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Il secondo dietro a Joe DiMaggio Il manager dei San Francisco Seals Lefty O'Doul (al centro) con le stelle della PCL Joe Marty (a sinistra) e Joe DiMaggio (a destra) nel 1935 Secondo la biografia definitiva di Richard Ben Cramer su DiMaggio, The Hero's Life, quando i San Francisco Seals cedettero Joe DiMaggio ai New York Yankees, il 21 novembre 1934, ottennero un'opzione per l'acquisto, prima della fine della stagione 1935, di 25000 $ e cinque giocatori che sarebbero stati nominati in seguito. Di Maggio a 18 anni aveva colpito .340 con una striscia di 61 partite con almeno una valida nella Pacific Coast League durante la stagione del 1933. Ma le sue azioni crollarono dopo che si distorse il ginocchio scendendo da un taxi nel maggio del 1934, e restò fuori per il resto della stagione. "Pochi club si preoccupano di scommettere su di lui in questo momento perché si è gravemente ferito al ginocchio la scorsa estate e nessuno sa se e quando sarà del tutto a posto", scrisse Tommy Holmes il 22 novembre 1934 per il Brooklyn Daily Eagle, "Ma gli Yankees possono permettersi di rischiare". Anche se DiMaggio continuò la stagione PCL nel 1935 come MVP, colpendo .398 con 270 valide, i giornali del tempo osservarono come gli Yankees avevano aspettato fino a poche ore prima della scadenza della mezzanotte del 10 settembre 1935, per chiudere l'affare. The Sporting News aveva dedicato il 26 dicembre 1935 la storia del battage pubblicitario su DiMaggio rapportandola a quella di Paul Strand, una leggenda della PCL che fallì nelle majors. Gli Yankees, naturalmente, ottennero tutto quello che avevano pagato e anche di più, con DiMaggio che colpì .323 con 29 homers nella sua stagione da rookie e aiutò New York a vincere il primo dei quattro championships consecutivi. Nel frattempo per comparazione, a San Francisco, un ex compagno di squadra di DiMaggio sbocciò risultando il leader della PCL con .359 di media battuta. Non molte persone al di fuori di Sacramento, in California, la città natale di Joe Marty lo ricordano più, ma per un certo tempo molte persone discussero se sarebbe stato migliore di Joe DiMaggio. Spesso i posteri smentiscono tutti i tipi di proclami altisonanti e le annotazioni di Joe Marty nella storia della Major League, riportano che colpì .261 dal 1937 al 1941. I dati sabermetrici disponibili tramite Baseball-Reference.com dipingono un quadro di Marty ancora più tetro, con un Wins Above Average di -4.3 in carriera, che eguaglia il 23° peggiore nelle majors negli anni in cui giocò. Di Maggio nel frattempo aveva 27.9 Wins Above Average sopra la media in quel lasso, il migliore del baseball. Dopo una pausa di quattro anni per la seconda guerra mondiale, Marty continuò con un certo successo come giocatore-manager con i Sacramento Solon della PCL, gestendo un bar e un ristorante nei pressi del campo da baseball. Ma non si avvicinò mai a soddisfare le aspettative dopo che i Seals lo vendettero il 1 dicembre 1936 ai Chicago Cubs per 50000 $ e quattro giocatori alla minor league convenzionata a Montreal. "Marty ha le capacità per essere uno dei più grandi outfielders di tutti i tempi" disse il suo manager dei Seals, Lefty O'Doul, a un giornalista della United Press nel mese di gennaio del 1937, "Perché, se io avessi avuto le capacità di quel ragazzo, quando ero in major league, avrei battuto .400 e non sarei mai uscito dal circuito". Nel 1984, poco dopo la morte di Marty avvenuta a 71 anni, il giornalista Bill Conlin del Sacramento Bee scrisse che O'Doul disse che Marty era un prospetto migliore rispetto a DiMaggio. Conlin potrebbe aver esagerato per amore di Marty, un suo vecchio amico. Nella ricerca di questo pezzo nei giornali e negli archivi di Sporting News, non sono state trovate citazioni da parte di O'Doul su Marty come migliore prospetto su DiMaggio. Ma O'Doul protesse Marty sotto certi aspetti. "Lui ha un enorme potere nelle sue spalle, più di Di Maggio", disse O'Doul a un giornalista nel mese di agosto 1936, "Marty è uno degli uomini più veloci della League. Il suo braccio di tiro non è buono come quello di Di Maggio, ma lui è un corridore migliore sulle basi e copre più terreno in difesa. Egli farà un bel chiasso nel Big Show". Altri potrebbero aver considerato Marty un prospetto migliore. Un giornalista di nome Phil Sinnott scrisse di Marty per tutto il tempo della sua cessione, "È migliore del suo ex compagno di squadra italiano? È possibile sostenere un dibattito da entrambi gli angoli qui sulla costa, dove si muove tutto, tranne le navi". Segni di difficoltà emersero ancora prima della vendita di Marty. Sam Jackson della Associated Press aveva scritto nella primavera del 1937 circa le differenze che O'Doul fece dopo essere diventato manager dei Seals nel 1935. "Il manager O'Doul ha dato alcuni consigli paterni a Marty, poiché ha giocato nelle major lui stesso e vuole che il suo protetto si convinca che lui è buono come i suoi compagni e forse molto meglio", aveva scritto Jackson, "Lui sa che la psicologia è la cosa più importante nel caso di Marty". Joe Marty, a sinistra, con il dott. Andy Lotshaw e Jeorge Stainback, a destra, durante lo spring training del 1938 a Santa Catalina Island, California Holmes aveva scritto per il Brooklyn Daily Eagle il 12 gennaio 1937, che O'Doul considerava Marty e il fratello minore di DiMaggio Vince i migliori prospetti per la successiva stagione. Ma Holmes aveva aggiunto "C'è una sensazione diffusa là fuori che Marty soffra di un complesso di inferiorità rispetto a DiMaggio. Hanno giocato insieme per due stagioni e le medie di Marty sono state di .269 e .289. Poi, quando DiMaggio è stato ceduto, Marty è uscito ed è diventato leader della League". Il 7 gennaio 1937, Ed R. Hughes, che aveva scritto di Marty e DiMaggio per il San Francisco Chronicle, confrontò i due per The Sporting News. "Marty e DiMaggio sono ben lungi dall'essere uguali", scrisse Hughes, "Di Maggio avrà un grande successo ad un ritmo costante e non importa quando le cose cambieranno improvvisamente. Marty ha i suoi momenti. Quando è su una baldoria di battuta, uccide qualsiasi tipo di lancio. Ma altre volte, non sembra così buono". Anche i Seals esortarono alla cautela. Quando Henry Super della United Press chiese nel gennaio del 1937 perché non avesse considerato Marty un prospetto migliore di DiMaggio, O'Doul disse, "La malinconia del ragazzo. Può colpire come un pazzo. E' un grande difensore. Ha un braccio forte e copre la sua posizione molto velocemente. Ma quando entra in crisi non può uscirne. Tiene il muso e si preoccupa. Questo è un cattivo stato d'animo per un giocatore. Direi che gli manca lo spirito. Prendete Joe DiMaggio, lui è un iceberg. Nulla mai lo scompiglia. Non rinuncia alla lotta e quando le cose si fanno difficili egli si piazza proprio lì e va a lavorare. Marty è l'opposto". O'Doul si entusiasmò troppo su Marty dopo che i Seals lo vendettero alla minor league di Montreal, dove Marty e il futuro Hall of Famer Bobby Doerr furono i primi ad essere ceduti alla franchigia. Altri furono meno innamorati di Marty. Il Brooklyn Daily Eagle riportò che uno scout disse "Sarà lui a perdersi sulla strada da casa allo stadio". L'ex lanciatore Dutch Ruether disse a Eagle che Marty avrebbe dovuto dimostrare più di quello che aveva fatto vedere nella PCL per avere successo nelle majors. Joe Marty Per un certo tempo, Marty sfidò gli scettici, diventando l'esterno centro titolare all'inizio della sua stagione da rookie con i Cubs. Lottò inizialmente, sgridato dal manager Charlie Grimm, dopo una sconfitta con i New York Giants il 22 maggio 1937, in cui un suo errore da corridore costò il punto del pareggio alla fine della partita. "Aveva gli occhi tristi e l'espressione di disapprovazione", scrisse il giornalista George Kirksey citando Grimm mentre diceva a Marty, "Io non voglio il tuo tipo di giocatore qui intorno. Preparati a tornare a casa". Ma dopo, Grimm disse ai giornalisti che Marty sarebbe rimasto nel lineup a causa della sua compostezza durante la filippica. Come ripreso da nuova energia, Marty salì tra i leader in gara per la media battuta della NL. "L'esterno centro rookie, Joe Marty, sembra essersi scrollato di dosso la maledizione di essere chiamato il Joe DiMaggio della National League e sta vivendo finalmente la vita a cui era abituato nella scorsa stagione nella Pacific Coast League", così scrisse il giornalista Harry Grayson in un pezzo pubblicato il 24 giugno 1937. Kirksey scrisse una storia altrettanto positiva l'11 giugno 1937, osservando l'incoraggiamento costante del compagno di stanza di Marty nelle trasferte, il veterano lanciatore Tex Carleton. Marty finì la sua stagione da rookie battendo .290, aiutando i Cubs a conquistare il secondo posto. Scivolò a .243 nel 1938. Anche se riuscì a battere un homer nelle World Series del 1938, dove DiMaggio e gli Yankees spazzarono i Cubs, Marty rimase indietro ancora una volta nel 1939. Dopo aver iniziato la stagione con 4 su 45 al piatto, Marty rimase in panchina ai primi di maggio insieme ai compagni di squadra Billy Herman e Hank Leiber, presumibilmente perchè non batteva. I Detroit Tigers avevano rifiutato di firmare Marty mentre era nella PCL a causa dello stesso problema. Altri fattori potrebbero aver afflitto Marty. Alan O'Connor scrisse nel suo libro della storia del baseball a Sacramento, Gold on the Diamond, che Marty una volta trasformò un doppio sicuro in un singolo quando si fermò in prima base per occhieggiare l'attrice Tallulah Bankhead che era seduta in prima fila. O'Connor aveva anche condiviso una citazione di Marty che fece, dopo la fine della carriera, a uno scrittore della rivista di Sacramento dicendo che i Cubs erano la sua squadra del cuore nelle Majors "perché i bar di Chicago non chiudono mai". Il 29 maggio 1939, i Cubs scambiarono Marty e gli altri due giocatori con i Philadelphia Phillies per il futuro all-star lanciatore Claude Passeau. I Phillies di quegli anni erano perennemente all'ultimo posto dove l'invecchiamento e i giocatori mediocri erano spesso presenti e dove la cosa migliore che un giovane e brillante giocatore potesse sperare era quella di essere venduto perchè la squadra aveva sempre bisogno di soldi. Per un giocatore come Marty, che aveva bisogno di un ambiente che lo sostenesse, c'erano poche destinazioni peggiori. Mentre Marty accettò il suo trasferimento come un normale corso degli eventi, fornendo un tasso di produzione offensivo leggermente sopra la media della League con i Phillies, nessuno lo paragonò più a Di Maggio in quel momento e il suo mandato era oramai scaduto. Dopo che Marty prestò