano dallo Sportsman’s Park. Aveva giocato in alcune partite per gli Indianapolis Clowns nel 1938, ma lasciò il baseball per prendersi cura della madre che era molto ammalata. Nel 1942, iniziò a giocare di nuovo come outfielder per i Cleveland Buckeyes fino al luglio del 1948, quando andò a Montreal. Era con l'uniforme dei Buckeyes quando partecipò al tryout al Fenway Park.

Dopo la stagione del 1946, entrò a far parte della Satchel Paige All-Stars con cui girò gli Stati Uniti giocando 17 partite contro una squadra di Major Leaguers guidata da Bob Feller. "Ci aveva dato la possibilità di dimostrare cosa potevamo fare contro dei major leaguers" disse Jethroe di Feller. Jethroe firmò con i Dodgers e fu assegnato a Montreal. Con Duke Snider al centro e senza bisogno reale di un altro outfielder, e pensando che Jethroe mancasse di potenza, Branch Rickey lo vendette ai Boston Braves per una cifra tra i 100.000 e 125.000 $ e un paio di giocatori. Il Boston Herald accolse favorevolmente la trade, dicendo che Jethroe era "considerato il più grande corridore da quando Ty Cobb era all'apice".

C'era ancora segregazione durante lo spring training, ma sorprendentemente molte delle città della Florida avevano aperto un dialogo con i Dodgers per andare nelle loro città. Una volta, quando un ristorante in Florida si rifiutò di servire Jethroe, John Quinn dei Braves disse: "Sam, se non ti servono, non ci serviranno". Un bel sentimento, ma non era esteso agli alloggi. Jethroe doveva risiedere in alberghi separati a St. Petersburg e a St. Louis, così come la prima volta che i Braves andarono a Chicago. La seconda volta, dormì con il segretario addetto ai viaggio Duffy Lewis. La terza volta, ebbe una sua stanza.

Jackie Robinson aveva rotto la linea del colore delle Majors tre anni prima, ovviamente, come fece Larry Doby, dei Cleveland Indians nell'American League. C'erano ballplayers neri nelle squadre in entrambe le Leagues. Tuttavia, si poteva pensare che la firma di un ballplayer nero sarebbe stata una storia importante a Boston. Non lo fu. L'attenzione su Jethroe nei mesi durante lo spring training era sulla sua velocità, non sulla sua razza. Una ricerca online del Boston Herald, Boston Globe e Springfield Union dal 1 ottobre del 1949 al 17 aprile del 1950 - il giorno prima del debutto di Jethroe - presentava 230 articoli per "Sam Jethroe" ma solo 30 per una ricerca di "Sam Jethroe "e" Negro" (la terminologia del giorno). Più dell'86% degli articoli, a loro merito, non fa alcun riferimento alla razza. L'unico accenno al "colore" compare sul Globe tra i precedenti club, come giocatore dei "Cleveland Buckeyes della Negro American League".

Si potrebbe sostenere che i giornalisti abbiano semplicemente evitato di menzionare i "problemi sociali" limitando la loro copertura al gioco sul campo, ma la ricerca online includeva anche columnists e opinionisti come Dave Egan del Boston Record che aveva spinto per la desegregazione del baseball a Boston, e che aveva scritto nel 1945 che Boston era “freedom’s holy soil” (il terreno santo della libertà) e che “some day, the bigots of baseball will die, and men of good-will will take their places . . . [and] on that day, baseball can call itself the national sport” (un giorno, i bigotti del baseball moriranno e gli uomini di buona volontà prenderanno il loro posto ... e quel giorno, il baseball potra chiamarsi lo sport nazionale). Nel 1950, c'era veramente poco nei giornali di Boston che accennasse al colore di Jethroe.

Con una media di battuta di .273, 18 HR, 100 punti e 35 basi rubate, Jethroe fu nominato National League Rookie of the Year del 1950

Il giornale afroamericano di Boston, il Boston Chronicle, scrisse della firma di Jethroe, ma con poca fanfara. A tal proposito tutti riportarono che Jethroe disse: "lascio che i record parlino per me. Ho appena giocato nella Little World Series, ora spero di entrare nella Big League".

"Le persone a Boston erano impazzite per me", ricordò più tardi, "Tutti mi si accalcavano attorno per aver gli autografi dopo la mia prima partita".

"Sono rimasto abbastanza vicino a casa", ammise, "l'High Hat Club sulla Mass. Avenue era il mio posto preferito. Non sono andato in giro in molti locali bianchi - bar, film, ecc. Ma ho conosciuto molte persone simpatiche. Uno di loro à stato l'arcivescovo Cushing. Mi chiamava per assicurarsi che andassi in chiesa".

Nel mese di maggio, Jethroe fu uno dei tre esterni dei Boston Braves invitati a una cena di "fratellanza" del Massachusetts Council of Catholics, Protestants and Jews. Sid Gordon era l'ebreo, Willard Marshall il protestante e Sam Jethroe il cattolico.

Sid Gordon, Willard Marshall e Sam Jethroe nel dugout dei Braves nel 1952

Jethroe ottenne un sacco di copertura mediatica durante la preseason "City Series", ma non concentrata sulla razza o questioni razziali. Tra le storie sul giorno del debutto di Jethroe, uno menzionò la frase, incidentalmente, che era “Boston’s first Negro player” (il primo giocatore negro di Boston). Nella lunghissima presentazione di Clif Keane durante la partita in cui debuttò non menzionò mai la razza. Né il Boston Traveller. Era quasi come se non importasse.

I giornali di Boston furono critici sulla sua difesa sin dall'inizio. Lo Sporting News pubblicò un articolo intitolato "100.000 dollari Jethroe può essere un flop all'outfield" e gli altri articoli concordavano: un giornalista del Globe scrisse che era assai veloce ma il suo braccio era debole. Il manager Billy Southworth aveva consigliato la pazienza.

Delle sette persone intervistate che furono presenti all'esordio di Jethroe nessuna di loro ricordava, in qualsiasi momento, dei commenti sulla razza di Jethroe, nemmeno un ubriaco negli stands disse qualcosa di disgustoso. Tutti ricordavano l'esplosione di emozione quando arrivò in base e all'unisono gridarono "Vai, Sam, vai!". Infatti, fu leader della National League per le basi rubate quell'anno.

John Delmore disse: "I tifosi dei Braves erano molto fedeli. Erano i cittadini di seconda classe a Boston, per così dire. Amavano molto i Braves. Anche nei momenti negativi, erano loro vicini. I Red Sox e Yawkey erano i milionari viziati mentre i Braves erano la squadra proletaria. Tutto quello che troviamo sono ricordi positivi di Sam Jethroe. Non si ricorda nessuno, nessuno tra tutti, che abbia mai parlato della razza con Sam Jethroe. Nessuno! Robinson fu maggiormente colpito quando ruppe la linea del colore. Al momento in cui Sammy arrivò ai Braves, molte cose erano scemate. Non c'è certezza che in alcuni altri ballparks abbia racolto un po' di contestazioni, ma a Boston non ebbe mai cattive vibrazioni. Se c'è mai stato qualcosa, era proprio il contrario. Amavano il ragazzo”.

Il 15 settembre del 1950, la squadra organizzò la notte di Sam Jethroe. Gli furono consegnati tanti regali, ma Jethroe chiese che fossero raccolti tutti i soldi per istituire una borsa di studio universitaria per i giovani negri.

Jethroe non aveva mai voluto essere polemico. Era diplomatico, e ogni commento che fece fu generico, evitando controversie. Quella era la sua personalità. Tutto sommato, è stato un momento notevole e qualcosa di cui i tifosi dei Boston Braves possono andare orgogliosi. Ai Red Sox, che erano a solo un chilometro di distanza dai Braves, ci vollero nove anni ancora prima che riuscissero a portare un ballplayer nero nelle Major League. Ma questa è un'altra storia.

Riferimenti da: How Sam Jethroe Was Received in Boston, di Bill Nowlin del 25 marzo 2016 - http://www.thenationalpastimemuseum.com

The Boys of Winter

Durante l'offseason, il catcher di Brooklyn Dodgers Roy Campanella gestiva il suo negozio di liquori a Harlem

Nei tempi recenti con la fine della World Series giunge il momento per i ballplayers della Major League di mettere da parte i guanti, di appendere gli spikes e di organizzare le loro vacanze per il periodo invernale.

Vi siete mai chiesti per quanto tempo i giocatori di baseball possono viaggiare per il mondo, fare nuove conoscenze con le loro famiglie e riposarsi prima di preparare le loro cose e presentarsi allo spring training?

Sarebbe sorprendente sapere che, mentre il resto di noi riesce a staccare più volte l'anno e concedersi anche dei lunghi periodi di riposo o vacanza, la maggior parte dei giocatori di baseball non ha molto tempo per rilassarsi sulla spiaggia e crogiolarsi al sole durante l'offseason.

Secondo Ron Blum, giornalista e scrittore di baseball per la Associated Press, "la maggior parte dei giocatori di baseball si prende qualche settimana, quindi iniziano gli allenamenti nella sala pesi per il Thanksgiving (quarto giovedì di novembre), allenamento leggero di battuta e di tiro nel mese di dicembre. Allenamento intensivo di battuta e preparazione lanciatori subito dopo il 1° gennaio".

Tom Boswell, giornalista sportivo del Washington Post, rifiuta nettamente qualsiasi asserzione che i giocatori di baseball, o gli atleti professionisti in generale, conducano una vita piacevole durante i lunghi mesi invernali dell'offseason. "I ballplayers lavorano e lavorano duramente per molto ore, per tutto l'arco dell'anno, superando di gran lunga l'americano medio (o probabilmente il medico medio / avvocato / imprenditore che pensa di lavorare molto duramente). Gli atleti professionisti", sottolinea Boswell,"hanno molti difetti ma, con rare eccezioni, sono anche dei fanatici gran lavoratori fuori stagione. Il denaro motiva, ma anche l'orgoglio. I tifosi sottovalutano veramente questo aspetto del carattere dell'atleta".

Che lo crediate o no, non è stato tanto tempo fa che i giocatori di baseball avevano poca scelta su come avrebbero speso la loro offseason. Essi semplicemente non avevano l'indipendenza finanziaria per affinare le loro abilità atletiche e ripassare la loro meccanica con qualsiasi tipo di regolarità prima dell'inizio dello spring training.

Stan Musial e molti dei suoi compagni di squadra vendevano alberi di Natale in un parcheggio per guadagnare dei soldi extra durante l'inverno.

Giocatori dei Cardinals alla vendita di alberi di Natale nel 1947. Da sinistra: Del Wilber, Dick Sisler, Terry Moore, Stan Musial, e Red Schoendienst.

Prima dell'introduzione del free agency (adottato per la prima volta nel 1976, liberando i giocatori dalla clausola di riserva) e l'esplosione di contratti multimilionari, il baseball non era altro che un lavoro stagionale per la maggior parte dei giocatori. Dopo la fine della stagione, dovevano trovare un altro lavoro per compensare i loro poveri salari.

Secondo i dati raccolti da Michael Haupert, professore di economia presso l'Università di Wisconsin-La Crosse, lo stipendio medio di un ballplayer era di 13.668 $ nel 1952, e salì a 17.942 dollari nel 1960. L'anno prima dell'introduzione del free agency, lo stipendio medio della Major League era di 51.051 $. Lo stipendio medio di un Major Leaguer non superò i 100.000 dollari (104775 dollari attuali) fino al 1979. Nel 2013, secondo la Major League Baseball, lo stipendio medio era salito a 3.386.212 $.