servizio militare dal 1942 al 1945, giocando nelle squadre USO durante la Seconda Guerra Mondiale, i Phillies lo tagliarono durante lo spring training del 1946. In ogni caso, Marty non poteva essere curato. Secondo quanto riferito, solo più tardi nella vita constatò che non essere tornato nelle major non gli aveva permesso di ottenere la pensione. Nelle World Series del 1938, Joe Marty (fila centrale, il primo a sinistra) è stato il leader dei battitori dei Cubs. Ha battuto sei valide in 12 at-bats, cinque RBI, e ha segnato uno dei nove punti del team CHI E' IN PRIMA? La farsa che aiutò i PIRATES a realizzare il record Cincinnati Reds del 1902 La mattina del 4 ottobre del 1902, i Pittsburgh Pirates erano nell'olimpo delle più grandi squadre di tutti i tempi con 102 vittorie. Con una sola vittoria avrebbero stabilito il nuovo record della Major League per il numero di vittorie in una sola stagione. Solo i Boston Beaneaters del 1892 e del 1898 avevano vinto il maggior numero di partite, e i Pirates dovevano vincere solo la loro partita finale della stagione '02 per diventare la prima squadra della Major League con 103 vittorie. Realizzarono il loro record dopo aver battuto i Cincinnati Reds, 11-2, ma solo dopo otto inning e mezzo di partita che fu descritta come "farsesca" e "vergognosa", in cui il proprietario dei Pirates, Barney Dreyfuss, accusò i Reds di condotta disdicevole. "Trattata come una partita di baseball la storia non vale la pena di 10 righe", scrisse il Cincinnati Enquirer. I Reds avevano ben poco da giocare. Erano saldamente al quarto posto con un record di 70 vittorie, 69 sconfitte e un pareggio. Erano 32 partite e ½ dal primo posto con una sola partita ancora in programma. Infatti, fatta eccezione per i Pirates, che avevano 27 partite dal loro concorrente più vicino, i Brooklyn Superbas, nessuna delle squadre della National League aveva qualcosa da giocarsi. Eppure, nonostante un diamante infangato dalla pioggia caduta costantemente durante la notte e che ancora perdurava a mezzogiorno, Dreyfuss insistette che la partita doveva essere giocata non appena la tempesta fosse cessata e che i suoi giardinieri avrebbero messo il campo in forma. Il magnate voleva assolutamente il record delle vittorie ed era disposto a fare quello che ci voleva per entrare nel libro dei records. Casa base e il monte erano stati coperti da pesanti teloni, e il Pittsburgh Press scrisse "Il campo era pesante, ma più di una partita è stata giocata all'Exposition Park quando il diamante era altrettanto morbido". Joe Kelley, il terzo dei tre manager dei Reds quell'anno, non era entusiasta all'idea e pensò che il gioco avrebbe dovuto essere annullato. La stampa riferì che i giocatori dei Reds speravano in una cancellazione in modo da poter andare a scommettere sui cavalli. Quando Kelley realizzò che la partita stava per essere giocata a tutti i costi, decise di trasformarla in una commedia. Dopo l'ultimo posto finale nel 1901, i Reds speravano che il giocatore-manager Joe Kelley potesse cambiare le cose. Anche se Cincinnati finì la stagione in crescita, il loro record di 70-70 fu solo abbastanza buono per il quarto posto - 33 partite e 1/2 dietro ai Pittsburgh Pirates Naturalmente, Kelley non era estraneo al gioco farsesco sul campo - che aveva recitato per i Baltimore Orioles della National League, famosi per farsi beffe delle regole ostacolando i corridori avversari e tagliando gli angoli sulle basi, mentre l'arbitro non stava a guardare. Era noto anche per nascondere la palla all'esterno. "Il gioco sensazionale dell'outfielder Joe Kelley sul diamante gli valse il titolo meritato Kingpin of the Orioles", aveva scritto il biografo Jimmy Keenan, "Nel campo esterno, è stato uno dei migliori difensori del suo tempo". Joe riferì che Kelley nascondeva segretamente delle palle supplementari tra l'erba dell'outfield nel caso in cui fosse battuta su di lui. Era anche un grande battitore, battè sopra .300 per 11 anni consecutivi, e concluse la sua carriera di 17 anni con una media di .317. La stagione 1902 era iniziata con Bid McPhee al timone dei Reds, ma fu sostituito da Frank Bancroft dopo aver condotto la squadra ad un record di 27-37, buono per il sesto posto. Bancroft aveva goduto un precedente successo come skipper, portando i Providence Grays alla campionship nel 1884, e i Reds andarono 9-7 sotto la sua guida prima che Kelley diventasse il nuovo manager e Bancroft fosse spostato al front office dei Reds. Kelley portò i Reds al record di 34-25 nelle sue prime 59 partite come skipper della Queen City prima della loro sconfitta finale a Pittsburgh, e registrò una percentuale di vittorie di .545 come manager di Cincinnati dal 1902 al 1905. Ma il 4 ottobre 1902, non era così preoccupato di vincere mentre stava mettendo su uno spettacolo per le 1200 anime coraggiose presenti. Quando seppe che la partita sarebbe stata sicuramente giocata, Kelley proclamò che la sua squadra sarebbe stata pronta per la sfida e di volere "rovinare il record di Pittsburgh". Ma da qualche parte lungo la strada cambiò idea. Mentre i Pirates si riscaldavano in preparazione della partita, i Reds si resero introvabili, e si pensava che avessero dato forfait. Bancroft aveva ordinato all'autista di prendere un percorso alternativo allo stadio evitando il centro di Pittsburgh, per capire se i fans non vedendoli entrare in campo avessero supposto che il gioco fosse stato annullato e Dreyfuss sarebbe stato costretto a sospendere con così poche persone presenti. Ma i Reds, finalmente, arrivarono per l'inizio della partita. Invece di riscaldarsi, si sedettero sulla loro panchina e fumarono sigarette senza preoccuparsi di mandare un battitore al piatto. Dopo un lungo ritardo, l'arbitro Hank O'Day ordinò a Kelley di nominare la sua batteria. Con grande sorpresa di tutti dispose che il prima base Jake Beckley fosse il lanciatore partente e il pitcher Rube Vickers iniziasse come ricevitore della squadra. Non fu una sorpresa che Beckley desse inizio allo spettacolo, considerando che aveva sottoscritto lo stile di gioco degli Orioles, tagliando gli angoli sulle basi alle spalle degli arbitri e nascondendo palle nella sua uniforme per fare il trucco della palla nascosta sui nuovi giocatori. Lo skipper dei Pirates, Fred Clarke, obiettò, dicendo a Kelley "di giocare e non recitare", ma questi si mise a ridere. Lui non stava facendo una parodia della partita. I Pittsburgh Pirates avevano vinto quattro pennant della League con Fred Clarke al timone. Nel corso di una carriera di 21 anni, l'Hall of Famer giocatore-manager accumulò anche 2615 valide in carriera e 1602 vittorie come manager L'outfielder "Turhey Mike" Donlin fu il leadoff e giocò all'interbase, una posizione che aveva ricoperto solo tre volte a quel punto della sua carriera e non molto bene, commettendo cinque errori in 11 chances nel 1899 per una percentuale fielding di .545. Beckley battè per secondo, ma non era al suo posto familiare sul diamante, giocando per la prima e unica volta come lanciatore nella sua carriera di 20 anni. E anche se Kelley aveva giocato la maggior parte della sua carriera all'esterno sinistro, si mise all'esterno centro, dove aveva giocato all'inizio della sua carriera. Il cleanup man Cy Seymour avrebbe continuato a giocare altre 1094 partite all'esterno centro, ma in questa rivoluzione era il terza base partente. Come Donlin, Seymour aveva avuto una limitata esperienza sul campo interno, commettendo un errore in tre chances nell'angolo caldo nel 1899. Il terza base Harry Steinfeldt, che sarebbe diventato la risposta ad una domanda trivia ("Who played third base in the Cubs’ Tinker-to-Evers-to-Chance infield?"), iniziò all'esterno destro, giocando in quella posizione per la quarta e ultima volta nelle sue 14 stagioni. Jack "King" Morrissey era apparso in sole 41 partite della Major League in una breve carriera che durò dal 1902 al 1903, 28 delle quali era in seconda base, ma iniziò come esterno sinistro. Il veterano interbase Tommy Corcoran aveva giocato il 94 per cento delle sue partite in carriera in quel ruolo, fu messo in seconda base. Vickers, un 24enne lanciatore rookie, non aveva alcuna esperienza come catcher, ma Kelley lo mise a ricevere in quello che fu l'esempio più lampante dell'apatia per l'integrità della partita. Il lanciatore ace Noodles Hahn fu messo in prima base, ma almeno aveva esperienza di gioco in difesa, anche se limitato a poche apparizioni nella minor league in campo esterno. Il Pittsburgh Press riassunse la vicenda sostenendo che era la "prima volta dopo anni. . . una delle squadre deliberatamente imbrogliona", rispetto ai "metodi dell'American League", e che i Reds avevano agito "più come scimmie che come uomini". Quando Kelley andò a battere nel primo inning stava fumando una sigaretta, attirando la minaccia di O'Day che gli ordinò di spegnerla, altrimenti lo avrebbe espulso. Anche Kelley, Donlin e Seymour fumarono in campo, ma nessuno fu espulso. I Pirates segnarono tre punti nel primo inning per prendere subito il vantaggio. "Il debole braccio di lancio di Beckley è noto nei circoli del baseball", scrisse la stampa, "ma Jake si è rivelato un lanciatore migliore di Vickers come catcher". L'Enquirer fu più preciso "Vickers non riusciva a prendere un raffreddore in una giacca di lino a Manitoba nel giorno di Natale". Beckley lanciò per quattro inning e concesse otto punti, di cui solo tre guadagnati, su nove valide e una base su ball e due strikeouts. Vickers, d'altra parte, subì lo sdegno di mancare sei palle in quattro inning, stabilendo un record del ventesimo secolo per il numero di palle mancate in una partita. Ci sarebbero voluti 94 anni perchè un altro ricevitore eguagliasse il record. Con il punteggio di 8-1 a favore di Pittsburgh dopo soli quattro inning, Kelley mise Seymour sul monte, spostò Vickers in panchina a favore di Heinie Peitz, un vero e proprio catcher, e andò egli stesso in terza base, una posizione che aveva giocato con parsimonia e con scarso successo. Anche se Seymour aveva trascorso gran parte della sua carriera come esterno, era apparso in 140 partite come lanciatore prima del 4 ottobre e godeva di un certo successo sul monte di lancio, leader della National League per gli strikeouts nel 1897 e '98 e negli strikeouts per nove inning dal 1897 al 1899. D'altra parte, fu anche leader del senior circuit nelle basi su ball in ciascuno dei suddetti tre anni, e nei battitori colpiti e lanci pazzi nel 1898. Seymour tenne a zero i Pirates per due inning, concedendo solo due valide e una base su ball, ma due valide e altri due basi su ball nel settimo inning diedero a Pittsburgh ancora tre punti per