Non solo i salari dei giocatori erano spaventosamente bassi, ma non erano nemmeno commensurabili con altre professioni e industrie a livello nazionale.

Nel 1952 uno studio del Congressional Study on Monopoly Power (H.Res.95, 82d Cong., 1st Sess.) aveva documentato in modo convincente che gli stipendi della Major League Baseball erano aumentati, ma non in proporzione alla crescita dei salari nelle altre industrie ricreative o addirittura di tutte le industrie combinate. Lo stipendio medio del 1951 era di 11.000 $. Il Congresso concluse che i salari delle industrie ricreative (ad eccezione del settore cinematografico), per confronto, erano aumentate del 91% dal 1929 al 1950, mentre i salari in tutte le industrie erano aumentati nello stesso periodo del 114%.

Casey Stengel

Quindi non era raro leggere le storie riportate nel New York Times che Casey Stengel trascorresse l'inverno guidando un taxi a Kansas City per pagarsi le bollette; o che Walter Johnson scavasse buchi per i pali per la Idaho Telephone Company.

Walter Johnson

Nel 1919, il Cleveland Plain Dealer aveva riportato che il prima base degli Indians Joe Harris stava progettando di trascorrere l'offseason lavorando in una fabbrica di auto a Newcastle, Indiana, mentre l'outfielder Jack Graney avrebbe lavorato in una società di radiatori di cui era co-proprietario.

Joe Harris
Jack Graney

Roy Sievers, American League Rookie of the Year nel 1949 per i St. Louis Browns, e che più tardi colpì 42 fuoricampo nel 1957 per i Washington Senators, letteralmente "tagliava tappeti" nell'offseason nella sua città natale di St. Louis per integrare il suo modesto stipendio.

Roy Sievers andò a lavorare per 18 stagioni per sostenere la sua famiglia.

Roy Sievers

Al Rosen dei Cleveland Indians, un quattro volte All Star (1947-1956) e laureando in economia presso l'Università di Miami, aveva lavorato tra le stagioni come agente di cambio nell'ufficio di Cleveland di Bache and Co., una società di titoli che forniva intermediazioni finanziarie e servizi bancari d'investimento.

Al Rosen

Lo scrittore Roger Kahn, autore del classico libro sul baseball The Boys of Summer, disse che durante l'offseason nelle loro carriere ai Brooklyn Dodgers, Gil Hodges vendeva Buicks per la concessionaria Pepper and Potter sulla Flatbush Avenue Extension a Downtown Brooklyn, mentre il partente destro Carlisle Erskine nelle offseasons vendeva assicurazioni per un'agenzia a Anderson, Indiana.

Gil Hodges
Carlisle Erskine

Probabilmente, il lavoro più famoso o famigerato di tutti i tempi apparteneva all'ex terza base dell'AL Richie Hebner, che aveva lavorato come becchino in un cimitero gestito da suo padre a Norwood, Massachusetts, guadagnando 35 dollari per tomba. Nolan Ryan, che aveva guadagnato un misero salario di 7.000 $ durante la sua stagione da rookie nel 1966, lavorò a una pompa di gas durante l'offseason e un altro inverno installò condizionatori d'aria.

Richie Hebner
Nolan Ryan

Mentre un sacco di giocatori lavoravano come autisti di camion o come operai su catene di montaggio automatico o sul lungomare scaricando grandi navi mercantili per far quadrare il bilancio, non tutti i lavori dell'offseason che erano costretti a fare i ballplayers erano molto faticosi. Molti giocatori venivano avvicinati dalle organizzazioni solo per farli apparire in diverse attività, per ottenere il massimo dal loro status di celebrità.

Al Kaline

Per far quadrare i conti, Al Kaline aveva lavorato anche in un negozio di articoli sportivi nella sua città natale di Baltimora

Ron Swoboda

Ron Swoboda, ex outfielder e più noto come membro dei Miracle Mets del 1969, aveva dichiarato: "Una volta che sono entrato nelle Major League non ho mai fatto un vero e proprio lavoro nell'offseason. A New York presenziavo alle cene della Little League e alle colazioni nelle sinagoghe percependo dai 25 ai 50 $ in contanti e questo, in quei giorni, era abbastanza per vivere. Potevi fare qualcosa ogni sera ... Mi ricordo di un periodo di lavoro particolarmente intenso dove avevo guadagnato qualcosa come 2.000 dollari in banconote di piccolo taglio. Le ho gettate in mezzo al letto e ho cominciato a saltare come Paperon de Paperoni".

Denny McClain

Durante le loro stagioni alla fine degli anni sessanta, i pitchers dei Detroit Tigers Denny McClain e Mickey Lolich cantavano nei nightclub durante l'offseason. Il 16 novembre 1968, Billboard Magazine aveva riportato che Lolich si era esibito al Frontier Hotel con un gruppo di cantanti chiamati Strikeouts.

Mickey Lolich

Altri commercializzarono i loro nomi per avviare le proprie attività commerciali.

Monte Irvin (a dx) con Jackie Robinson mentre gli prova un vestito nel negozio Jackie Robinson Department Store

Jackie Robinson, ad esempio, aveva aperto il Jackie Robinson Department Store al 111 West 125 Street ad Harlem dove vendeva abiti di alta qualità che portavano il suo nome sull'etichetta. Il seconda base all-star aveva inoltre sponsorizzato Borden’s Evaporated Milk (latte condensato) e Bond Bread (pane in cassetta).

Un altro celebrato Dodgers, Roy Campanella, possedeva un negozio di liquori nella 7th Avenue e nella 134th Street a Harlem, dove lavorava regolarmente durante l'offseason. Tragicamente, Campy aveva appena chiuso il suo negozio di liquori in una notte fredda del 28 gennaio del 1958, quando la sua auto sbatté contro un palo del telefono dopo aver slittato su una lastra di ghiaccio ribaltandosi su Dosoris Lane a Glen Cove, New York. L'incidente gli provocò lo schiacciamento della quinta e sesta vertebra rendendolo quadriplegico. Campanella rimase su una sedia a rotelle fino alla sua morte nel 1993.

Quando finiva la stagione, un certo numero di giocatori formava una squadra e girava in tutto il paese per guadagnare del denaro. Nel 1952, la squadra All-Star di Roy Campanella presentava George Crowe dei Boston Braves, Larry Doby e Harry Simpson dei Cleveland Indians, Joe Black dei Brooklyn Dodgers, Hank Thompson, Monte Irvin e Willie Mays dei New York Giants

Lo stipendio di Vic Wertz (1947-1963) si aggirava intorno a 35.000 $ - non sorprende che il prima base e outfielder non si fece scappare l'opportunità di essere ingaggiato come portavoce della National Brewing Co.

Vic Wertz

Illustri Yankees, compagni di squadra e amici per tutta la vita Yogi Berra e Phil Rizzuto lavoravano durante le offseasons nell'American Shops (negozio di vestiti) a Newark, New Jersey, e più tardi (nel 1959) aprirono una sala da bowling a Clifton, New Jersey - The Rizzuto-Berra Lanes – che chiuse nel 1999.

La sala da bowling a Clifton, New Jersey, di Rizzuto e Berra

Il barnstorming fu una fonte redditizia per molti giocatori durante l'offseason. Il lanciafiamme dei Cleveland Indians Bob Feller guadagnò 4.000 dollari per 10 partite nel 1937, partendo dalla sua città natale di Van Meter, Iowa, per poi dirigersi sulla West Coast. Questo considerevole guadagno era pari al 40 per cento del suo stipendio della regular season con gli Indians. Nel 1946 Feller e Satchel Paige (poi con i Philadelphia Stars nella Negro League) scelsero le loro stelle e giocarono 35 partite in 27 giorni in 17 stati e attirarono oltre 400.000 tifosi. Le All-Stars di Feller includevano Ralph Kiner, Bob Lemon, Jim Hegan e Phil Rizzuto. Anche Stan Musial si era unito al giro dopo la conclusione della World Series, guadagnandosi una quota di 10.000 $ per partecipare. I membri delle Black All-Stars di Satch includevano Sam Jethroe dei Cleveland Buckeyes, Henry Thompson e Buck O'Neil dei Kansas City Monarchs.

L'All-Star di Bob Feller del 1946. Questa squadra era composta da stelle sia dell'AL che della NL. Da sinistra a destra Frankie Hayes, catcher Withe Sox; Mickey Vernon, 1a base Senators; Ken Keltner, 3a base Indians; Bob Lemon, pitcher Indians; Lefty Weisman, trainer Indians; Johnny Berardino, 2a base Browns; il pilota Ernest Nance, Los Angeles; George Maruyama, Los ANgeles; Jim Hegan, catcher Yankees; Dutch Leonard, pitcher Senators; Charley Keller, esterno Yankees; Rollie Hemsley, catcher Pillies; John Sain, Belleville Arkansas; Sam Chapman, esterno Athletics, Bob e Mrs. Feller; Russell Craft e John Price. Sull'aereo, Bob Gill, segretario dell'All-Stars e Clara Spencer, stenografa

L'All-Star di Satchel Paige del 1946. Satchel è in cima alle scale, con un cameriere. Dizzy Dismukes è appena sotto di loro. Dall'estrema sinistra a terra c'è Hilton Smith, Howard Easterling, Barney Brown, Sam Jethroe, Gentry Jessup, Hank Thompson, Max Manning, Chico Renfroe, Rufus Lewis, Gene Benson, Buck O'Neil, Frank Duncan, Artie Wilson e Quincy Troppe

Oggi, l'attuale classe di giocatori di baseball professionisti considerati membri dei nouveau riche, liberati dalle difficoltà finanziarie o preoccupazioni per il pagamento dei loro mutui, sono liberi di concentrarsi su questioni più importanti, come migliorare la loro battuta, rinforzare il loro corpo, aggiungere più forza alle loro fastball durante l'offseason.

Ciò nonostante, esaminando le diverse attività lavorative invernali dei ballplayers nei decenni prima dell'adozione del free agency, si riconosce ancor più a fondo la misura per cui i fans avevano un legame decisamente più forte con i loro eroi del diamante, sapendo che i giocatori che apparivano sulle confezioni dei Corn Flakes non erano del tutto diversi da qualsiasi altro lavoratore, parrucchiere, proprietario di un negozio a conduzione familiare, insegnante di scuola, agente di polizia o vigile del fuoco. Tutti stavano combattendo all'unisono per pagare le bollette e dare una vita migliore alle loro famiglie.

Il saggista americano e giornalista sportivo per il New York Times George Vecsey ha detto che la maggior parte dei giocatori e giornalisti di allora avevano condiviso la stessa economia. "Ho accompagnato in auto le mogli di due giocatori diversi", ricordava Vecsey, "da o per lo spring training nel 1964 e nel 1968 per risparmiare i costi dei biglietti aerei".

Giusto un altro ricordo di un tempo più semplice in un'epoca passata.

Riferimenti da: The Boys of Winter , di Bill Lucey del 21 dicembre 2014 - http://www.thenationalpastimemuseum.com

La leggenda di John Ritchey: The Jackie Robinson of the Pacific Coast League

La foto che vedete è quella della squadra di San Diego American Legion Post 6 e fu fatta prima della World Series dell'American Legion del 1940 giocata a Albemare, nel North Carolina. I giocatori John Ritchey (2a fila, il 2° da sinistra con la faccia che guarda in basso appoggiata alla mano) e Nelson Manuel (2a fila, il 2° da destra) furono entrambi protagonisti del team di San Diego durante il torneo ma fu loro proibito di giocare nella serie finale contro la squadra di Albemare per il colore della loro pelle. Anche se non giocarono nella serie finale con la loro squadra che fu poi sconfitta dalla formazione di Albemare, Ritchey venne premiato con il trofeo del miglior battitore del torneo.

Purtroppo questa non era la prima volta che questi due giovani giocatori avevano sperimentato questi inqualificabili pregiudizi. Due anni prima, quando la squadra aveva partecipato al Torneo del 1938, sia Ritchey che Manuel vennero esclusi dal gioco in una serie tenuta a Shelby, North Carolina. Però nel 1940 ad entrambi i giocatori fu detto che avrebbero avuto la possibilità di giocare a Shelby se la loro squadra avesse finito per giocarci di nuovo (come accadde). Purtroppo, non sappiamo quasi nulla di Manuel in quanto la sua carriera nel baseball sembra terminare con i San Diego American Legion Post 6 e poi non si trovano altri riscontri.

D'altra parte, Ritchey giocò a baseball professionistico per un decennio e si guadagnò il soprannome di The Jackie Robinson of the Pacific Coast League.

Il team di San Diego American Legion Post 6 era diretto da Mike Morrow, il leggendario coach che allenò la San Diego High School dal 1926 al 1950, vincendo 14 titoli della Southern California e le sue squadre erano formate tutte da giocatori bianchi, neri e ispanici.

I suoi team integrati dormivano nella palestra di Long Beach Poly nel caso in cui gli hotel locali non facessero alloggiare i suoi giocatori neri. Più tardi andò 82-64-1 come head coach dell'Università di San Diego dal 1958 al 1963. Tra i giocatori di baseball che allenò ci furono Jim Wilson, Jack Harshman, Solly Hemus, Duane Pillette, John Ritchey e Bob Usher. Tutti questi, ad eccezione di John Ritchey, giocarono nella MLB.

Nell'estate del 1940, la squadra di Morrow avanzò di nuovo alle semifinali nazionali del North Carolina e Morrow voleva impedire che si ripetesse quello che era successo nel 1938. Ricevette assicurazioni da parte dei funzionari e Ritchey e Manuel giocarono nella semifinale vincendo contro St. Louis a Shelby, NC.

Ma per le finali di Albemare, a Ritchey e Manuel fu impedito di giocare contro la squadra bianca. A Ritchey fu assegnato il trofeo come miglior battitore del torneo, ma San Diego dovette giocare la serie finale, al meglio delle cinque, senza di lui e Manuel. Nella finale, San Diego vinse le prime due gare prima che Albemarie vincesse le successive due e la quinta partita decisiva per 9-8.

Ritchey si diplomò alla San Diego High nel 1941, poi frequentò San Diego State College. Giocò una stagione con gli Aztecs, e fu leader della squadra nei punti, RBI e basi rubate, prima che la sua carriera universitaria fosse interrotta dalla seconda guerra mondiale.

Servì durante la Seconda Guerra Mondiale nella Army Engineer Corps. Il sergente Ritchey si guadagnò cinque Battle Star per aver combattuto e per i lavori di costruzione in Normandia, nell'offensiva delle Ardenne e nella battaglia di Berlino.

Ritchey tornò agli Aztecs nel 1946 e fu di nuovo leader nei punti, RBI e rubate, oltre a battere con una media di .355. Fece parte della all-conference selection in entrambe le stagioni con la squadra ed è tra quelli onorati nella Walls of Fame del programma di baseball SDSU.

Giocò poi per i Chicago American Giants nelle Negro Leagues nel 1947 prima che i Padres, di proprietà di Bill Starr, lo riportassero a casa per giocare con i nove locali.

Ritchey continuò e diventò una figura storica come "The Jackie Robinson of the Pacific Coast League". Spezzò la linea di colore della PCL nel 1948 per la squadra di minor league dei San Diego Padres al vecchio Lane Field.

Una scappatoia nel contratto di Ritchey con i Chicago American Giants, e la stagione della rottura della linea del colore di Robinson, permise ai Padres di firmare l'eroe della città.

Si deve ricordare che era un momento in cui la PCL era così talentuosa che veniva considerata la terza MLB. Ritchey giocò per altri teams della PCL: Portland Beavers, Sacramento Solons e San Francisco Seals.

"Era un brivido poter giocare per i Padres", disse Ritchey in una storia del 2000 che Swank scrisse per la rivista US Athletics. "I tifosi mi hanno applaudito e la mia sensazione era che ero un ragazzo di San Diego che stava facendo bene. Non aveva niente a che fare con la razza".

Ritchey si ritirò dopo la stagione del 1955 senza aver mai giocato nelle Major League, ma non dimenticate che anche se la linea del colore era stata rotta, l'integrazione si stava muovendo ad un ritmo di lumaca. C'erano una manciata di posti nei roster per i giocatori neri, e questa situazione rimase così fino al 1959 quando i Red Sox diventarono l'ultima squadra ad integrare completamente il baseball.

Nei suoi sette anni nella PCL, Ritchey realizzò una media battuta di .282. Giocò per gran parte della sua carriera come catcher ma anche all'esterno, partecipando spesso alla Winter League in Venezuela. Ritchey morì nel 2003.

Quando la famiglia e gli amici nel 2005 raccolsero fondi per un busto bronzeo di Ritchey che si trova nella Hall of Fame dei Padres della PCL nel Bar & Grill al Petco Park, lo storico del baseball di San Diego Bill Swank raccolse alcune storie che ci raccontano dell'uomo John Ritchey.

"Un ragazzo aveva detto che non conosceva Johnny Ritchey, ma conosceva Johnny", disse Swank. "E aveva donato 200 $ perché ogni volta che vedeva Johnny intorno al campus gli sorridereva e lo salutava. Disse che non avrebbe mai dimenticato quel simpatico ragazzo e lui sapeva cosa aveva fatto Johnny in North Carolina".

Swank disse che una donna bianca aveva donato soldi perché Ritchey una volta l'aveva salvata dalle molestie di alcuni bulli bianchi. Pensate a questo per un attimo: nel 1940, Ritchey, un uomo nero, fermò i bulli bianchi per aver tormentato una ragazza bianca.

"E disse che il busto di Johnny Ritchey avrebbe dovuto essere d'oro", ricorda Swank.

"Avete sentito parlare di Jackie Robinson e di Satchel Paige, ma c'erano tanti altri grandi giocatori nelle Negro Leagues che avrebbero potuto essere dei grandi giocatori nelle Major League. È un peccato che i loro nomi non siano nomi famigliari. Il talento era lì, ma non hanno avuto l'opportunità".

Satchel Paige contro Joe DiMaggio nella partita dimostrativa del 1936

1935 San Francisco Seals: I compagni di squadra Joe Marty, Frank O'Doul e un giovane Joe DiMaggio prima di diventare il famoso "Yankee Clipper"

Mentre i New York Yankees si stavano preparando per la stagione del 1936, avevano capito che erano obbligati a fare dei cambiamenti. Il recente ritiro di Babe Ruth aveva messo un punto esclamativo sul fatto che New York aveva perso i playoff in sei delle sette stagioni precedenti. Con il club assetato di un'infusione di nuovo sangue, la più grande decisione del management riguardava un giovane sconosciuto della West Coast, che aveva terrorizzato la Pacific Coast League nella stagione precedente.

Gli Yankees avevano già concordato con il proprietario dei San Francisco Seals, Charles Graham, il prezzo di acquisto del 21enne Joe DiMaggio, ma prima di prendere la decisione finale avrebbero voluto eseguire un nuovo test per la giovane stella. Per realizzarlo, avevano scelto il più grande lanciatore del gioco, un ragazzo che non aveva mai calcato un diamante della Big League durante le stagioni regolari.

Satchel Paige rispose alla loro chiamata nel bel mezzo di una vacanza invernale a Los Angeles. Quando gli alti papaveri di New York gli chiesero di viaggiare a nord per una partita dimostrativa contro DiMaggio e un team di stelle della Major League della Bay Area, riunì la sua rappresentativa, costituita interamente dal catcher Ebel Brooks dei New York Black Yankees - e partì per Oakland. Al suo arrivo, completò il suo roster con i giocatori neri semipro e sandlot che riuscì a trovare.

Satchel Paige, uno dei lanciatori più sorprendenti di tutti i tempi, venne chiamato per testare DiMaggio e vedere se avesse quello che serviva per essere un giocatore di Major League

La partita stessa creò una sensazione sbalorditiva. In parte era dovuta alla squadra di talenti scelti per circondare DiMaggio. Con al timone lo shortstop dei New York Giants e nativo di Alameda Dick Bartell, il lineup bianco era formidabile: Il catcher, Hall of Famer e nativo di Oakland, Ernie Lombardi, che veniva da una stagione con Cincinnati dove aveva battuto .343; Augie Galan di Berkeley, leader della National League in basi rubate e punti segnati per i Cubs; perno della Gas House Gang Chick Hafey, anche lui da Berkeley; Cookie Lavagetto (Oakland) e Gus Suhr (San Francisco) dei Pirates; il terza base Johnny Vergez, nativo di Alameda; e i pitchers Tony Freitas (Mill Valley) dei Reds e Johnny Babich (Richmond) dei Dodgers.

E, naturalmente, DiMaggio.

Paige era meravigliato dallo spettacolo: "Non ho mai affrontato una collezione di stelle", disse, "ma ne ho spenti due o tre in altre partite di esibizione e credo di poterli fermare anche questa volta. A me sembrano tutti uguali".

Per molti fans, ancor più dell'attrazione del talento dei Big Leaguers, era la prospettiva di vedere Paige (la cui leggenda era ben nota, ma che nei suoi barnstorming professionali non era mai arrivato nel west) dal vivo. La partita, tenutasi il 26 gennaio, portò 4000 fans all'Oaks Ballpark, sede del Triplo-A degli Oakland Oaks.

Fu uno scontro impari sin dall'inizio. Nonostante il miscuglio di amateur players dietro di lui, Paige dominò la partita, mettendone strikeouts 12, tra cui Suhr e Vergez, tre volte a testa, e Lavagetto, Hafey e Freitas due volte ciascuno. I Major Leaguers graffiarono con dei doppi back-to-back nel secondo inning per segnare un punto, dopo di che Paige li tenne senza valide per il resto del gioco regolamentare. Satchel stesso mise la firma alla partita realizzando un singolo RBI nel quarto.

DiMaggio, l'uomo dell'ora, rimase in gran parte silenzioso, battendo un groundout sull'interbase, un pop up all'esterno centro e un ground out sulla seconda base. L'unica cosa positiva che fece in attacco fu quello di venir colpito da un lancio.

Nonostante l'insensato squilibrio nel talento, dopo nove inning il gioco era bloccato sull'1-1.

Paige eliminò Babich per il terzo out senza incidenti nel 10° inning, e Satchel sembrò pronto a raddoppiare l'impresa nella parte bassa dell'inning successivo. Si liberò rapidamente di Lombardi e Galan, ma Bartell che li seguì battè una valida e rubò la seconda. Questo portò DiMaggio al piatto.