spingere il punteggio sull'11-2. Donlin lanciò l'ottavo inning e si comportò bene, arrendendosi solo ad una valida nel suo inning scoreless di lavoro. In qualità di proprietario dei Pirates dal 1900 fino alla sua morte nel 1932, Barney Dreyfuss è stato uno dei dirigenti più apprezzati nella Major League Baseball. Dreyfuss, un innovatore che aveva costruito il primo stadio a tre livelli, è anche considerato il "Father of the World Series" Dreyfuss era esasperato dalla debacle e ordinò ai dipendenti di andare nelle tribune e informare i tifosi che il loro denaro sarebbe stato rimborsato al box office dopo la partita. "Non è giusto prendere soldi con questa farsa", disse al business manager dei Reds Frank Bancroft quando gli consegnò la cassa vuota a seguito della vicenda. È interessante notare che, nonostante l'insistenza di Kelley di far giocare i suoi uomini fuori posizione, i Reds commisero solo due errori, mentre i Pirates ne fecero cinque. Ciò nonostante, le giocate di Vickers dietro il piatto diedero ai Pirates almeno quattro punti immeritati, e l'utilizzo di non lanciatori sul monte per affrontare la migliore squadra in battuta di tutta la League, garantirono la sconfitta di Cincinnati. Nonostante la sbilenca vittoria, Dreyfuss promise di presentare una protesta contro il presidente dei Reds Garry Herrmann e il presidente esecutivo della National League, John T. Brush. Quelli presenti nella sala stampa che sentirono il presidente dei Pirates applaudirono. Ren Mulford Jr. del Cincinnati Enquirer rimproverò Kelley scrivendo, "Una squadra da sessantamila dollari non deve aver paura di avere i piedi umidi". Kelley difese le sue azioni "Abbiamo messo una squadra in campo, e non esiste una regola che ci costringa di imporci le posizioni in cui devono giocare. Invece, chi ha consentito di giocare in una giornata come questa dovrebbe essere arrestato". Aggiunse che non c'era motivo di chiedere a uno dei suoi lanciatori di faticare nelle condizioni di freddo e umidità. Tim Murnane del The Boston Globe non si aspettava nulla dalle proteste di Dreyfuss. "I patroni del gioco non si oppongono a un po' di divertimento quando la stagione è finita", scrisse, "e l'agire di Joe Kelley non sarà mai preso seriamente in considerazione dalla National League". Se Kelley fu punito o nò si è perso nella storia, ma sembra che riuscì a fuggire illeso. Giocò altri cinque anni e come manager in quattro, e venne eletto nella Hall of Fame dal Veteran’s Committee nel 1971. Dreyfuss alla fine entrò a Cooperstown nel 2008. Il record di vittorie durò solo fino al 1904 quando i New York Giants vinsero 106 partite, e alla fine furono superati dai Chicago Cubs del 1906, che ne vinsero 116. I Pittsburgh Pirates del 1902 divenne la prima squadra nella storia della Major League a vincere 103 partite in una stagione Riferimenti da: WHO'S ON FIRST? THE FARCE THAT HELPED THE PIRATES SET A RECORD di Mike Lynch, 17 aprile 2014 - http://www.thenationalpastimemuseum.com Dieci esperimenti falliti Come tifoso di baseball, bramo le innovazioni. Ed è per questo che è così eccitante quando accade qualcosa di nuovo che realmente prende piede. Ricordate qualche anno fa, quando Tony La Russa aveva iniziato a far battere il suo lanciatore come ottavo nel lineup e tutti dicevano che era pazzo? Beh, avrebbe potuto anche essere pazzo, ma ora lo fanno anche un gruppo di managers della National League. La maggior parte degli esperimenti non trovano continuità, ma ci sono alcune storie molto interessanti che si sono sviluppate dai tentativi. Quelli che seguono sono 10 dei più importanti esperimenti falliti nella storia della Major League. Shorts! Tutti ricordano quando i Chicago White Sox indossarono i pantaloncini negli anni '70. Ma fu solo una delle invenzioni promozionali di Bill Veeck piuttosto che un autentico esperimento, visto che i Sox li portarono in solo tre partite. Ma negli anni '50, alcune squadre di minor league indossavano pantaloncini e non era solo un espediente per attirare l'attenzione. Più in particolare nella Pacific Coast League, gli Hollywood Stars li indossarono, anche se irregolarmente, per quattro stagioni intere, dal 1950 al '53. Almeno inizialmente, il manager dei Stars, Fred Haney, ne fu un grande fan. "E' ovvio che i giocatori dovrebbero essere più veloci se li indossano, e che mezzo passo verso la prima fa vincere o perdere molte partite", aveva detto Haney al Los Angeles Times, "Questi abiti pesano solo un terzo rispetto alle vecchie divise e quando entrambe sono sudate la differenza è ancora maggiore". Il manger degli Hollywood Stars, Fred Haney, credeva anche che i pantaloncini avrebbero fornito ai suoi giocatori una "maggiore libertà di movimento in difesa e sul monte". Il manager Fred Haney, con il proprietario dei Brooklyn Dodgers Branch Rickey I giornali dell'epoca riportano che gli Stars attirarono grandi folle quando indossavano i pantaloni corti nelle partite in trasferta, anche se si può dire che la novità si consumò velocemente. Miami Beach Flamingos A quanto pare, mentre gli Hollywood Stars furono il più famoso club dei pre-White Sox shorts, non furono i primi. Secondo alcune fonti, gli Houston Buffaloes della Texas League indossarono i pantaloncini in alcune partite, per aumentare la frequenza del pubblico, per lo più, nel 1949 e '50. E intorno a quello stesso periodo, i Miami Beach Flamingos, i Bisbee-Douglas Copper Kings e i Phoenix Stars indossarono tutti i pantaloncini, almeno per un breve periodo. Jerry Witte dei Houston Buffaloes Ma tutto ciò era più di 60 anni fa. Da quei Stars, solo un'altra squadra di minor league indossò i pantaloncini una volta nel 1966, gli Austin Braves della Texas League. Hubb Kittle, manager dei Austin Braves Allora cosa è successo? E' da collegarsi soprattutto alla tradizione. Molte migliaia di giocatori di softball hanno dimostrato che si può giocare duro e sporcarsi mentre indossano pantaloncini, ma non c'è dubbio che gli uomini proprio non sembrano abbastanza dignitosi con i pantaloncini corti. Questo pregiudizio è così forte che, quando i White Sox utilizzarono le uniformi nello stile del 1976 in una partita del 2015, non indossarono gli shorts. Nemmeno nel batting practice. The College of Coaches Negli anni '60, i Chicago Cubs erano stati per lungo tempo una delle sorelle deboli della National League. Il proprietario Phil Wrigley decise di provare un sacco di cose diverse. Una di queste era molto più avanti del suo tempo, utilizzando un nuovo scintillante computer IBM per tabulare i dati sugli avversari dei Cubs. Ma un'altra fu sui generis, e irripetibile. Nel 1961, Wrigley creò il famigerato College of Coaches, un gruppo di (circa) otto uomini che ruotavano tra la Major e le Minor, idealmente insegnando a tutti i membri dell'organizzazione gli stessi principi approvati. Nel '61, quattro diversi coaches ufficialmente servirono come "coach" durante nove diversi periodi, anche se El Tappe tenne quel lavoro per 78 partite finali nella stagione. College of Coaches prima dell'inizio della stagione 1961: (prima fila da sinistra) Elvin Tappe, Goldie Holt, Bobby Adams, Harry Craft - Il sistema di rotazione durò per un paio di mesi nel 1962, momento in cui Charlie Metro assunse il ruolo di head coach per il resto della stagione. Metro fu licenziato, e Bob Kennedy divenne il nuovo head coach nel '63 e '64. Nel bel mezzo della stagione '65, Kennedy venne sostituito da Lou Klein, un coach di lunga data. Durante questo periodo, il College of Coaches esisteva ancora, con i coaches che andavano avanti e indietro tra la major e le minor. Quando i Cubs assunsero Leo Durocher dopo la stagione '65, mise subito in chiaro le cose: "Io sono il manager. Io non sono un head coach. Sono il manager". Nei cinque anni del College, i Cubs finirono settimi, noni, settimi, ottavi, e ancora ottavi tra le 10 squadre della National League, mai più vicini a 17 partite dal primo posto. Nel libro di memorie di Ron Santo, scrisse, "Anche oggi, quando si fa menzione del College of Coaches, ritornano le risate e la mancanza di rispetto che furono subito associate con le squadre dei Cubs in cui ho giocato nei primi anni '60". Erba vera indoor Quando i Houston Colt .45s diventarono Houston Astros nel 1965 e si trasferirono nell'Astrodome, nessuno sembrava essersi preoccupato molto della superficie da gioco. Naturalmente sarebbe stata erba, proprio come ogni altra superficie di sempre. Come si fa a far crescere erba vera al chiuso? Facile! Pannelli del tetto trasparenti, un sacco di sole del Texas, e-voilà! Fotosintesi. Quando iniziarono a giocare, gli esterni immediatamente cominciarono a lamentarsi del bagliore che veniva da fuori attraverso quei pannelli del tetto. Bud Bentley contribuì con questa vignetta all'articolo di Mikey Herskowitz nel Houston Post del 10 aprile 1965, dal titolo: "Dome Puzzle Deepens: As Advice Pours In" Come si fa a eliminare l'abbagliamento? Semplice! Dipingendo i pannelli di bianco. Se ne andò la fotosintesi e pure l'erba, e quindi la maggior parte della stagione del '65 fu giocata sulla terra ed erba morta, dipinta di verde. Nel 1966, l'Astrodrome ricoprì l'infield con un nuovo prodotto chiamato ChemGrass, presto ribattezzato AstroTurf. Ma il campo esterno rimase di terra colorata fino a dopo che l'Astrodome ospitò l'All-Star Game del '66. Infine, a fine luglio anche l'outfield venne ricoperto di AstroTurf. Alla fine della stagione 1965 la maggior parte dell'erba vera dell'Astrodome era morta I pinch runners di Charlie Finley Herbie "Hurricane" Washington Avrete sicuramente sentito parlare del giocatore Herbie "Hurricane" Washington, famoso per essere entrato in 92 partite con gli Oakland Athletics, esclusivamente come pinch runner. Ma quasi tutti dimenticano che Washington era solo uno dei quattro giocatori utilizzati quasi esclusivamente dagli A's come pinch runners. Nel 1973, avevano usato Allan Lewis, "The Panamanian Express". Nel 1974, Washington, e nel 1975, Washington, Don Hopkins e Matt "The Scat" Alexander. Washington venne rilasciato dagli A's ai primi di maggio, ma Hopkins e Alexander trascorsero il resto della stagione nel roster attivo. Nel 1975, Matt Alexander sostituì Herb Washington come ace pinch runner. In 271 apparizioni come pinch runner in carriera, Alexander rubò 91 basi e segnò 89 punti Quei pinch runners danneggiarono gli A's? Beh, vinsero le World Series nel 1973 e '74, e nel '75 furono leader dell'American League con 98 vittorie (prima di cadere contro i Red Sox nei playoff). Ma nel 1976 gli A's lo fecero di nuovo, questa volta con Alexander e Larry Lintz, e nel '76 finirono la stagione appena a due partite e mezza dietro