Era arrivato il momento fatidico per cui l'intera partita era stata organizzata: la potenza del paria contro il futuro superstar. Quando Brooks perse un lancio che DiMaggio prese per lo strike numero due, Bartell corse in terza, aumentando la pressione sul lanciatore.

Paige non sembrò farci caso. Lanciò una fastball che ingannò DiMaggio, ma che riuscì comunque a mettere in campo verso il monte. Tuttavia, col calare dell'oscurità, Paige non reagì abbastanza velocemente; invece di raccogliere la palla, riuscì solo a deviarla. Il secondo base, Walker (o Walkr), il cui nome si è perso nella storia, cercò di giocare la palla, ma era troppo tardi. DiMaggio batté il suo tiro per un passo, permettendo a Bartell di segnare il punto vincente della partita. "All'inizio della partita, Paige aveva fatto battere le palle a terra con lanci che avevano messo in difficoltà i battitori e sempre facile preda dei suoi uomini", riferì l'Oakland Tribune, "ma il crepuscolo ha rovinato il suo giudizio".

Nonostante la sconfitta, c'era una sola domanda circa la perfezione con cui la stella della Negro League aveva dominato il suo avversario. "Se Satchel Paige avesse la pelle bianca, sarebbe meritevole di guadagnarsi 100.000 dollari per qualsiasi club della Big League che potesse disporre dei soldi", aveva scritto Ed Hughes della San Francisco Chronicle nel suo articolo della partita, "Quel lungo ragazzo nero può lanciare".

La performance di Paige fu così perfetta che lo scout degli Yankees presente alla partita fu ispirato a inviare un telegramma all'ufficio degli Yankees, segnalando ciò che aveva visto.

"Tutto quello che avevamo sperato che avrebbe fatto DiMaggio", scrisse, "è stato colpire Satch una volta su quattro".

DiMaggio è stato eletto nella Hall of Fame nel 1955. Paige, che aveva 30 anni al momento della partita dimostrativa (l'età è stimata perchè il suo anno di nascita varia notevolmente in vari resoconti), finalmente arrivò alle Major League nel 1948 con i Cleveland Indians. E' stato eletto nella Hall of Fame nel 1971 dal nuovo organo della HOF la Negro League Committee. Lombardi, che sarebbe diventato campione di battuta per due volte e MVP della NL nel 1938, è stato eletto nella Hall of Fame nel 1986. Traynor è stato eletto nella Hall of Fame nel 1948.

Un articolo e una foto dell'Oakland Post-Enquirer del 25 gennaio 1936 che mostra l'imbattuto Satchel Paige contro alcuni grandi hitters come Dick Bartell e Joe DiMaggio. La didascalia della foto dice: "Dick Bartell studia il flipper di Satchel" - Per ingranire l'articolo clicca qui

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Sia Paige che DiMaggio sono stati eletti nella Baseball Hall of Fame: DiMaggio nel 1955 e Paige nel 1971

Il primo giocatore di Major League nato in Cina

Henry Lees "Harry" Kingman giocò per i New York Yankees nel 1914. Per la precisione fu solo per un "cup of coffee", ma era un atleta multi tool che avrebbe potuto diventare un buon giocatore se avesse avuto una forte preparazione nelle minor league.

Harry Kingman era nato nel 1892 a Tianjin, Cina, un importante porto "interno" a sud-est di Pechino. Suo padre era un missionario della chiesa Congregazionista di New York e sua madre era figlia di missionari metodisti inglesi. La famiglia di Kingman aveva lasciato la Cina nel 1899 a causa dell'asma del padre. Il vecchio Kingman prese un posto di lavoro a Claremont, in California, come cappellano e fiduciario del College di Pomona.

Fu qui a Claremont, poche miglia a est di Los Angeles, che il giovane Harry iniziò a giocare a baseball, tennis, atletica, basket e nuoto. Più tardi diventò un atleta di multi sport al Pomona College e, alla laurea nel 1913, firmò con i Washington Senators.

Il manager degli Yankees, Frank Chance (in seguito, membro dell'Hall of Fame per i suoi exploit come prima base e leader dei Chicago Cubs) in una trade del 1914 con i Senators prese Kingman. Dovete ricordare che gli Yankees allora non erano la forza che sarebbe diventata negli anni '20 e stavano cercando aiuti. Infatti, l'unica stella della squadra era il forte interbase Roger Peckinpaugh. Chance, possedeva un grosso aranceto vicino a Claremont e probabilmente aveva sentito parlare del talento nel baseball di Kingman attraverso i suoi contatti locali del sud della California.

"Ho messo l'uniforme di Washington e sono stato presentato nella clubhouse agli altri giocatori da un grande e prestante Senators. Ho chiesto chi fosse. Mi è stato detto "E' solamente Walter Johnson, il più veloce e migliore lanciatore che potrai mai conoscere" - Harry Kingman

Chance cercò di trasformare il prima base Kingman, che batteva e tirava da mancino, in un lanciatore ma senza alcun risultato. Quando fece la trade firmò anche un altro prima base Charlie Mullen che prese il suo posto in difesa. Poi Kingman, con praticamente nessun allenamento come position player, fu inserito nel roster come prima base. Kingman prese una base su ball ma non ottenne valide in tre at-bats nelle 4 partite giocate.

All'inizio della stagione del 1915 Chance non era più il manager, e gli Yankees credendo che i talenti di Kingman potessero essere migliorati nelle minor league, vollero mandarlo in una delle loro minor a Guelph, Ontario, Canada. Kingman ci pensò su e rinunciò, sapendo che Wally Pipp, un rookie fortemente pubblicizzato, stava già giocando come prima base titolare (Pipp, ricorderete, giocò bene fino al 1925, quando venne sostituito da un altro rookie, un collega di nome Lou Gehrig).

Kingman volontariamente servì per 2 anni nell'esercito. Poi, la YMCA (*) gli offrì un incarico come missionario a Shanghai, Cina. Sposò la sua fidanzata, Ruth, e si trasferirono a Shanghai nel 1922. Si occupò di insegnare il baseball agli americani espatriati, agli stranieri e ai locali e organizzò partite di baseball tra squadre locali nella zona di Shanghai e marinai americani delle navi che vi attraccavano periodicamente.

"Ho saputo che Frank Chance ha acquistato il mio contratto da Washington. Così per le prossime due stagioni sarò un pitcher rookie con gli Yankees. Sto imparando che nel mio nuovo ruolo di lanciatore non ho mai avuto la possibilità di dimostrare come avrei potuto battere - la mia forza nella squadra di baseball universitaria"- Harry Kingman

In quel momento storico diverse nazioni straniere, in particolare britanniche, avevano "concessioni" in Cina, fornendo accordi commerciali molto favorevoli sul territorio "sovrano" Cinese. Nel 1925, un alterco tra i cinesi locali e la polizia Sikh britannica ebbe un'escalation che si trasformò in una guerriglia durante la quale molti cittadini, quasi tutti cinesi, morirono e molti furono feriti.

Kingman era sconvolto. Sentì che la lite era evitabile da entrambe le parti, e agì immediatamente, con qualche successo, come peacemaker. Il Mahatma Gandhi fu solo uno dello straordinario gruppo di luminari a cui scrisse, chiedendo alle figure riconosciute a livello internazionale, tra cui l'ex senatore William Borah, il filosofo Bertrand Russell e il romanziere H.G. Wells, di usare la loro influenza per instaurare una coesistenza pacifica in tutta la zona.

La YMCA ritenne che Kingman, anche se moderato e ben voluto da tutti, era un po' troppo attivista per i loro gusti e cercarono di trasferirlo a Tientsin. Ma Kingman e sua moglie (e in quel momento anche la loro figlia), invece, si presero del tempo libero e viaggiarono per il Giappone nel 1927, dove continuò a insegnare baseball agli impiegati della YMCA. Allenò anche per un breve periodo la favolosa squadra di baseball della Waseda University.

"Ti sono molto grato per la tua lettera. Se riesci a fornirmi ulteriori informazioni di tanto in tanto, sarò ancora più grato. La tua prospettiva sugli affari cinesi sembra essere molto simile a quella mia" - La risposta scritta di Bertrand Russell a una delle molte lettere di Kingman riguardanti la Cina, nel periodo 1925-1926.

Kingman poi accettò un incarico YMCA per svolgere le proprie attività presso l'Università della California-Berkeley, dove soggiornò per 20 anni. Durante questo periodo, Kingman fu anche reclutato come coach per il programma JV di baseball dell'università. Mentre al campus Kingman sviluppò un programma che permise agli studenti poveri di ricevere alloggi in cambio della loro opera di manutenzione cooperativa su quelle abitazioni. Il programma è rimasto ancora in uso al campus fino ad oggi. Nel 1977, uno degli edifici è stato nominato a Kingman.

Durante la seconda guerra mondiale, Kingman lavorò con il governo degli Usa per cercare di dissuaderli dall'internare i giapponesi-americani nei campi di prigionia. Sentiva, per una serie di ragioni, che erano impegnati ad aiutare gli USA contro la tirannia.

Per un po', i Kingmans passarono del tempo a Washington, D.C., per influenzare varie cause che avrebbero aiutato i poveri. Per il resto della sua vita, lavorò per aiutare coloro che erano meno fortunati di lui. Era considerato una persona dall'atteggiamento ragionevole, con grandi abilità di leadership e che eseguiva instancabilmente i suoi compiti. Harry Kingman morì nel 1982 all'età di 90 anni.

E' stato l'unico giocatore della Major League ad essere nato in Cina fino all'arrivo di Austin Brice che è nato nel 1992 a Hong Kong e che gioca ora con i Cincinnati Reds.

Fu sempre conosciuto come un vero gentiluomo. La sua eredità più grande è che era un meraviglioso essere umano.

(*) La YMCA, sigla di Young Men's Christian Association (lett. Associazione Cristiana dei Giovani Uomini), è un'organizzazione cristiana ecumenica che mira a fornire supporto ai giovani e alle loro attività. La YMCA ora fornisce aiuto sia ai giovani uomini che alle giovani donne.

Ogni YMCA regionale gestisce il proprio personale e le proprie finanze. A livello nazionale, le YMCA regionali hanno relazioni soprattutto in termini di strategia globale e di direzione - l'organizzazione è davvero basata sulla comunità e il personale che ci lavora o che la sostiene è costituito da volontari e da impiegati locali. In molte regioni, attualmente, le YMCA locali sono quasi soltanto una comunità di centri sportivi, che poco hanno a che vedere con le origini religiose.

L'uomo di Maui

Chi è stato il più grande atleta hawaiano di tutti i tempi?

Ci sono molti candidati ... Buster Crabbe, Gerry Lopez, il leggendario Duke Kahanamoku ... e diversi altri atleti degni di nota. Ma il più grande atleta nella storia delle Hawaii è ... l'uomo di Maui, Wally Yonamine, lo stupefacente esterno centro dei Yomiuri Giants di Tokyo.

Kaname Yonamine nacque nel 1925 a Olawalu, una piccola comunità proprio lungo la strada per Lahaina. Da giovane, giocò tutti gli sports, soprattutto a football e a baseball. Iniziò la high school a Lahainaluna, ma le sue gesta come running back sul campo da football attirarono l'attenzione dei coaches di Honolulu. Presto si ritrovò nella squadra della Farrington High School, vincendo il campionato nel 1944. All'epoca, adottò legalmente il nome "Wallace" (dal nome di un ex governatore territoriale delle Hawaii, Wallace Farrington). Wally venne poi reclutato nell'esercito U. S., dove giocò a football, baseball e basket.

Lefty O'doul è stato eletto nella Hall of Fame Giapponese per i suoi contributi al baseball locale. Aveva giocato per 11 anni nelle Major League e fu manager nella PCL per 23 anni. O'Doul fece più di 20 viaggi in Giappone come giocatore, manager, consulente e ambasciatore

Quando fu congedato dall'esercito, Wally si trovò di fronte a una scelta: andare nello stato dell'Ohio con una borsa di studio di football, o firmare con i San Francisco 49'ers come running back. Firmò con i 49'ers e giocò con loro nella stagione del 1947. Si ruppe il polso giocando a baseball nell'off-season, e non tornò più con i 49'ers.

Wally Yonamine è stato il primo Giapponese/Americano a giocare per un franchigia della NFL e il primo americano a giocare a baseball professionista in Giappone dopo la seconda guerra mondiale. In questa foto con la casacca dei 49'ers

Quando il polso guarì, provò per il baseball professionistico. I suoi talenti nel baseball furono immediatamente notati dal leggendario Lefty O'Doul, un ex campione di battuta della National League, che aveva contribuito a promuovere il gioco professionistico in Giappone. Negli anni Trenta, guidò delle squadre americane di Major League Stars in Giappone in vari tour barnstorming. O'Doul era al tempo il manager dei San Francisco Seals. Firmò Yonamine e lo mandò ai Salt Lake City Bees, dove Wally giocò molto bene.

Kaname Yonamine con la casacca dei Bees

Uno dei contatti di O'Doul era Matsutaro Shoriki, proprietario dei Yomiuri Giants, la prima franchigia professionistica in Giappone. L'accordo venne stipulato e, nel 1951, Wally Yonamine si trovò come titolare all'esterno centro dei Giants (o, "Kyojin", come sono chiamati in Giappone).

Yonamine era un atleta dotato. Era un ottimo battitore mancino di contatto, che ricordava il versatile Max Carey e il suo approccio in battuta. Yonamine, come Carey, era anche un difensore a livello di gold glove e un corridore molto aggressivo. Infatti, Yonamine cambiò per sempre il baseball giapponese pro, quando iniziò ad eccitare le folle rubando la terza e casa base. Prima di Wally, queste performance non facevano parte delle giocate offensive giapponesi. Yonamine rubò casa base 11 volte nella sua carriera, un record per le Major League del Giappone.

Giocò dal 1951 al 1962 e spinse i Giants a 4 Japan Series championships, vincendo 3 titoli di battuta e il titolo di MVP nel 1957. Yonamin è stato All-Star per 11 anni ed è stato un Best Nine (una Selezione All-Star post-season) 7 volte. È stato eletto nella Japan Baseball Hall of Fame nel 1994 ed è ancora l'unico cittadino americano eletto come giocatore.

I tifosi che lo hanno visto giocare continuano a parlare di come metteva pressione, come coraggiosamente rompeva i doppi giochi, come induceva ai balks i pitchers quando prendeva sulle basi, come trasformava i bunts in doppi e i doppi in tripli e come si tuffava prendendo battute impossibili. La sua stence in battuta, molto vicina a casa base, e l'occhio sulla battuta - una volta colpì 16 foul balls in un at-bat - gli permettevano di colpire valido. Con il suo sorprendente controllo di mazza poteva apparentemente piazzare valide su comando.

Yonamine è salvo a caasa base con un dura scivolata in Gara1 delle Japanese Series del 1951. I Giants continuarono a vincere la serie (4-1) sui Nankai Hawks

Dopo essersi ritirato come giocatore, diventò il primo cittadino non giapponese a dirigere una squadra pro nipponica. Durante la sua vita, ha contribuito a promuovere il baseball giovanile in Giappone, Hawaii e California. Era un grande ambasciatore per lo sport. Yonamine è morto all'età di 85 anni a Honolulu, il 28 febbraio 2011.

Era un giocatore di baseball stupefacente e un essere umano ancora migliore. Wally Yonamine, il più grande atleta delle Hawaii!

L'uomo dalle Hawaii

Tadashi “Bozo” Wakabayashi

Tadashi “Bozo” Wakabayashi era nato a Wahiawa, Hawaii, nel marzo del 1908. Le Hawaii erano appena diventate un territorio U. S. (1898) e l'industria dello zucchero era in crescita. I genitori di Wakabayashi erano emigrati da Hiroshima intorno alla fine del secolo in cerca di una nuova opportunità. Il ragazzo era cresciuto giocando a baseball e frequentava la scuola superiore a Honolulu. Divenne un lanciatore stellare con una fiammeggiante fast ball alla McKinley High School. Dopo la scuola superiore, ha giocato sia come amateur che semi-pro nelle Isole.

Poi nel 1928, fu selezionato per una squadra che andò in Giappone per giocare in un torneo di baseball. Fece delle buone performance e venne reclutato per giocare a baseball alla Hosei University, una delle favolose scuole della Big Six Conference (questa Conference comprendeva Waseda e Keio Universities, istituzione di baseball). Era una spanna al di sopra degli altri giocatori, e le università "lasciate" obiettarono, obbligando Wakabayashi a seguire una sorta di "tirocinio" di lingua giapponese per un anno.

Una volta risolto il problema, Wakabayashi si iscrisse a Hosei e li condusse alle conference championships nel 1930, nel 1932 e nel 1934. Vinse in carriera 87 partite della Big Six Conference - ancora un record! Nel 1931, Wakabayashi si infortunò al braccio. Nonostante questo incidente riprese a lanciare modificando il suo rilascio laterale (vedere il video) e continuò a vincere.

La sua influenza nel gioco professionistico giapponese è sentito ancora oggi: ci sono sempre alcuni top lanciatori che utilizzano il sidearm delivery.

Continuò a giocare a baseball semi-pro in Giappone e poi nel 1936 nella Nippon Professional Baseball, quando fu costituita. Wakabayashi venne prontamente ingaggiato dagli Osaka Tigers, più tardi conosciuti come Osaka Hanshin Tigers. Lanciò per un totale di 13 anni (non si giocò nel 1945 a causa della guerra, e Wakabayashi non riprese la sua carriera fino al 1947, all'età di 39 anni).

Vinse 237 partite ed è stato uno dei tre primi lanciatori superstar nelle Major League del Giappone. Gli altri erano Eiji Sawamura (ucciso mentre serviva in una nave della marina giapponese nel 1944), il lanciatore il cui nome è la versione giapponese del Cy Young Award. Il secondo era Victor Starffin, il russo "Walter Johnson of Japan", che insieme a Wakabayashi furono gli unici lanciatori che vinsero per due anni il premio di MVP (prima del 1950, quando fu istituito il sistema a 2 League).

Wakabayashi era un po' uno spirito libero e aveva un grande senso dell'umorismo, per cui fu soprannominato "Bozo". Era un concorrente feroce sul monte e non concepiva di perdere. Il suo lancio spinse i Tigers al titolo della Nippon Professional Baseball nel 1940 e nel 1944. La sua ERA con i Tigers fu di 1.99 ed è quanto di più buono si possa ottenere.

Quando la Nippon Professional Baseball si espanse e formò 2 league nel 1950, Wakabayashi fu nominato manager dei Mainichi Orions. Alla fine di quella stagione, li aveva guidati al titolo della Pacific League. Giocarono con i campioni della Central League, i Shochiku Robins, e Wakabayashi lanciò nel gara di apertura, all'età di 42 anni, e gli Orions vinsero la prima Serie Giappone!

Tadashi "Bozo" Wakabayashi è stato eletto nella Japan’s Baseball Hall Of Fame nel 1964. Morì di cancro nel 1965, a solo 57 anni. Sarà sempre ricordato come il bambino hawaiano che ha aiutato il baseball professionale giapponese a imporsi sulla scena mondiale!

Lou Boudreau sposta Bob Lemon sul monte nel 1946

Il manager Lou Boudreau è conosciuto per il "Boudreau Shift", il radicale spostamento difensivo progettato per contrastare Ted Williams, ma come Rob Neyer sostiene, trasformare Bob Lemon in un lanciatore potrebbe essere stata la mossa più grande del manager. Lemon arrivò a Cleveland come terza base, ma grazie al suo manager, iniziò a lanciare e portò gli Indians ad una World Series nel 1948.

Il manager Lou Boudreau in posa, con alle spalle una corona floreale a ferro di cavallo, dopo la vittoria di Cleveland in Gara 3 della World Series del 1948

In termini pratici oggi sarebbe impossibile.

Immaginate all'Opening Day un esterno centro nelle Major League che solo poche settimane dopo abbandona la sua position per sempre e diventa, invece, un lanciatore? E per di più, in breve tempo, un lanciatore stellare?

Beh, questo è accaduto nel 1946. E il nostro esterno centro trasformato in lanciatore non solo trasformò i Cleveland Indians del 1948 nei vincitori del pennant e della World Series, ma conquistò in ultima analisi la celebrità con la sua elezione nella Hall of Fame.

Come giovane giocatore delle farms dei Cleveland Indians prima della guerra, Bob Lemon era un outfielder, puro e semplice. In cinque stagioni nelle minor league, aveva giocato solo due volte in major: un inning nel 1938 e un altro nel 1941. Lemon non era un grandissimo prospetto, ma aveva fatto vedere abbastanza nelle minor league per guadagnarsi le chiamate di settembre sia nel 1941 che nel '42. Aveva solo 22 anni nel settembre del '42 e sembrava potesse avere un futuro luminoso nel gioco - come terza base, il suo ruolo primario di allora.

Poi, naturalmente, scoppiò la guerra.

Lemon trascorse tutte le stagioni del 1943, '44 e '45 nella Marina Militare Usa e giocò per alcune eccezionali squadre dei servizi. Aveva giocato abbastanza bene per quelle squadre, contro avversari di alto livello, da guadagnare un invito allo spring training con il big club nel 1946 e il giocatore-manager Lou Boudreau amava quello che aveva visto. Si parlava che Lemon avrebbe giocato in terza base in assenza della stella Ken Keltner, che si rifiutava di sottoscrivere l'ingaggio.

Ma Keltner firmò il suo contratto, quindi la terza base era sua. Però Boudreau preferiva ancora la mazza di Lemon. Perciò, nell'Opening Day Bob Lemon era l'esterno centro degli Indians.

Lemon avrebbe iniziato all'esterno centro in dieci delle prime 12 partite degli Indians … a quel punto era andato 6 su 39 con zero RBI. Dopo pochi giorni come pinch-hitter e pinch-runner, Lemon ottenne altre due partenze al centro del campo, ma stava ancora battendo solo .180, con un singolo RBI nella stagione.

Boudreau staccò la spina. Lemon non avrebbe mai iniziato un'altra partita all'esterno centro nella sua carriera professionale.

Bob Lemon

Lanciò, invece, in 460 partite, vincendone 207 e chiudendo con una targa a Cooperstown.

Lemon aveva lanciato un po' durante la guerra, quando non giocava in terza base, e si era accorto che aveva tirato abbastanza bene. Il 12 maggio 1946, Boudreau mandò Lemon sul monte per gli ultimi tre innings di una sconfitta con largo margine ad opera dei Browns. Andò bene. Sei giorni dopo, lanciò altri sei inning in un'altra sconfitta. Ancora una volta si comportò bene. Lemon sarebbe finalmente entrato in 32 partite come lanciatore, e cinque come partente. Era solido come rilievo, così come starter. Sembrava chiaro che Lemon potesse davvero lanciare efficacemente nelle Majors, ma in quale ruolo?