il primo posto dei Kansas City Royals. Mentre dell'amato baseball arancione del proprietario degli A's, Charlie Finley, rimane una divertente striscia laterale, l'infatuazione di Finley per i pinch runners avrebbe potuto costare alla squadra il loro sesto titolo consecutivo di division. E nessuna squadra da allora ha impiegato i pinch runners in maniera simile dall'abbandono di Oakland. GWRBI E' sempre stato estremamente difficile creare una nuova statistica "ufficiale"; cioè, una statistica che appare nel libro dei record ufficiali del baseball. E' probabilmente ancora più difficile eliminare una statistica ufficiale dopo che è stata introdotta. Il game-winning RBI (GWRBI), introdotto nel 1980, doveva realizzare un ammirevole obiettivo: dare prestigio ai giocatori per le loro battute "clucth". In pratica, però? Un giocatore veniva accreditato di un GWRBI quando batteva il punto che metteva la sua squadra in vantaggio in una partita. Ciò significava che poteva essere un grand slam nella parte inferiore del nono inning per una vittoria 10-9 o un debole grounder nella parte superiore del primo inning in una vittoria per 13-0. Il problema con le statistiche, però, è che hanno bisogno di una definizione rigida per essere utili. L'RBI vincente della partita è stato definito dalla Regola 1004-a come "L'RBI che dà al club il vantaggio che non viene mai ceduto". Il GWRBI era (ed è) piuttosto ridicolo. Così alla statistica GWRBI accadde qualcosa che non era quasi mai successo: Cessò di esistere dopo la stagione 1988, lasciando Keith Hernandez come il leader di tutti i tempi con 129, che in qualche modo ancora non è entrato nella Hall of Fame. Il secondo dietro Keith Hernandez in game-winning runs batted in è il primatista dell'AL Eddie Murray con 117 Nell'era contemporanea di 30 milioni di $ di stipendi e 250 milioni di $ di contratti, potrebbe essere difficile da credere che non molto tempo fa, un milione di dollari sembrassero davvero un sacco di soldi, e che ai proprietari non piaceva spenderli. Subito dopo le World Series del 1985, il Commissioner of Baseball Peter Ueberroth iniziò una campagna per tenere a freno la solita notevole spesa per prendere i free agents. E in qualche modo funzionò. Quell'inverno, non una sola squadra perse un free agent a meno che la squadra volesse perderlo. Superstars come Carlton Fisk e Kirk Gibson non ricevettero offerte significative. L'inverno successivo successe di nuovo, con le stelle Jack Morris, Tim Raines, Andre Dawson, Ron Guidry, e altri essenzialmente tagliati fuori. Dawson disperato, perchè voleva allontanarsi dagli Expos e dalla loro erba artificiale, aveva firmato con i Cubs dopo aver annunciato che avrebbe firmato un contratto di un anno in bianco. Chiaramente, i proprietari avevano concordato e avrebbero continuato a colludere per un'altra offseason. In definitiva, il sindacato dei giocatori presentò una serie di reclami - dal 1977, la collusione tra le squadre era proibito - e, in definitiva, i proprietari risolsero la vicenda pagando 280 milioni di dollari per i giocatori interessati. I casi di collusione avrebbero avuto effetti duraturi. Crearono una dimensione di notevole ostilità che potrebbe aver contribuito al disastroso sciopero del 1994 e '95, e la necessità dei proprietari di denaro extra potrebbe aver incoraggiato entrambi i round di espansione (1993 e 1998) in quel decennio. Carlton Fisk, esterno sinistro Verso la fine del 1985, i proprietari dei Chicago White Sox Jerry Reinsdorf e Eddie Einhorn licenziarono il general manager, e universalmente rispettato uomo di baseball, Roland Hemond e lo sostituirono con l'ex giocatore e attuale broadcaster dei White Sox, Ken "Hawk" Harrelson. Harrelson assunse rapidamente un nuovo hitting coach e un nuovo co-pitching coach - il primo, per quanto ne sappiamo - e licenziò i suoi manager delle minor leagues e li sostituì con ex-giocatori della Major League. Ma il cambiamento più scioccante fu quando Harrelson annunciò che il 38enne ricevitore Carlton Fisk sarebbe diventato, praticamente per la prima volta nella sua vita, esterno sinistro. Harrelson disse che stava facendo posto a un giovane ricevitore di nome Joel Skinner. Fisk non era felice, ma fece del suo meglio. Beh, al 9 maggio Fisk aveva battuto .210 con solo due fuoricampo, mentre Skinner aveva battuto .157 senza homers, e i lanciatori dei White Sox erano in difficoltà. Il 10 maggio, Fisk riassunse il suo ruolo di ricevitore titolare - un ruolo che rivestì fino all'età di 44 anni - e un paio di mesi più tardi Harrelson scambiò Skinner con gli Yankees. Questo è stato probabilmente l'esperimento meno produttivo di Harrelson, ma fu quasi il suo più grande errore. Ancor prima di scambiare Skinner, Harrelson licenziò il manager Tony La Russa. E lo sappiamo tutti come andò a finire. La superba stagione del 1985, che incluse 37 homer e 107 RBI, fece guadagnare al catcher dei White Sox Carlton Fisk il Silver Slugger Award e la sua 10° apparizione nell'All-Star. Kenny Williams, 3B Di nuovo i White Sox? Nel 1987, il rookie Kenny Williams realizzò una buona stagione per i ChiSox. Aveva battuto .281 / .314 / .422, rubando 21 basi, e giocando bene all'esterno centro. Fu una grande stagione di battuta per tutta la League, ma i numeri di Williams erano in realtà al di sotto della media del campionato. Eppure, aveva solo 23 anni e la sua stagione sembrava un eccellente inizio. Ma dopo la stagione, i White Sox firmarono il free agent Dave Gallagher e presero Dan Pasqua in una trade, entrambi outfielders. Con Ivan Calderon all'esterno destro e Harold Baines DH, uno degli outfielders avrebbe dovuto essere spostato. In qualche modo, i White Sox pensarono di giocherellare con Williams, il più giovane di tutti. Il giorno di apertura, nel 1988, Williams fu messo in terza base, una posizione che non aveva mai coperto professionisticamente. I risultati furono disastrosi. Il 18 maggio, dopo una partita a Cleveland, Williams stava battendo .143 e aveva fatto 14 errori in 32 partite. Il 19 maggio, il manager Jim Fregosi finalmente e misericordiosamente spostò Williams di nuovo all'esterno centro. Ma dopo appena un paio di partite, Williams, con le sue terribili statistiche in battuta, fu rimandato nelle minor. Mentre Williams sarebbe tornato nelle Majors, la sua carriera non si sarebbe mai più ripresa. Scambiato con i Tigers dopo la stagione '88, durò appena tre stagioni ancora nelle Majors e battè solo .201 in questo periodo. Il lato positivo è che, poco dopo che la sua carriera di giocatore si concluse, Williams si unì al front office dei White Sox. Nel 2000, diventò general manager, e nel 2005 i Sox vinsero la loro prima World Series dal 1917. Tre inning degli starters di Tony La Russa Tony La Russa Per circa 120 anni, l'evoluzione dei carichi di lavoro dei lanciatori partenti seguirono un percorso abbastanza semplice. In principio, le squadre in sostanza utilizzavano un lanciatore: tutta la partita, ogni partita. Questo, naturalmente, prese un tributo terribile sui lanciatori, pochi dei quali durarono per più di pochi anni. Allora si passò a due lanciatori partenti, poi a tre, e (dal primo Novecento) quattro. Infine, alla fine del 1970, quasi ogni squadra aveva adottato la distribuzione di una pitching rotation di cinque uomini, che è rimasta fino ad oggi. Tranne che per alcuni giorni nel 1993, quando il futuro Hall of Famer manager Tony La Russa provò qualcosa di completamente diverso. Subito dopo la pausa dell'All-Star, gli Oakland Athletics di La Russa persero tre partenti contro i New York Yankees. Peggio ancora, gli A's vennero sconfitti 32-14. Così La Russa, conosciuto allora (e ora), come uno degli uomini più cerebrali in uniforme, scartò la sua rotazione di cinque pitchers e se ne andò invece con una "rotazione" di nove uomini sostenuta da un bullpen di quattro rilievi. Era una rotazione solo di nome, poichè ciascuno dei nove uomini furono designati a lanciare un terzo di partita, effettuando dai 40 ai 60 lanci. Quanto tempo durò l'esperimento rivoluzionario di La Russa? Cinque partite in cui i nove lanciatori della "rotazione" concessero 23 punti in 35 inning. A quel punto La Russa rinunciò al suo schema. Comunque non fu mai davvero entusiata di tutto ciò, dal momento che alla fine non usò mai il trio presumibilmente designato di lanciatori in una di quelle cinque partite. The Baseball Network (1994-95) Parlando di errori della MLB, qualcuno si è mai lamentato della scomparsa del The Baseball Network, l'avventura televisiva di breve durata tra Major League Baseball, ABC e NBC? Dal 1990 al '93, la CBS fu socio della trasmissione nazionale della MLB e perse centinaia di milioni di dollari. Sulla scia di quel fiasco, la MLB creò una propria rete con l'idea di produrre e commercializzare le trasmissioni nazionali. Fu un disastro totale. Certo, dopo così tanto tempo è difficile capire perché fu un tale disastro. Le valutazioni della programmazione nazionale delle trasmissioni - che erano effettivamente delle trasmissioni di interesse regionale, in cui gli affiliati delle reti locali potevano scegliere la propria partita, in base agli interessi locali - furono un po' meglio di quello che erano state con la CBS nel 1993. Ma se tu eri a New York e The Baseball Network stava trasmettendo gli Yankees, semplicemente non potevi vedere i Mets da nessuna parte, a causa delle regole di esclusività. E in più, non ci fu una copertura nazionale totale fino a dopo l'All-Star Game del 1994; a causa dello sciopero nel mese di agosto, ci furono solo sei settimane di copertura nazionale. Con lo sciopero del '95, la rete riprese la sua copertura dopo l'All-Star Game e questa volta durò tutta la stagione. Ma ancora non piacque a nessuno, soprattutto nel mese di ottobre, quando la copertura postseason fu "regionalizzata". E così The Baseball Network venne sommariamente sciolta dopo solo due stagioni, con la ABC e NBC che dichiararono pubblicamente che non sarebbero entrare nel business del baseball di nuovo per molto, molto tempo (e 20 anni più tardi, non sono ancora ritornate). Probabilmente non fu la cosa peggiore che sia mai accaduta. Ma quando entrambi Tom Verducci e Bob Costas descrivono questo come un "abominio", c'è da chiedersi se un gruppo di uomini in giacca e cravatta abbiano fatto un grosso errore. Riferimenti da: TEN FAILED EXPERIMENTS di Rob Neyer, 22 gennaio 2016 - http://www.thenationalpastimemuseum.com