Alla fine della stagione del 1946, i Reds di Cincinnati licenziarono il manager di lunga data (e futuro Hall of Famer) Bill McKechnie. Quell'inverno, il proprietario degli Indians Bill Veeck assunse McKechnie per servire come uno dei coaches di Boudreau. Ecco cosa disse Boudreau nella sua biografia del 1993:

"Pops, come io chiamavo McKechnie, è diventato un padre per me. Sapeva di baseball così tanto come nessun altro io abbia mai conosciuto, e da allora ha avuto grande influenza su di me e sulla mia carriera. Devo anche dare credito a McKechnie per aver completato la trasformazione di Bob Lemon in uno dei migliori lanciatori degli Indians e del baseball.

Sapevo che Pops aveva fatto di Bucky Walters un grande lanciatore, e che era stato preso dalle farms dei Cincinnati Reds come terza base, proprio come era successo a Lemon con Cleveland.

Avevo visto abbastanza di Lemon nel 1946 per sapere che il suo futuro non era né interno né outfielder, ma lanciatore, e l'ho messo nelle mani di McKechnie.

Pops, gli dissi nello spring training, voglio che tu prenda Lemon dal bullpen, lo guardi, lavori con lui e quando è pronto per essere un lanciatore partente, fammi un cenno".

Mi dispiace deludervi ma mai lasciare che la verità venga nascosta per raccontare una bella storia. Non era successo proprio così a proposito di McKechnie e Bucky Walters. Sì, Walters era arrivato nelle Majors come terza base, ma era stato con i Boston Braves, nel 1931. Poi aveva giocato in terza base per i Red Sox e i Phillies, e fu quest'ultimo club - diretto da Jimmie Wilson - che trasformò Walters in un lanciatore. Nel 1937 con i Phils, Walters fu chiamato nell'All-Star League per la National League. Detto questo, non diventò un grande lanciatore fino al 1939, quando stava giocando per i Reds diretti da McKechnie.

Nel frattempo, Lemon ricordò qualcosa in tal senso ... ma con un coach completamente diverso! "Boudreau mi fece lavorare con Mel Harder, il nostro pitching coach", aveva detto Lemon nell'intervista con Rich Westcott, "Infine, Harder disse a Boudreau: è pronto. Così ho fatto la mia prima partenza. Fu contro Boston. Mi ricordo bene perché era il compleanno di mio padre. Ho lanciato sei o sette inning e abbiamo vinto. Quella fu quasi la fine del mio ruolo come relievo".

Il primo start di Lemon fu contro i Red Sox, a Boston. E mentre non andò sei o sette innings, lanciò nel sesto. Stranamente, non lanciò molto bene; Lemon fu il partente in 15 partite, e probabilmente non fu una delle sue 10 migliori stagioni. Tuttavia, era abbastanza buono per Boudreau.

Una volta entrato di ruolo nello staff, Lemon guardò avanti. Sarebbe rimasto nella rotazione degli Indians per nove anni. Nel 1948, andò 20-14 durante la regular season - e guadagnò la sua prima chiamata delle sette consecutive All-Star - prima di battere i Boston Braves due volte nelle World Series per spingere Cleveland alla loro prima (e ancora sola) vittoria della World Series dal 1920. Dal '48 al '56, Lemon realizzò 21 vittorie e 272 innings per stagione, con entrambi i numeri agevolmente in cima all'AmericanLeague. Nel 1976, Lemon venne eletto nella Hall of Fame.

Lou Boudreau è stato un manager geniale? Quando la gente parla della sua gestione, è quasi sempre per il suo "Boudreau Shift", la disposizione difensiva ideata nel 1946 per contrastare Ted Williams. Ma non abbiamo nessun dato reale sullo shift, quindi è praticamente impossibile sapere quanti punti ha salvato questo spostamento strategico (e non era un'idea nuova; los shift era stato schierato contro lo slugger Cy Cyillies dei Phillies negli anni '20).

Abbiamo tonnellate di dati su Bob Lemon, più che sufficienti per sapere che fu un lanciatore tremendo per lungo tempo e che gli Indians non avrebbero vinto la World Series nel 1948 senza di lui. E così Bob Lemon è probabilmente la cosa più intelligente che Lou Boudreau abbia mai fatto.

I Cleveland Indians vincitori della World Series del 1948

Riferimenti da: Lou Boudreau Shifts Bob Lemon to the Mound in 1946, di Rob Neyer, 14 Aprile 2017 - http://www.thenationalpastimemuseum.com

Il regno dimenticato di Vean Gregg

Vean Gregg nel 1915

Il mancino Vean Gregg dominò le Major Leagues dal 1911 al 1913, nei suoi primi tre anni con gli Indians Cleveland. Gli addetti ai lavori giudicarono che la sua curveball era la migliore del gioco, ma dopo il 1913 il lanciatore non poté mantenerne la consistenza. In questo articolo ricordiamo la rapida uscita di questo giocatore fenomenale da sotto i riflettori della Big League.

Vean Gregg è l'unico lanciatore del ventesimo secolo ad aver vinto almeno 20 partite nelle sue prime tre stagioni nelle Major.

Il 13 ottobre del 1913 un pitcher, di cui pochi fans di oggi conoscono l'esistenza, lanciò una delle più grandi partite che difficilmente si possono trovare in qualche libro dei records.

Era Gara 6 delle partite Inter-City Series e si trattava di vita o di morte per gli Indians. Gli avversari, i Pittsburgh Pirates, erano in vantaggio 3-2 al meglio delle sette partite, nella finale di post season tenutasi periodicamente durante tutti i primi anni del '900. Per i giocatori i cui contratti di un anno erano scaduti all'inizio di ottobre, era la sola possibilità di guadagnare un po' di soldi extra, forse dai 50 ai 100 $ per partita.

Le possibilità degli Indians di rimettere in carreggiata la Series erano flebili, e si rivolsero all'asso 29enne Vean Gregg, che aveva appena completato la sua terza consecutiva stagione con 20 vittorie. Nel corso dei 13 vivaci innings della giornata di ottobre al Forbes Field, Gregg lanciò una shutout concedendo cinque valide e mettendo strikeouts 19 Pirates, tra cui Honus Wagner per due volte nella partita. Nell'inning finale, con la luna che cominciava ad alzarsi e la partita in pericolo di essere sospesa, Gregg colpì un doppio e poi segnò il punto vincente su un singolo al centro.

Nel 1930, l'umpire, e futuro Hall of Famer, Billy Evans scrisse della partita come una delle più grandi che avesse mai arbitrato.

"Vean Gregg dovrebbe essere classificato come uno dei primi cinque mancini nella storia del baseball. Ha sconfitto Rube Waddell quando era al suo meglio, Eddie Plank quando era eccezionale e tutti gli altri grandi mancini degli ultimi 25 anni, ma nessuno di loro può vantare una curveball come quella di Gregg. Quando aveva il controllo, era quasi inafferrabile. La curva di Gregg era una veloce dalla rottura rapida ed era altrettanto sconcertante sia per i battitori destri che per i mancini".

Nell'ottobre 1913, Gregg sembrava potesse diventare una sicura leggenda del baseball, un futuro Hall of Famer se il concetto fosse già esistito. In verità, ci fu solo un modo in cui Gregg continuò la carriera nel baseball: IN CADUTA.

Molti appassionati di baseball conoscono la folgorante ascesa di Dwight Gooden, il fenomeno di 19 anni che debuttò con i New York Mets nel 1984 e andò 58-19 con una ERA di 2.28 nei suoi primi tre anni nelle Major. Gooden aveva realizzato una WAR di 15.6 nelle prime tre stagioni, in cima alla storia del baseball per questa statistica, prima di diventare un tossicodipendente e un esempio da non seguire. Gooden, però, non era il primo del suo genere. La verità è che ogni generazione di baseball ha il suo Dwight Gooden, un talento supremo che viene abbattuto da vari problemi.

Per Vean Gregg, forse la questione fu la salute e un braccio sinistro sempre più debole. O forse il suo problema fu il cattivo uso o semplicemente la mancanza di concentrazione. La prima cosa da sapere sulla carriera di Gregg è che accadde quasi per caso. Cominciò e finì quando Gregg aveva percepito a malapena la grandezza dell'opportunità. Certo, in un'epoca in cui i giocatori facevano una piccola parte di quello che fanno oggi e talvolta guadagnavano più in altre attività che non il baseball, una carriera nel gioco poteva sembrare un lusso incerto.

"Io sono un imbianchino di professione, faccio un sacco di lavoro in appalto, e posso fare 10 dollari al giorno quando gli affari vanno bene", aveva detto Gregg nel 1912, un anno dopo che finalmente era con gli Indians poco prima di realizzare 26 complete games, "A me da sempre piace giocare a baseball e lo considero semplicemente come un problema collaterale".

Allo stesso tempo, l'ex imbianchino fu da subito strabiliante dopo che ebbe finalmente la possibilità di giocare. Iniziò di colpo nelle minor a 24 anni nel 1909, andando 6-13 con Spokane della Northwestern League. L'anno successivo, andò 32-18 con una ERA di 1.52 per Portland della Pacific Coast League. Gregg poi andò 23-7 con un 1.60 di ERA come rookie nella MLB nel 1911, seguito da 20-13 con un ERA di 2.59 nel 1912 e 20-13 con 2.24 di ERA nel 1913.

"Vean Gregg dei Cleveland è uno dei migliori mancini che ho mai affrontato", aveva scritto il seconda base e futuro Hall of Famer, Eddie Collins, per American Magazine nel 1914, "Il miglior complimento che posso fare è di paragonarlo al mancino Walter Johnson. Per Gregg lanciare viene naturale; possiede un'abbondante velocità, ma è la splendida palla curva che lo completa come grande lanciatore".

Collins, che aveva la reputazione di scrivere i suoi articoli senza l'aiuto di un ghostwriter, aggiunse su Gregg: "Se avesse voluto, poteva quasi lanciare quella palla curva attraverso un foro di una tavola. Sembrava che facesse un ghirigoro come la lettera S".

Ma da questo punto, altri problemi stavano cominciando a venire in superficie per Gregg. Il denaro era stato un problema fin dal principio della carriera di Gregg, quando rifiutò nel dicembre del 1910 di presentarsi agli Indians, a meno che non gli fosse dato un salario di 2.400 $ nel suo primo anno. Fu impegnato in prolungati negoziati prima della stagione 1912 per un salario di 3.500 $ e un bonus di 1.500 dollari se avesse vinto 25 partite. A un certo punto dei negoziati, Gregg aveva anche firmato per gestire un ranch in Alberta, Canada, mentre suo padre informò gli Indians che riteneva improbabile che le richieste di stipendio del figlio potessero essere soddisfatte.

Gregg aveva anche evidenziato dei problemi di controllo, concedendo la base su ball a 124 battitori nel 1913, leader nell'American League. Inoltre, si disse che si era scontrato con il giocatore-manager degli Indians Joe-Birmingham. Quindi, il 28 luglio del 1914, gli Indians tagliarono le loro perdite e scambiarono Gregg con i Boston Red Sox.

"Vean Gregg, che è stato sensazionale con Cleveland un paio di anni fa, è arrivato a Boston", aveva riferito il Pittsburgh Press il 13 aprile 1915, "Si dice che il suo braccio sia completamente andato e che è molto improbabile che lanci una partita quest'anno o qualsiasi altro anno. Il suo braccio sembra essere completamente finito per il troppo uso. Gregg ha firmato un contratto di 6.000 $ che riceverà anche se non giocherà una partita di baseball".

Da sinistra: Babe Ruth, Bill Carrigan, Jack Barry e Vean Gregg dei Boston Red Sox nel 1916

Per i successivi due anni, Gregg lavorò solo ad intermittenza, lanciando 152.2 innings. Il braccio poi recuperò, ma il suo carico di lavoro con i Red Sox non aumentò di molto. Dopo la stagione del 1916, Gregg manifestò il suo malcontento.

"Nel batting practice, i giocatori di Boston hanno affermato che posso lanciare molte cose come sempre, ma questo è l'unico posto in cui avrei la possibilità di lavorare", aveva dichiarato Gregg in un articolo del 26 novembre del 1916, "Ogni tanto potrei entrare in una partita, ma poi mi troverei privo di controllo, con i battitori che mi lavorerebbero al limite. Credo che tutto ciò che mi serve è un lavoro regolare per recuperare la mia vecchia forma, ma il lavoro regolare con una squadra con un pitching staff come Boston è un'utopia".

Gregg chiese subito una trade, e Boston lo prestò a Providence della International League. Dopo che Gregg andò 21-9 con una ERA di 1.72 per i Grays nella rinascente stagione 1917, i Red Sox scambiarono Gregg con i Philadelphia Athletics. A questo punto, però, Gregg stava perdendo interesse nel baseball. Il Gregg di 33 anni andò 9-14 con un ERA di 3.12 per gli A's nel 1918 prima di smettere e tornare al ranch. Connie Mack tentò di contattare Gregg nel 1919 perchè ritornasse, ma senza alcun risultato.

"Connie chiaramente non ha né il tempo né l'inclinazione a viaggiare nel Montana come fece il manager Miller Huggins quando andò nel Maryland per convincere Frank Baker a tornare, quindi Connie non ha idea di cosa stia disturbando Gregg", fece notare il Winnipeg Tribune, "La prossima mossa spetta a Vean".

Nell'agosto del 1921, Gregg riemerse, firmando un contratto con gli Edmonton Eskimos della Western Canada League. L'Associated Press, nel segnalare la firma del contratto, fece notare che Gregg aveva lanciato in un circuito indipendente all'inizio dell'estate. Pochi mesi dopo, Gregg firmò con i Seattle Indians della Pacific Coast League, dove passò tre stagioni, raggiungendo il massimo nel 1924 quando andò 25-11 con una ERA di 2.90. Il suo lavoro gli avrebbe guadagnato l'anno successivo un richiamo da Clark Griffith e Bucky Harris dei Senators di Washington.

"Vean sembra avere più cose di prima", aveva scritto il giornalista sportivo Norman E. Brown, della stagione 1924 di Gregg, "Ha lavorato facilmente e seriamente. E' su consiglio di amici della costa che Griffith e il manager Harris hanno deciso di potergli dare almeno un buon anno".

Ahimè, Gregg lottò con il suo controllo con Washington nel 1925 e ritornò nelle minor. Venne ceduto a Birmingham la stagione successiva, ma annunciò, invece, che aveva chiuso con il baseball organizzato e che avrebbe aperto un business e lanciato semiprofessionalmente a Hoquiam, Washington. Gregg era Gregg e continuò a lanciare professionalmente, anche se da allora le sue giornate di gloria erano oramai tutte dimenticate.

Baseball Magazine luglio 1925

Riferimenti da: The Forgotten Reign of Vean Gregg, di Graham Womack, 7 giugno 2017 - http://www.thenationalpastimemuseum.com

Il misterioso collasso dei Cubs del 1969

In questo articolo analizziamo lo scioccante collasso dei Cubs nella parte finale della stagione del 1969 - una dei crolli più sconcertanti della storia del baseball - che lanciò al pennant della NL i New York Mets.

Leo Durocher non era gradito a tutti. Era conosciuto per essere inavvicinabile e non gli piaceva che qualcuno lo contestasse. I giocatori non sempre apprezzavano il suo stile manageriale e ciò creò disarmonia nel team dei Cubs nel 1969

Nel giugno del 1969 i Chicago Cubs erano la migliore squadra della MLB e non sembravano avere molto concorrenza nella National League. I St. Louis Cardinals, due volte vincitori del pennant nei due anni precedenti, stavano passando un brutto momento e stavano per essere smantellati. I Pittsburgh Pirates e i Cincinnati Reds erano in crescita ma non ancora abbastanza, e lontani erano pure i perdenti New York Mets, che nessuno aveva osato affiancare ai pronostici come vincitori delle World Series.

Sì, la porta della postseason sembrava aperta per i Cubs! Così tanto che uscendo dal campo dopo un'altra vittoria in recupero, il terza base Ron Santo saltò in aria e sbattè i talloni contemporaneamente. Un'immagine che rimane un'icona nei documenti fotografici del baseball.

Al manager Leo Durocher era piaciuta la trovata tanto quanto l'applauso del fedele Wrigley Field, dicendo a Santo di "farlo dopo ogni nostra vittoria".

Ron Santo (# 10) e il suo famoso kick del 1969

Se solo i Cubs avessero saputo cosa stava per arrivare! La crew di Durocher si sarebbe nascosta nell'ombra invece di saltare per la gioia. I Cubs del '69 stavano per sopportare uno dei crolli epici nella storia del baseball.

Chicago partì a razzo in quella stagione, vincendo 11 delle sue prime 12 partite per aprire un distacco precoce sui Pittsburgh Pirates nella nuova NL East Division. A giugno, i Cubs avevano un vantaggio di nove partite mantenendolo fino a metà agosto. Gli interni del team Randy Hundley, il prima base Ernie Banks, il seconda base Glenn Beckert, lo shortstop Don Kessinger e il terza base Ron Santo erano andati all'All-Star Game a Washington. Al Midsummer Classic c'erano così tanti Cubs che non c'era stato spazio per due futuri Hall of Famers, Billy Williams e Ferguson Jenkins, dei Cubs.

"Non c'era modo di non vincere", aveva dichiarato alla MLB.com Santo decenni dopo.

Eppure pochi nel mondo del baseball avrebbero potuto prevedere la rimonta dei New York Mets. Il 16 agosto, i Cubs erano 31 partite sopra a 500 (75-44). Poche settimane dopo, il 2 settembre, avevano migliorato quel record portandosi a 32 partite sopra a 500, solo per vedere il loro vantaggio sugli arrembanti Mets ridotto a sette partite di differenza, con 26 partite ancora da giocare.

Durante quel tratto, grazie in gran parte alle performance dei pitchers Tom Seaver e Jerry Koosman, i Mets erano andati 15-4. New York avrebbe chiuso la stagione vincendo 39 delle loro ultime 50 partite.

Solo nel loro ottavo anno di esistenza, i Mets avevano perso 737 partite spingendo l'ex manager Casey Stengel a dire: "Non è possibile che nessuno qui giochi a questo gioco?".

Ma i Mets si erano uniti come una vera squadra la stagione precedente con il nuovo manager Gil Hodges. Il giorno dopo che Robert Kennedy fu ucciso all'Ambassador Hotel di Los Angeles, i Mets dovevano giocare a San Francisco. Dopo la morte di Kennedy, il presidente Lyndon Johnson proclamò una giornata nazionale di lutto. Mentre il Commissioner William "Spike" Eckert ordinò il rinvio delle partite a New York e a Washington, lasciando alle altre franchigie di scegliere se giocare o meno. A San Francisco c'era il Bat Day, con una forte affluenza di pubblico prevista al Candlestick Park. Ciò nonostante presso l'hotel dove erano alloggiati i Mets, Hodges disse ai suoi giocatori di non andare allo stadio. Anche se avessero dovuto perdere la partita, non avrebbero giocato quel giorno.

Frank Mankiewicz, segretario stampa di Kennedy, inviò un telegramma a Hodges per l'intera squadra dei Mets: "Ti prego di accettare la mia ammirazione personale per le tue azioni", era scritto, "Il senatore Kennedy ha veramente goduto degli sport competitivi, ma dubito che avrebbe anteposto il denaro guadagnato dalle vendite di biglietti al lutto nazionale".

Il lanciatore Nolan Ryan, che era stato uno dei giovani lanciatori raccolti dai Mets all'epoca, prese posizione aiutando la squadra a unirsi: "Da allora in poi, ci coprimmo le spalle a vicenda".

Nel 1969, nell'ultima parte della stagione, le mazze dei Cubs andarono in slump collettivo e il loro bullpen si sciolse perdendo otto partite di fila, 11 su 12. La loro possibilità di finire primi per la prima volta in 24 anni iniziò a perdere consistenza quando i Mets si posizionarono a mezza partita dal primo posto.

Ai limiti delle proprie risorse mentali su cosa fare, l'esterno Billy Williams entrò nella club house e con una saponetta scrisse "17.000 dollari" sullo specchio.

I giornali di Chicago avevano invitato Banks, Hundley e altri Cubs a scrivere degli articoli, ma furono ben presto cestinati.

Il 9 settembre, in una partita topica allo Shea Stadium, Santo si trovava nell'on deck circle quando entrò in campo dal nulla un gatto nero e girò attorno a lui mentre aspettava il suo at-bat

Nella partita fondamentale del 9 settembre contro i Mets, Seaver sconfisse Jenkins, che stava lanciando con due soli giorni di riposo. La mossa sorprendente di Durocher sembrò disperata. E se non fosse stato sufficiente, un gatto nero entrò in campo durante la partita allo Shea Stadium di New York. Passò davanti a Santo, che si trovava nell'on deck circle, e poi scappò nel dugout dei Cubs.

"Non ho pensato a niente", disse Santo dopo, "Mi ha girato attorno e poi è entrato nel dugout, guardando dritto Leo e andando sulle tribune".

Questa foto ha fatto il giro del mondo diventando un'icona delle maledizioni che gravavano sui Cubs. "The Magic Number Here is 13" titolò il Chicago Tribune.

"Molte persone dicono che abbiamo bisogno di più riposo, la panchina, il gatto nero a New York, e altro ancora", aveva detto Banks, "ma non è la pressione o attività esterne o qualcosa del genere. E' paura. Quando non vinci è spaventoso ma questa è la vita".

Tanto che il giocatore soprannominato "Mr. Cub" aveva avvertito alcuni dei più giovani Cubs su come questa stagione sarebbe andata. Banks ne parlò con il lanciatore Ken Holtzman, che aveva perso più di 20 pounds (9 Kg) durante quella stagione in cui aveva lavorato sodo.

Banks disse a Holtzman dopo una partita a Pittsburgh: "Non ce la faremo a vincere".

Quando l'incredulo Holtzman chiese perché, Banks rispose: "Perché abbiamo un manager e tre o quattro giocatori che sono là fuori in attesa di essere sconfitti".

"Non lo dimenticherò mai", disse Holtzman decenni dopo, "È stata la dichiarazione più seria e sobria che abbia mai sentito da Ernie Banks".