Donie Bush e KiKi Cuyler1927 - Il manager dei Pirates Donie BushDonie Bush era un giocatore che giocò per più di un decennio nella stessa squadra. A 20 anni, nel 1908, Bush divenne l'interbase dei Detroit Tigers, campioni dell'American League, giocando in quasi 2000 partite, per poi lavorare per quattro anni come manager in major e tre come scout. Tra il 1938 e il 1940 acquistò in co-proprietà i Louisville Colonels, e vendette le sue azioni per finanziare l'acquisto degli Indianapolis Indians della sua città natale, che possedette per più di 12 stagioni. Tra il 1953 e il 1969 fu Presidente degli Indians, e agli Winter Meeting del 1963 i proprietari gli assegnarono il titolo di "King of baseball". Bush non si sposò mai, non ebbe figli, e morì nel 1984 senza aver lavorato un solo giorno fuori dal baseball. Non c'è da stupirsi che il proprietario di lunga data dei Pittsburgh Pirates Barney Dreyfuss nel 1927 si pronunciò su Bush così: "il miglior allenatore che abbia mai avuto", perché "lui è tutto il baseball". La questione con Bush non fu mai il suo impegno, ma se avesse esagerato con questo impegno. Bush aveva chiesto ai suoi giocatori di mostrare la sua stessa caparbietà, un approccio che creò subbuglio tra i Pirates del 1927 e rese ancora più notevole la loro vittoria nella corsa al pennant in quella stagione. "Kiki" Cuyler La fonte più frequente del conflitto fu Hazen Shirley "Kiki" Cuyler, 28enne outfield stella di Pittsburgh. Come rookie nel 1924, Cuyler aveva battuto .354. Durante la stagione della loro vittoria nelle World Series del 1925, aveva battuto .357 ed era arrivato secondo dietro a Rogers Hornsby nella votazione per il Most Valuable Player. Cuyler era famoso per il suo forte braccio che lo posizionava naturalmente all'esterno destro. Non c'era dubbio dove Cuyler preferisse non giocare: all'esterno sinistro. Avvertiva che il sole pomeridiano al Forbes Field gli danneggiasse gli occhi, e così Bush in partenza rispettò il desiderio di Cuyler. Inizialmente Bush aderì al desiderio di Cuyler, lo fece giocare all'esterno centro e lo mise a battere terzo nel lineup di Pittsburgh per il primo mese della stagione. Ma i Pirates stavano annaspando 7-8 al 30 di aprile, e l'attacco era altalenante, per sei volte avevano segnato due punti o meno. Più Bush meditava sul peggioramento delle prestazioni del club, più riteneva che il lineup e la difesa fossero sbagliati. Il 3 maggio, quando i Pirates iniziarono una serie di tre partite con i Cardinals, detentori del titolo, Bush spostò il leadoff George Grantham al quinto posto nel lineup, alzò il rookie Lloyd Waner dal secondo al primo, e spostò Cuyler da terzo a secondo. Spostò anche Waner al centro e mise Cuyler a sinistra. Dato che tutti e tre gli esterni titolari stavano facendo bene, al momento, con medie di battuta solidamente sui .300 e con medie di arrivi in base superiori a .350, non sembrava esserci motivo di cambiare la situazione. Cuyler, credendo di essere nel giusto, non la pensava così e protestò rumorosamente sia per il suo trasferimento all'esterno sinistro che per la sua uscita da quello che vedeva come la più importante posizione di produzione di punti nell'ordine di battuta. Da quel momento in poi, le tensioni tra i due uomini risoluti dilagarono velocemente. Un infortunio alla caviglia a fine maggio estromise Cuyler - stava battendo .329 al momento - per un paio di settimane, ma quelle settimane diventarono un mese, quando il suo sostituto, Clyde Barnhart, iniziò a battere .510 nel corso delle successive due settimane. Così, anche quando Cuyler tornò in piena salute, venne lasciato imbronciato in panchina. "A Cuyler sarà dato tutto il tempo di cui ha bisogno per entrare in condizioni ottimali prima di essere reinserito nel lineup", scriveva Ralph Davis del The Sporting News. L'outfielder stellare fu visto improvvisamente come un bene sostituibile, a disposizione per qualsiasi accordo che avesse portato i Pirates a spianare la loro strada verso la conquista del pennant. Non prima della metà di luglio Cuyler tornò nel lineup per un lungo periodo - giocando a sinistra e battendo secondo. Ma qualunque distensione fosse emersa tra la stella e il manager non resistette. Il 6 agosto, i Giants sconfissero Pittsburgh 9-2, e per due volte Cuyler attirò l'ira di Bush. Nel quarto inning, Cuyler prese la base su ball, poi corse verso la seconda sul grounder di Paul Waner battuto sul prima base dei Giants, Bill Terry. Cuyler battè l'assistenza di Terry, ma - convinto di rompere un possibile doppio gioco - arrivò sulla base in piedi invece che scivolare, la oltrepassò, e fu eliminato da Travis Jackson per toccata. Due inning più tardi, Cuyler colpì un singolo infield che il catcher Al DeVormer raccolse e tirò malamente sopra la testa di Terry. Cuyler raggiunse facilmente la seconda, ma venne eliminasto mentre correva verso la terza base. Dopo la partita, Bush multò Cuyler di 50 $ e lo mise in panchina a tempo indeterminato per "gioco apatico". Cuyler mise il broncio di nuovo. "Non è un segreto che da qualche tempo Kiki nutra la sensazione di non essere abbastanza considerato dal suo datore di lavoro", riferiva Ralph Davis. Il giornalista aveva osservato che le proteste del giocatore non si limitavano a Bush; aveva preso anche ad attaccare a fondo i giornalisti per la loro presunta mancanza di interesse per la sua opinione nella controversia. "Ogni sforzo sembrava fosse fatto da alcuni sostenitori per versare olio sul fuoco e tenere il problema vivo", scrisse Davis. Il titolo del Chicago Tribune dell'8 ottobre 1927 Bush non mostrò nessuna simpatia per i sentimenti della sua stella in seguito al maltrattamento. "Ho subito molti rimproveri quando giocavo ed il giorno dopo ero a darmi da fare più duramente che mai", disse, "Non ho intenzione di giocare sul presunto temperamento di nessuno ... Voglio che tutti sappiano che io sono il capo dei giocatori di Pittsburgh, così come io sono il loro manager. Utilizzo i miei uomini come conviene a me". Cuyler potrebbe essere stato il più grande mal di testa di Bush, ma fu a malapena uno dei tanti del manager. Durante una partita a metà giugno contro i Braves, il catcher Earl Smith contestò le osservazioni fatte dal giocatore-manager dei Braves Dave Bancroft in seguito a una base su ball. Come Bancroft trottò verso la prima, Smith con rabbia tirò la palla oltre l'orecchio del corridore, innescando una zuffa che fu sanzionata con la sospensione di Smith per un mese dal presidente della National League, John Heydler. Poche settimane più tardi, il veterano pitcher Johnny Morrison disse alla squadra che si era ferito il braccio cadendo dalle scale e che sarebbe partito immediatamente per casa sua nel Kentucky. Con un pitching staff corto, Morrison era stato necessario per i suoi 54 inning che aveva lanciato fino a quel punto, nonostante il fatto che quegli innings erano stati mediocri. Ma fu anche visto come un problema caratteriale con una predilezione per l'alcool e fu mal accettato che se ne fosse andato dalla squadra con così breve preavviso. Il giornalista dei Pirates, Davis scrisse: "erano pronti ad ammettere che il lanciatore si fosse infortunato, ed erano disposti a credere alla sua storia che il danno fosse stato provocato dalla caduta. Ma erano un po' scettici su come Johnny fosse caduto ... anzi credevano che John non si fosse comportato bene". Gli fu ordinato di prepararsi a lanciare. Quando Morrison invece organizzò la sua fuga nel Kentucky, venne sospeso, un'azione che fece male alla sua reputazione nella clubhouse, così come al front office. "L'atteggiamento del club verso Morrison è decisamente amareggiato", disse Davis. Durante una partita a metà agosto contro i Giants, Bush diventò il peggior nemico. Alla presenza del presidente della National League, John Heydler, Bush si lanciò in una prolungata contestazione all'arbitro Ernie Quigley, spingendo Heydler a comminargli una multa di 500 $ per "comportamento sconveniente ad un gentiluomo". Tutto questo fermento avrebbe distrutto molte squadre, ma i Pirates tirarono avanti. Al secondo posto, tre giochi dietro i Cubs al momento della sospensione di Cuyler, i Pirates infilarono sette vittorie consecutive che li portò al primo posto. Il contributo di Cuyler a quella striscia fu una infruttuosa performance di pinch-hit. Nella seconda metà di settembre la striscia di 11 partite, contrassegnate da tre doubleheader sweeps, li lanciò avanti di quattro partite e mezza. Anche in questo caso Cuyler fu chiamato a contribuire solo con un infruttuoso tentativo di pinch-hit. Dal 7 agosto in poi Cuyler rimase in panchina, e Bush usò il suo outfielder stellare solo 10 volte, e una volta come titolare, realizzando quattro singoli. Eppure, i Pirates erano andati 34-18 vincendo il pennant. Il risultato, tuttavia, non costribuì all'armonia con i fans in previsione dell'impegno nelle World Series con gli Yankees. 1927 - I Pittsburgh Pirates campioni della National League "Molti ... che si erano schierati con il club quando (Cuyler) venne multato ... ora sentivano che Cuyler era stato abbastanza punito, soprattutto quando un costante sperimentato hard-hitter sarebbe stato estremamente necessario", scrisse Davis. Contemplando l'utilizzo di Barnhart, del rookie Adam Comorosky, o del panchinaro Fred Brickell contro gli Yankees, disse "Non stiamo rivelando un segreto dicendo che nessuno degli uomini menzionati è della classe di Cuyler come un vero giocatore di baseball". Si racconta che il catcher Johnny Gooch avesse avviato una petizione a Bush per cercare di reintegrare Cuyler. Quando Bush non perdonò Cuyler per le World Series, quelli che ascoltavano le trasmissioni radio udivano le incessanti grida di fondo che dicevano "Vogliamo Cuyler". Meno di un mese dopo le quattro partite swep degli Yankees, Dreyfuss scambiò Cuyler con i Cubs per l'infielder Sparky Adams. A quel punto, Cuyler aveva già bruciato i ponti con Pittsburgh, scrivendo un articolo di giornale in cui aveva definito Bush un "bush-league manager" (mediocre manager) sostenendo che il manager lo aveva tormentato per tutta la stagione. Eppure, Cuyler sorprendentemente scagionò Bush per non averlo usato nella World Series, dicendo: "Se mi avesse messo dentro, l'avrebbero guardato come se lui stesse remando contro". Remare contro era qualcosa che Donie Bush non aveva mai fatto. 1927 - Cuyler guarda dalla panchina la partita allo Yankee Stadium durante gara 3 delle World Series Riferimenti da: Donie Bush and KiKi Cuyler di Bill Felber, 7 marzo 2016 - http://www.thenationalpastimemuseum.com