Queste parole furono profetiche nel momento in cui i Cubs caddero in caduta libera. A differenza dei Dodgers del 1951, i Red Sox del 1978 o del 1995 - tutte le squadre che avevano avuto almeno otto partite e mezza in agosto si erano costantemente lanciate a chiudere la stagione - Chicago andò sotto e non risorse più.

I Mets vinsero la Division con otto partite sui Cubs e continuarono eliminando gli Atlanta Braves e poi i Baltimore Orioles in cinque partite nella World Series.

La battuta di tacchi di Santo, la danza vittoriosa che il suo manager una volta aveva così amato, si concluse quando i suoi compagni di squadra gli dissero di smettere di farlo.

"L'effetto del crollo influenzò molto la mia vita", disse Santo, "Innanzitutto, è stata la prima volta che mi hanno contestato. Pensavamo che avremmo avuto una squadra sufficiente per vincere l'anno successivo, e poi l'anno dopo, ma non l'abbiamo fatto".

Riferimenti da: The Mysterious Cubs Collapse of 1969, di Tim Wendel, 4 settembre 2017 - http://www.thenationalpastimemuseum.com

Nel linguaggio sportivo, la Kangaroo Court (o sistema della multa) è una parodia del sistema di giustizia in cui i giocatori vengono multati per un comportamento irregolare dentro o fuori dal campo. Segue il principio radicato nel tempo (ed alcuni potrebbero dire draconiano) che si è colpevoli fino a che non si dimostra l'innocenza. Suona un po' triste? Certamente .... ma può essere anche molto divertente quando viene applicato in un team sportivo o in una qualsiasi squadra in cui è possibile commettere degli errori e per questo essere giudicati!

Il baseball è un gioco in cui l'errore viene conteggiato come i punti, le valide gli RBI e tanto altro, e non è banale. Non solo appare sul gigantesco tabellone luminoso sul campo, ma anche nelle statistiche e nella storia del gioco. L'esempio che viene in mente immediatamente è l'errore di Bill Buckner alla World Series del 1986 (il famoso rolling tra le gambe).

L'errore si attacca alla pelle del giocatore per anni e non lo lascia andare, rendendo secondaria anche la sua performance in carriera!

Alla fine è uno sport di squadra in cui l'errore lascia una traccia.

Al di là delle statistiche indelebili e della sezione "E" di ciascuno, c'è un rituale, un'abitudine nel baseball: pagare per i propri errori!

Ecco perchè venne creata la Kangaroo Court!

Se volete scoprire la definizione della Kangaroo Court, andate su Wikipedia - in particolare la parte relativa alle squadre sportive. Il concetto è che durante la stagione la squadra ha uno o più "Sceriffi" o "Giudici", che annotano ogni volta che qualcuno commette un errore o fa qualcosa d'altro di abbastanza notevole da giustificare la possibilità di una punizione. Chiunque nella squadra può indicare altri giocatori perchè vengano multati, ma deve essere riferito allo sceriffo per assicurarsi che siano registrati.

Alla fine della stagione, o addirittura in precedenza, a seconda di quante ammende ciascuno ha, la squadra si riunisce nella "Court Session" (sessione della corte), in cui ogni giocatore paga per i suoi "reati" durante la season. Le sessioni possono essere tenute a metà stagione, o ogni volta che lo Sceriffo o la squadra lo ritenga necessario. Di solito questo si riduce ad una bevuta, per esempio: 1 multa = 1 drink, tuttavia le ammende possono anche essere rimborsate in altri modi a seconda di come la squadra vuole fare le cose. Per esempio. 1 multa = 1 $ (per comprare roba per la squadra, per raccogliere fondi e donarli alle associazioni caritatevoli) o in una squadra molto severa, 1 multa equivale ad 1 km di corsa lungo la pista!

Un altro aspetto da notare è che quando il tribunale è in sessione, il resto della squadra può influenzare se un giocatore debba essere punito per un'infrazione. Per esempio se lo sceriffo espone una delle multe e la squadra non è contenta, possono richiedere che sia rimessa in discussione - la classica mentalità del branco in azione! Ecco perché è spesso utile avere presente una "giuria imparziale", di solito composta da un paio di amici che possono ascoltare sia lo Sceriffo che la versione del giocatore, e raggiungere un verdetto. Il 99% del tempo sarà generalmente consumato dal giocatore che sprecherà il tempo per litigare con tutti! Tuttavia, nel raro caso in cui il verdetto venga ribaltato, lo Sceriffo può essere accusato di corruzione e debba pagare una dura penalità.

Di solito è compito dello "Sceriffo" o "Giudice" di mantenere l'ordine presso la Corte e se decide che le cose stanno andando lentamente, o che alcuni giocatori stanno tergiversando, possono dispensare una giustizia sommaria.

Frank Robinson fu il primo grande giudice della Kangaroo Court nella clubhouse dei Baltimora Orioles alla fine degli anni '60: indossava un mocio come copricapo prima delle partite per presentare le prove e imporre le multe, che venivano messe da parte per le feste della postseason. Robinson raccontò a USA Weekens nell'aprile del 1993: "Se sbagliavi nella partita, i tuoi compagni di squadra ti riprendevano al posto del manager. Restavi sereno ma potevi imparare ancora dai tuoi errori".

Frank Robinson giudica il compagno di squadra Davey Johnson nella Kangaroo Court del 1966

Ma ci sono moltissimi altri aneddoti nella storia delle Kangaroo Court, tutt'ora in attività nelle franchigie della MLB e delle Minor.

Benvenuti in un'altra sessione della Kangaroo Court !!!

Stella o riserva, autista o bat boy, nessuno è al di sopra del bizzarro bastone della giustizia del baseball. E niente resta inosservato - perdere un segnale, far cader un foul ball, indossare un brutto vestito.

Don Baylor "Giudice" della Kangaroo Court

A volte, non ci vuole molto. Nel 1983, il "giudice" dei New York Yankees, Don Baylor, multò il coach Don Zimmer. Perché?

"Solo per essere Don Zimmer", disse Baylor.

Una volta, il manager di San Francisco Roger Craig venne multato per aver incassato una ricevuta del taxi dopo che un altro passeggero aveva pagato la tariffa.

Alejandro Pena dei New York Mets venne multato per essersi stretto la mano con Dave Magadan, pensando che la partita fosse finita.

Steve Finley degli Houston, dopo aver aiutato la squadra a battere New York, fu penalizzato per essersi comportato da traditore partecipando alla trasmissione radio del dopo partita dei Mets.

Vince Coleman fu accusato di complotto. All'inizio della stagione del 1991, prestò il suo guanto a Willie McGee dei San Francisco, un ex compagno di squadra, a cui avevano rubato la sacca dell'attrezzatura allo Shea Stadium. Coleman fu multato 10 dollari per ogni palla che McGee aveva preso al volo: costo totale: $ 30.

Risate a parte, queste riunioni creano un tavolo di incontro per le questioni del team.

"Penso che sia una buona idea. Si tratta di situazioni che coinvolgono piccole cose e che il manager a volte non vuole trattare", disse il manager Joe Torre.

Spesso, le questioni sono veramente così piccole ma le multe possono essere anche pesanti.

Albert Bell dei Cleveland venne spedito nelle minor per non aver corso su una ground ball. Gli Indians poco dopo istituirono una "corte" per il controllo.

"Ci prenderemo cura se accadrà di nuovo", disse il catcher degli Indians Sandy Alomar Jr., "Se non correrà, gli prenderemo un sacco di soldi. Il manager non dovrà dire nulla. Tutti glielo diranno in faccia".

Ma, come riconosce Baylor, "Ogni squadra non può fare questo tipo di cose. I ragazzi devono essere in grado di accettare le critiche in allegria, ma penso che sia qualcosa che aiuta a unire una squadra".

I procedimenti possono essere fatti nel buon umore, ma i giudici prendono seriamente le loro mansioni.

"Non ho mai permesso alcun linguaggio volgare nella mia corte", disse Tom Foley, giudice dei Montreal Expos, "Nessuno dice qualcosa di impudente quando non ha l'autorità per farlo".

Don Baylor, ex giudice di Oakland, Baltimore, Boston e New York, aveva anche governato con una mano di ferro.

Multò Mark McGwire a Oakland con l'accusa di "non vestirsi con gli standard della Major League".

"Ralph Lauren non sarebbe stato orgoglioso", aveva detto Baylor, "Striscie in un modo ... con strisce in un altro senso, una cravatta con una giacca di pelle. Oh ... Dio, se fossi rimasto qui, non gli sarebbe rimasto più un centesimo".

I giudici vengono nominati dai loro predecessori. Baylor era stato scelto come giovane giocatore nel 1972.

"Ho preso ll ruolo da Frank Robinson a Baltimora, che era all'epoca in carica", disse Baylor, "Frank era duro, ma giusto".

Robinson si insediò dopo una trade da Cincinnati prima della stagione 1966. Ebbe il credito di dare a tutti il senso dell'unità di squadra.

Anche i batboy venivano giudicati.

Jay Mazzone batboy dei Baltimore Orioles

Jay Mazzone non era un bat boy ordinario. Le sue mani erano così gravemente bruciate in un incidente quando aveva 2 anni che dovettero essere amputate. Fece il bat boy dal 1967 al '72 con delle protesi di metallo. Lui e Robinson erano buoni amici, ma all'inizio molti giocatori non sapevano come trattare Mazzone.

"Frank Robinson ruppe il ghiaccio", disse Mazzone, "Stava officiando la sua Kangaroo Court e chiamò al voto i giocatori, sia per multare o meno qualcuno". Dopo la votazione disse: "Jay, tu sei penalizzato per non aver votato. Tutti risero. Dopo di che, sono stato trattato come tutti gli altri".

Qualcuno mi fece anche una grande mano di cartone con un pollice", continuò Mazzone, "per poter partecipare ai voti futuri".

C'è un senso di calma nell'aula tra la follia generale. I giudici, come Daryl Boston dei Mets, indossavano una parrucca e abiti cerimoniali. Ci sono giurie di colleghi, delle multe, degli appelli.

Beh, non molti appelli, in verità.

"Certo, potrebbero appellarsi, ma se perdono, pagano due volte l'ammenda originale", aveva detto Foley.

Il pitcher Ron Guidry non voleva un processo. Sapeva che sarebbe stato colpevole.

"Se un lanciatore concedeva una valida sul conteggio di 0-2, veniva multato di 25 $ a base", ricordava Baylor, "Una volta, Guidry diede 100 dollari prima che iniziasse la stagione perché disse che avrebbe lanciato strike anche sul conteggio di 0-2, e questo sarebbe stato un acconto".

Gli errori vengono annotati in modo che nessuno sfugga indenne.

Disse Foley: "Di solito nominiamo un segretario che tiene conto di tutte le violazioni e le multe. Tutte le multe devono essere pagate prima della prossima partita".

Le buone cause abbondano del denaro raccolto.

"Prendiamo i soldi della corte e li dividiamo tra i bat boy", disse Foley.

Baylor disse che il denaro andava in parte per la festa della squadra e una parte in beneficenza.

In alcune sedute, i giocatori vengono anche premiati.

"Due premi che abbiamo dato regolarmente sono stati un guanto malconcio con il palmo tagliato e dipinto d'oro", raccontava Baylor, "Questo veniva dato al giocatore per una buona giornata in difesa. Se un giocatore aveva avuto una giornata eccezionale in battuta, gli veniva consegnato un guanto malconcio senza i lacci".