La prima partita nella storia della MLB "Behind Closed Doors" Il termine "Behind Closed Doors" viene utilizzato in diversi sport, soprattutto nel calcio, per descrivere le partite giocate in cui gli spettatori non sono ammessi allo stadio. Le ragioni di questo possono includere la punizione per una squadra colpevole di un certo atto, problemi di sicurezza allo stadio o per prevenire scontri potenzialmente pericolosi tra sostenitori rivali. Ma nella lunga storia della MLB questo non era mai successo prima di questo episodio dello scorso anno. Il 28 aprile del 2015, la Major League Baseball annunciò che la partita tra i Chicago White Sox e i Baltimore Orioles, che doveva essere giocata a l'Oriole Park at Camden Yards a Baltimora quella sera, sarebbe invece iniziata alle 14:30 senza spettatori. La decisione senza precedenti era stata decisa a causa dei problemi di sicurezza relativi ai disordini civili (*) in città, insieme al coprifuoco con inizio alle 22:00 che avrebbe richiesto la sospensione della partita se fosse stata giocata all'ora inizialmente stabilita. La partita avrebbe dovuto essere l'ultima di una serie di tre, ma le prime due erano già state rinviate a causa dei disordini. La partita venne trasmessa per mercati di Baltimora e Chicago, e venne offerta anche come "free game of the day" sul servizio di streaming della MLB a livello nazionale. Ufficiosamente, alcuni fans furono in grado di guardare la partita attraverso i cancelli chiusi al centro-sinistra del campo, insieme con gli ospiti del vicino Hilton Baltimore che si affaccia sul campo di gioco. Per la cronaca la partita terminò con la vittoria degli Orioles per 8 a 2. Questa è stata la prima volta che un evento degli sports di major league nord-americani si è tenuto in uno stadio vuoto; in precedenza nella minor league baseball, una partita degli Iowa Cubs nel 2008 venne giocata senza spettatori a causa delle inondazioni a Des Moines, Iowa, mentre in una partita dei Charleston RiverDogs nel 2002 a Charleston, Carolina del Sud, venne studiato uno stratagemma denominato "Nobody Night" dove nessuno entrò allo stadio fino a quando il numero degli spettatori non fu reso ufficiale dopo il quinto inning. (*) Gli scontri a Baltimora e in altre città americane erano iniziati, e continuarono per diverse settimane, a causa dell'assassinio del 25enne ragazzo nero Freddye Gray che era stato fermato dalla polizia il 12 aprile. Freddye aveva cercato di sfuggire ai controlli degli agenti e per questo motivo era stato inseguito e arrestato. Soffriva di asma e aveva chiesto di essere aiutato mentre veniva trascinato verso uno dei furgoni della polizia, utilizzato nei minuti seguenti per rispondere a un’altra chiamata per un altro arresto. Secondo le ricostruzioni, nel frattempo Gray si era sentito male ed erano passati circa 45 minuti prima che fosse chiamata un’ambulanza. Dopo un coma in ospedale di una settimana, il 19 aprile Gray morì e sei agenti di polizia vennero sospesi. Le squadre in campo per ascoltare l'inno nazionale con l'Oriole Park vuoto I Chicago White Sox e i Baltimore Orioles giocano la prima partita di baseball di sempre a porte chiuse La sala stampa gremita con più di 90 giornalisti presenti alla partita. Un numero che di solito è presente nella Major League Baseball Postseason I fans guardano la partita da un balcone dell'Hilton Baltimore di fronte all'Oriole Park I fans guardano dai cancelli posti al centro-sinistra del Camden Yards Gordon Beckham dei Chicago White Sox in panchina durante la partita Uno sparuto gruppo di tifosi all'esterno dei cancelli L'ingresso esterno vuoto de l'Oriole Park durante l'incontro tra i Baltimore Orioles e i Chicago White Sox giocato mercoledì 28 aprile 2015 Il tabellone all'interno della sala stampa de l'Oriole Park at Camden Yards indica "0" la frequenza degli spettatori in questa storica giornata
Paul Schreiber Paul Schreiber fece il suo debutto in Major League con i Brooklyn Robins il 2 settembre del 1922 Quando il rilievo-ace Andrew Bailey andò a lanciare per i New York Yankees la scorsa estate del 2015, si parlò molto del fatto che fosse la sua prima apparizione in Major League in due anni. Bene, Paul Schreiber fece passare 22 anni tra le sue presenze in un box score della Major League. E questa è la sua storia. Schreiber, un affabile lanciatore destro alto 1,88 della Duval High School a Jacksonville, in Florida, aveva firmato il suo primo contratto da pro nel 1920, e dopo essere andato 41-42 in tre stagioni di gran lavoro nelle minor, venne acquistato dai Brooklyn Robins. Lanciò una partita nel 1922 e altre nove nel 1923, basandosi su una palla veloce, una curva e una knuckleball. Non realizzò nessun record, ma registrò una salvezza in un totale di 16 innings di lavoro. A 20 anni, era il giocatore più giovane della squadra, che comprendeva anche Zack Wheat, Burleigh Grimes, Moe Berg, e Dazzy Vance. Wilbert Robinson era il suo manager. "Ho sempre giocato senza problemi ma un giorno lanciando una curva ho avvertito improvvisamente un forte dolore alla spalla e il braccio era troppo dolorante per poter lanciare", ricordò in un'intervista qualche tempo dopo. Non era né il primo, né l'ultimo, lanciatore a pronunciare quella frase. Le curve possono creare questi infortuni. Così la sua carriera in major league sostanzialmente si concluse. Dal 1924 al 1931, scese nelle minor senza una palla curva, riuscendo a lanciare oltre 200 inning per due volte. Giocò per lo più nella New York-Penn League, e la sua carriera praticamente finì quando aveva 28 anni, andando 10-11 per Allentown nella Eastern League. Appassionato del gioco e ancora giovane, continuò a lanciare nel baseball semipro e giocò con i Brooklyn Bushwicks nel 1937. A metà della stagione 1938, su raccomandazione dello scout Paul Krichell, Schreiber fu convocato allo Yankee Stadium per lanciare il batting practice per i New York Yankees. In quell'occasione, mostrò un braccio di gomma che andava bene per lanciare fastballs tutti i giorni nel centro del piatto per l'allenamento dei picchiatori Yankees. In quel periodo. circa la metà delle squadre impiegavano i lanciatori per il batting practice, mentre il resto per fare questo lavoro utilizzava i loro coaches, lanciatori di rilievo, e utility infielders. A volte un partente faceva gli onori di casa, lanciando quello che oggi chiamiamo un bullpen session. Schreiber si era unito ai New York Yankees come lanciatore di batting practice nel 1938. E' il sesto da sinistra nella fila in piedi. Davanti a lui Lou Gehrig I battitori Yankees - come Lou Gehrig, Joe DiMaggio e Bill Dickey - volevano battere contro Schreiber. Il manager Joe McCarthy lo assunse a tempo pieno, e anche se non aveva il numero sulla schiena, indossava la divisa Yankee e fece il suo lavoro con calma e professionalità ogni giorno. Viaggiò con la squadra ed apparve nelle foto di squadra. Durante le partite, si sedeva in panchina e poi si dirigeva verso il bullpen a metà partita per riscaldare i lanciatori di rilievo, se necessario. Di tanto in tanto durante la stagione, apparve nelle partite dimostrative, contro West Point o le farm club. In un'occasione, lanciò "in prestito" per i Dodgers contro i suoi Yankees in una partita dimostrativa nella preseason. I giocatori Yankees lo coinvolsero nella condivisione del loro denaro delle World Series ogni anno, e così potè integrare il suo piccolo salario. "Mi piacerebbe allenare nelle minor, un giorno", disse, "ma questo è un grande lavoro. Preferirei mille volte fare questo che lanciare nelle minor". "Avevamo pensato a lui come coach", ricordava Tom Villante, un batboy Yankee negli anni '40, "Era molto simpatico, fumava circa 10 sigari al giorno, ed era molto vicino a McCarthy. Aveva l'abitudine di darmi un passaggio fino al Queens quando tornava a casa dalla moglie a Long Island". Con il roster impoverito durante la seconda guerra mondiale, McCarthy chiese a Schreiber di lanciare il 4 settembre del 1945 in una partita vera. Era il sesto inning allo Yankee Stadium contro Detroit, in testa alla classifica, e i Tigers erano già in vantaggio 10-0. Erano passati 22 anni da quando il suo nome era apparso per l'ultima volta in un box score nella Major League ed aveva compiuto 43 anni. Il New York Times scrisse: "Il debutto dello Yankee Schreiber dopo nove anni di servizio esclusivamente come pitcher di batting practice, ha messo in luce un vigoroso braccio gommoso per festeggiare la sua . . . prima partita nel baseball organizzato in quattordici anni con un'impressionante esibizione". Utilizzando la sua knuckleball (che non aveva mai lanciato nei BP), Schreiber affrontò 12 battitori, concedendo due basi su ball e realizzando uno strikeout. Non concesse punti né valide. Fu una prestazione magistrale. Andò strikeout nel suo unico at-bat. Gli fu assegnato il numero 35 per questa partita. La casacca di Paul Schreiber indossata il 4 settembre del 1945 "Ha lasciato il campo tra gli applausi della folla (22021 spettatori) e il suono gli è rimasto nelle orecchie", scrisse il Times, "Se l'è meritato". "Vi piace il mio pitcher rookie", disse un McCarthy sorridendo, "Non gli hanno battuto una valida, vero? Ho notato che nessuno è sembrato in grado di colpire la knuckleball in questa stagione, e Paul ha una buona knuckler. Allora perché non provarla?". I suoi compagni di squadra erano felici. Quattro giorni dopo, affrontò i Tigers di nuovo, lanciando un inning, ma questa volta concesse due punti e quattro valide. Il Times, in tono scherzoso, scrisse che "ha finito con una perfetta dimostrazione del suo cavallo di battaglia, lanciando la palla contro il club di battitori". Questo fu la sua ultima apparizione in major league, 23 anni dopo la sua prima volta. Il regno di McCarthy come manager degli Yankees terminò l'anno successivo, ma finì per allenare i Boston Red Sox, e prese Schreiber con lui. Paul rimase come coach di Boston e BP hurler fino al 1958, continuando poi come scout fino al 1964. "Ha insegnato a Johnny Lindell come lanciare la knuckleball mentre era con gli Yankees", disse Villante, "E nel 1954, Lindell andò nella National League ed usò la knuckleball per tornare a lanciare. Era stato un lascito di Schreiber". Ritiratosi, Paul tornò alla sua nativa Florida, e morì a 79 anni, il 28 gennaio del 1982 a Sarasota. Era andato sul monte per gli Yankees 71 anni prima, e detiene ancora oggi il record per il più lungo intervallo tra le apparizioni in un box score della Major League. La baseball card del coach Paul Schreiber Riferimenti da: Paul Schreiber di Marty Appel, 3 dicembre 2015 - http://www.thenationalpastimemuseum.com
Gli Hitters con una media battuta di .400 non sempre vincono dei titoli Hugh Duffy Nel 1894, i Philadelphia Phillies avevano quattro battitori con una media battuta superiore ai .400, ma Hugh Duffy dei Boston vinse il titolo di battuta con .440. I quattro Phillies battuti erano Tuck Turner, al secondo posto, con .418, seguito da Sam Thompson e Ed Delahanty, ciascuno con .407, e Billy Hamilton con .404. Incredibile, ma vero. Sam Thompson Ed Delahanty Billy Hamilton Ci sono stati altri 4 anni in cui il secondo classificato nella media battuta era sopra i .400: Jesse Burkett 1895: Jesse Burkett, dei Cleveland Spiders, vinse con .409, con il già citato Delahanty a .404. Hughie Jennings 1896: Burkett vinse di nuovo con .410, seguito da Hughie Jennings, Baltimore Orioles, a .401. Ty Cobb 1911: Ty Cobb, Detroit Tigers, vinse il titolo con una media .420, seguito da Shoeless Joe Jackson, dei Cleveland, a .408. Shoeless Joe Jackson 1922: l'Hall of Famer George Sisler, St. Louis Browns, vinse il titolo con una media di .414, seguito da Cobb con .401. George Sisler "Quando lancio a Delahanty, voglio solo chiudere gli occhi, dire una preghiera e tirare la palla. Il Signore solo sa che cosa succederà dopo"- Crazy Schmit in Autumn Glory (Louis P. Masur, 2003)
Record di Home Run in una singola stagione per un lanciatore Wes Ferrell Wes Ferrell detiene un record interessante. Mentre stava lanciando con i Cleveland Indians nel 1931, colpì 9 fuoricampo, il maggior numero per un pitcher in una sola stagione dal 1893. Nel 1933, Ferrell registrò 7 fuoricampo per il 2° posto in questa statistica, alla pari con molti altri giocatori. Accanto al Babe Ruth dei Boston Red Sox, Ferrell è considerato il miglior lanciatore di power-hitter nella storia del gioco. In carriera, Ferrell ha totalizzato una media battuta di .280 e una percentuale slugging di .446. Ha colpito un totale di 38 homers (uno come pinch hitter) e detiene il record della Big League per gli HR come lanciatore con 37
Oltre 100 RBIs senza nessun fuoricampo Lave Cross Dal 1900, solo un giocatore realizzò più di 100 RBI senza colpire un home run. Il brillante terza base Lave Cross, mentre giocava con i Philadelphia Athletics nel 1902, battè 108 RBI senza colpire un singolo round-tripper. Hughie Jennings Tuttavia, il record appartiene alla Hall of Famer interbase Hughie Jennings. Nel 1896, Jennings colpì in 121 RBI senza homers. Stupefacente! Hughie Jennings ottenne tre stagioni con 100 RBI (1894-1896) e segnò 100 punti in una stagione per 5 volte (1894-1898). Nel 1907, è diventato manager dei Detroit Tigers, una squadra che comprendeva i futuri Hall of Famers Ty Cobb e Sam Crawford. Jennings portò i Tigers a 3 consecutivi pennant dell'AL: 1907, 1908 e il 1909
Il maggior numero di apparizioni di un lanciatore "Troppi lanciatori, questo è tutto, ci sono troppi lanciatori ... dieci o dodici in una squadra. Non vedo come qualcuno di loro possa lavorare abbastanza. Quattro lanciatori partenti e un rilievo dovrebbero essere sufficienti. Lanciando come facevo io ogni tre giorni potevi trovare il controllo e buone forti braccia" - Cy Young (The Sporting News, Febbraio 1951) Cy Young Cy Young, l'uomo da cui prende il nome il premio per l'eccellenza di un lanciatore, è l'unico lanciatore partente ad essere apparso in 900 partite (906). Il numero 2, nella lista delle apparizioni tra i partenti, è il knuckle-baller Phil Niekro con 864. Phil Niekro Diciotto rilievi hanno fatto più presenze di Joung. Jesse Orosco è in cima alla lista con 1252, seguito da John Franco (1119) e Mike Stanton (1109). Jesse Orosco John Franco Mike Stanton Dennis Eckersley e il knuckle-baller Hoyt Wilhelm sono i successivi due lanciatori in questa speciale lista con, rispettivamente, 1071 e 1070 partite. Dennis Eckersley Hoyt Wilhelm Sia Eckersley che Wilhelm sono stati anche partenti per un periodo della loro carriera. Eckersley lanciò una no-hitter durante il suo tempo come partente.
I primi giocatori del “30-30 Club” Ken Williams è stato il primo Major Leaguer del Club 30-30 (30 fuoricampo e 30 basi rubate nella stessa stagione). Durante quella stagione nel 1922, Williams fu anche leader dell'American League nelle extra base hit (84) e nelle basi totali (367) Ken Williams, uno dei migliori esterni sinistri della storia, giocò per lo più con i St. Louis Browns - con star come il lanciatore Urban Shocker, l'outfielder Baby Doll Jacobson, e il futro Hall of Famer prima base George Sisler. Williams aveva una combinazione insolita di velocità e potenza. Nel 1922, colpì 39 home runs e rubò 37 basi. E' stato il 1° giocatore "30-30" nel gioco. Willie Mays L'incomparabile Willie Mays nel 1956 diventò il 2° giocatore a raggiungere questo record, 34 anni dopo, e dare origine al "30-30 Club". Tra l'altro, Mays ripetè la sua impresa nel 1957.
Il mistero di Mr. Red dei Cincinnati e il suo numero 27 Uno dei misteri degli sport più duraturi coinvolge il logo dei Cincinnati Reds "Mr. Red" che il club utilizzò dal 1968 fino al 1992. Mr. Red indossò il numero 27 nel corso di questi anni, un periodo d'oro che vide il club vincere cinque pennant della National League. Mr. Red era così strettamente identificato con il numero che a nessun giocatore dei Reds venne assegnata la casacca 27 dal 1968 fino al 1973. La connessione tra Mr. Red e il numero 27 è ben noto, ma non è mai stato spiegato. L'enigma è così profondo che nessuna spiegazione plausibile fu mai resa nota. Ora, 48 anni dopo, il mistero di Mr Red e del numero 27 è stato risolto. Il logo di Mr. Rd Running Man venne presentato nel 1968 con l'avvento della nuova proprietà della squadra, un grande gruppo di partner locali che si erano impegnati a mantenere la squadra a Cincinnati, dopo che erano circolate voci di spostarla altrove (cambiarono anche le uniformi eliminando il gilet e la prima versione a righe). Capo del gruppo era Francis Dale, un prominente imprenditore locale e, tra le altre cose, l'editore del Cincinnati Enquirer. Il giovane figlio di Francis Dale era un appassionato fan di baseball - il suo giocatore preferito (improbabile come potrà sembrare) era l'utility infielder dei Cardinals Dal Maxvill, che portava il 27. Alcuni dettagli aggiuntivi: Il 5 dicembre del 1966, venne annunciato l'accordo in cui il proprietario dei Reds, Bill DeWitt, vendeva il club a un pool di imprenditori di Cincinnati, guidato dall'editore del Cincinnati Enquirer, Francis L. Dale. La vendita della squadra era subordinata ad un accordo. La città avrebbe costruito un nuovo stadio (il Riverfront Stadium) e i Reds si sarebbero impegnati per un contratto di locazione di 40 anni. Il futuro dei Reds di Cincinnati fu così assicurato dopo quasi un decennio di incertezza. A partire dalla fine degli anni '50, si vociferava che il club sarebbe stato spostato in altre città come Minneapolis, Los Angeles e New York. Francis Dale fu presidente dei Reds dal 1967 al 1973. Oltre ai suoi ruoli con i Reds e l'Enquirer, Dale poi servì come rappresentante degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite e come commissioner della Major Indoor Soccer League. Morì nel 1993. Dal Maxvill era un abile infielder - giocatore dei St Louis Cardinals - che partecipò ad ogni partita delle World Series nel 1964 e 1967 e al pennant vinto dai Cards nel 1968. In seguito lavorò come general manager della squadra, dal 1985 al 1994. Nonostante una media battuta in carriera di .217, Maxvill giocò 14 stagioni nelle Majors.
"Pistol Packin 'Mama": Una canzone speciale per gli Yankees Quando nel 1943 i New York Yankees si prepararono per le World Series, decisero che avevano bisogno di un aiuto per sconfiggere i St. Louis Cardinals. Stavano pensando di un richiamare qualcuno dalle minor? Forse un giocatore infortunato poteva ritornare a giocare? No, avevano bisogno di una canzone speciale. Una canzone? Ma è ridicolo, direte voi! Aspettate! Ascoltatemi. La loro preoccupazione non era solo una superstizione, aveva un fondamento nei fatti. • Quando gli Yankees nel 1941 presero d'assalto l'ultima parte della stagione per il primo dei tre pennats consecutivi dell'AL, i ragazzi cominciarono ad utilizzare la famosa marcetta "The Beer Barrel Polka". Per settimane, presumibilmente gli Yankees cantarono a squarciagola senza la minima provocazione "Roll out the barrel". Risultato: la squadra di Joe McCarthy srotolò i Brooklyn Dodgers in cinque partite nel Fall Classic. • La stagione successiva, i cantautori trascurarono di fornire agli Yankees un supporto musicale per sostenerli mentalmente. Risultato: Vennero sconfitti dai Cardinals in cinque partite nella World Series. • Mentre, al tempo, nessuno accusò l'assenza di un'armoniosa musica per la sconfitta, il club del '43 decise di non correre rischi. Guidati dal loro poeta laureato, il seconda base Joe Gordon, adottarono la canzoncina chiamata "Pistol Packin 'Mama" come loro colonna sonora. Ogni volta che in coro intonavano "lay that pistol down" la gente delle tribune attorno estrevano simbolicamente le armi e iniziavano a sparare contro di loro. Quando gli Yankees conquistarono il pennant, che in definitiva vinsero con un enorme vantaggio di 13 partite e mezza, McCarthy organizzò un party nella grande sala banchetti della fabbrica di birra Ruppert (Jake Ruppert era l'ultimo proprietario del franchigia). Gli Yankees canterini si raggrupparono intorno al piano e cantarono la loro canzone ancora e ancora fino a quando la gestione del birrificio finalmente spense le luci e li cacciò a casa. Risultato: Gli Yankees sconfissero i Redbirds in cinque partite, una completa inversione di tendenza dal '42 e un ritorno al '41. Riferimenti da: "'Pistol-Packing Mama' May Be Bad News for Cardinals" di Judson Bailey, Associated Press, 29/9/43
La bizzarra morte di Len Koenecke Len Koenecke Nel 1931, il manager dei Giants, John McGraw, fu così colpito dalle notizie di un seconda base in erba che giocava con i Louisville Colonels dell'American Association che lasciò la sua squadra a Cincinnati, viaggiando per 100 miglia, per vederlo di persona. Ho scoperto che non valeva un granché; dichiarò McGraw. Secondo lui il ragazzo era strutturalmente inadeguato a sopportare la durezza della National League. "Tuttavia", proclamò al suo ritorno, "il mio viaggio non è stato vano. Ho visto un grande outfielder con il club di Indianapolis. Il suo nome è Len Koenecke. L'ho comprato per un sacco di soldi". McGraw si sbagliò su due fronti. Il giocatore che aveva rifiutato, Billy Herman, firmò con i Cubs e continuò una carriera da Hall of Famer. Il grande outfielder che McGraw invece firmò ebbe una storia di gran lunga più breve, e venne travolto da una tragedia molto più grande. Il "sacco di soldi" che McGraw sborsò per il contratto di Leonard George Koenecke fu di 75.000 $, e il giorno di apertura del 1932, sradicò il ragazzo da Adams, Wisconsin, per farlo giocare titolare all'esterno sinistro a New York. Koenecke colpì abilmente sopra la media nei primi due mesi della stagione, ma il 3 giugno fu scosso dalla notizia inaspettata che McGraw, colpito da problemi di salute, si era dimesso dopo 31 anni di lavoro. Il sostituto dello skipper, Bill Terry, era meno incline a tollerare i mediocri difensori e non mostrava alcuna emozione per il pupillo del suo predecessore. Dopo 14 partite dalle dimissioni di McGraw - Koenecke sempre più ombroso cominciò a battere solo .179 - Terry fece scendere il 28enne esterno nel Doppio A a Jersey City. Dopo la stagione, vendette Koenecke a Buffalo dell'Internatonal League. La media di .334 con i Bisons nel 1933 allettò i Brooklyns a dargli un'altra possibilità, e questa volta l'outfielder non fallì. Nel 1934, Koenecke fu leader dei Dodgers nella percentuale arrivi in base (.411) e OPS (.919), primo del team alla pari nei fuoricampo (14), e finì secondo nella media battuta (.320) e doppi (31). Grazie al diligente lavoro con il manager Casey Stengel migliorò la difesa, e la percentuale fielding di .994 di Koenecke (due errori in 318 occasioni) stabilì uno standard per gli outfielders della National League. Il New York Times lo etichettò come "il nuovo eroe di Flatbush". Ma non durò. Koenecke si presentò allo spring training nel 1935 in sovrappeso, e quando la stagione iniziò, le sue performance si afflosciarono su tutta la linea. Quando i Dodgers arrancarono nei mesi di fine estate, rimase in panchina con sempre maggiore frequenza. Entro il 16 settembre i Dodgers erano 27 partite dal primo posto, e Stengel decise di vedere ciò che il suo futuro avrebbe potuto riservare testando alcuni dei giocatori più giovani fino alla fine della stagione. Essendo appena arrivati a St. Louis per una serie di cinque partite, il manager eliminò dal roster Koenecke, insieme con i lanciatori Les Munns e Bob Barr, per il resto del programma, mandandoli a casa in anticipo. Anche se Koenecke esteriormente non era infastidito dopo aver ricevuto la notizia, la situazione in realtà - i piani dei Brooklyns per la stagione successiva non avrebbero coinvolto l'ex eroe di Flatbush - lo aveva profondamente colpito mentre si preparava per il viaggio. Sarebbe stata la seconda volta che Koenecke veniva espulso dalle major leagues nell'arco di tre anni. La sua ultima opportunità era probabilmente passata. Il trio di esuli aveva prenotato un volo dell'American Airlines da St. Louis a New York, con collegamenti a Chicago e Detroit. Al momento dell'imbarco, Koenecke cominciò a bere senza moderazione, e nel momento in cui l'aereo era da qualche parte sopra il lago Michigan si alzò dal sedile e cominciò a discutere a gran voce con uno degli altri sette passeggeri a bordo. L'hostess tentò di calmarlo, e lui con rabbia la spinse a terra. Subito dopo, entrambi i piloti corsero in cabina per ristabilire l'ordine, e uno di loro - James Hammer, dalla stazza notevole - passò la seconda parte del volo a vegliare Koenecke fino a quando l'aereo atterrò a Detroit. Quando atterrarono, il giocatore di baseball fu scortato fuori, e disse che avrebbe trovato da solo la strada di casa. Koenecke alla fine contattò un pilota, William Joseph Mulqueeney, che era disposto a volare fino a New York, in un piccolo aereo che una volta era stato di proprietà della cantante di Broadway Libby Holman e di suo marito, l'erede della R. J. Reynolds Tobacco Company. Ad accompagnare Mulqueeney c'era il suo amico Irwin Davis, un paracadutista professionista. L'aereo decollò verso le 22:00, con Koenecke che si sedette davanti a fianco del pilota. Ben presto, però, il giocatore di baseball cominciò a spingere più volte Mulqueeney con la spalla, nonostante le ripetute richieste di fermarsi. Quando il giocatore di baseball rispose con una nuova spinta, Mulqueeney gli ordinò di sedersi nella parte posteriore. Koenecke a malincuore cambiò posto con Irwin, ma anche allora, seduto dietro a Mulqueeney, continuò a tirare il collo del pilota. Davis scivolò sul sedile di fianco per cercare di calmarlo. L'ostilità subì un'escalation. Subito, Koenecke e Davis iniziarono a gridare a vicenda. Poi iniziarono i pugni. Gli uomini lottavano tra di loro sul pavimento, e a quel punto Koenecke colpì Davis ripetutamente sulla spalla. Mulqueeney provò con crescente disperazione a controllare il piccolo aereo, mentre gli uomini lottavano da più di 15 minuti, che dondolava pericolosamente quando i due rotolavano da un lato all'altro. Davis, non più in grado di gestire il suo avversario più grande, chiese aiuto. "Ho dovuto prendere una decisione", disse Mulqueeney alla polizia, "C'era il pericolo che tutti e tre ci schiantassimo, o si doveva fare qualcosa con Koenecke". Il pilota raccolse un estintore e, con una mano ancora sui controlli, colpì Koenecke sulla testa. Serviva soprattutto per fermare il giocatore di baseball, che stava avendo la meglio anche su Mulqueeny. Così Mulqueeney lo colpì di nuovo. E ancora e ancora. Con il tempo Koenecke fu domato, il pilota non aveva idea di dove l'aereo si trovasse. Alla fine vide le luci di Toronto e chiese di atterrare. Quando la polizia arrivò, trovarono Koenecke - marito, padre, giocatore di baseball della Major League - con il cranio sfondato, che non respirava più. Illustrazione del dramma del Toronto Star Dopo aver ricevuto la notizia della prematura scomparsa del loro compagno di squadra, i Dodgers indossarono il lutto al braccio per la partita del giorno seguente contro St. Louis. La moglie di Koenecke, Gladys, prese la loro figlia di tre anni e dal loro appartamento estivo a Brooklyn ritornò nella loro casa nello Wisconsin. Il padre e il fratello di Koenecke andarono a Toronto per recuperare il corpo. The New York Times, martedì 17 settembre 1935 (per leggere l'articolo completo clicca qui) Mulqueeney e Davis furono chiamati in giudizio con l'accusa di omicidio colposo, ma ci vollero solo pochi minuti alla giuria per emettere il verdetto di autodifesa; gli uomini furono rilasciati e il caso venne chiuso. "Dio mio", disse Mulqueeney durante il processo, "Come vorrei non aver mai dato quei colpi". The New York Times, martedì 17 settembre 1935 Il giorno dell'apertura della stagione del 1936, Freddie Lindstrom - di 30 anni e recentemente rilasciato dai Cubs - iniziò per i Dodgers al posto di Koenecke, all'esterno sinistro. Il movimento giovanile atteso da Stengel non andò mai a buon fine, l'età media dei Brooklyns in realtà aumentò di quasi un anno rispetto alla stagione precedente. Dopo il settimo posto, il manager venne licenziato. Il nome di Len Koenecke tornò periodicamente sui giornali negli anni successivi, quasi sempre in riferimento al suo fielding record. Poi la sua storia di giocatore si perse, più o meno, e quello che spesso viene ricordato sono i suoi momenti finali, e di come le cose siano finite nel peggiore dei modi. Riferimenti da: THE BIZARRE DEATH OF LEN KOENECKE di Jason Turbow, 24 luglio 2016 - http://www.thenationalpastimemuseum.com
Il più difficile da mettere strikeout Joe Sewell Joe Sewell detiene lo straordinario record in carriera per essere il giocatore che ha subito meno strikeouts (minimo 1000 partite). Ci sono voluti 62,6 at-bats per mettere strikeout Sewell, nel senso che andò K solo 114 volte in 7132 ABs. Tra il 1925 e il 1933, Sewell fu messo strikeout meno di 10 volte a stagione. Nessun altro nella storia della Major League Baseball gli si è neanche avvicinato. L'ex infield degli Indians e degli Yankees Joe Sewell subì solo tre strikeout nel 1932, che è il minor numero di sempre in una stagione completa nella storia della MLB.
La strana storia di Johnny Frederick Johnny Frederick Poco dopo che i Dodgers scambiarono Johnny Frederick con Sacramento della Pacific Coast League nel dicembre del 1934, lui si confidò con Harold Parrott del Brooklyn Daily Eagle. Parrott aveva seguito il 32enne Frederick durante le sue sei stagioni nelle majors, dove aveva battuto .308 con 954 valide per Brooklyn. A questo punto, infatti, Frederick aveva oltre 2000 valide da professionista e avrebbe finito con 3421 hits. A Glendale, nella casa del Queens – dove la moglie aspettava un bambino che poteva nascere da un giorno all'altro e la famiglia doveva spostarsi verso ovest entro il mese - Frederick disse a Parrott ciò che aveva stimolato la sua partenza da Brooklyn. "Mi è stato facilitato dalla League", disse Frederick, "Lo so perché la gente del club di Brooklyn mi aveva detto che c'erano due squadre che erano interessate a prendermi dai waivers e avevano tentato di definire un accordo a metà stagione. Fino a quando nell'ultima settimana di settembre ho battuto più di .300, e ho finito la stagione con .296. Perché ora i club come i Phillies e i Braves, che hanno bisogno di outfielders, hanno cambiato idea così all'improvviso? E' solo una di quelle cose che si dice ma non accade". Parrott scrisse il 15 gennaio del 1935 che Frederick sarebbe sicuramente tornato nelle major. Ma la sua carriera in major league era già finita, proprio l'ultimo break di un giocatore che avrebbe potuto essere un Hall of Famer con una migliore fortuna o in un'epoca diversa. Carriere come quella di Johnny Frederick al giorno d'oggi non capitano più. Frederick debuttò nella PCL nel 1923, colpendo .332 per i Salt Lake Bees nelle sue prime tre stagioni, secondo Baseball-Reference.com. Ottenne rapidamente l'interesse da parte delle Majors, e lo scout dei Chicago Cubs, Jack Doyle, dichiarò che Frederick e Jimmy Welsh, dei Seattle Indians, "erano due dei migliori giovani che aveva scoutato nella sua lunga carriera", secondo quanto riferisce il The Bridgeport (Connecticut) Telegram del 9 novembre 1923. Il ventunenne Johnny Frederick con la casacca dei Salt Lake Bees nel 1923 Gli Washington Senators offrirono a Salt Lake 35000 $ per Frederick nel 1924, come scrisse Parrott nel 1935. Ma proprietario dei Salt Lake, Bill Lane, ne voleva 50000. Trattenne Frederick per altre quattro stagioni prima di scambiarlo nel gennaio del 1928 con Memphis della Southern Association per il lanciatore di minor league Dick Bennelly e 4000 $ . "Naturalmente, Lane si agitò ancor più quando Johnny battè .359 per i Chiks e alzò il prezzo dei Dodgers", raccontò poi Frederick a Parrott. I proprietari delle minor league in quei giorni si tenevano stretti i prospetti pregiati nella speranza di venderli ad un più alto prezzo. E' il motivo per cui Baltimora dell'International League tenne il futuro Hall of Famer Lefty Grove per cinque stagioni prima di venderlo finalmente ai Philadelphia Athletics nell'ottobre del 1924 per 100600 $. Un certo numero di prospetti in quel periodo passarono anche un periodo nelle alte minor come Gavvy Cravath, Buzz Arlett, e Smead Jolley. Altri fattori ostacolarono l'ascesa di Frederick. Pochi mesi dopo che Memphis lo ebbe venduto ai Dodgers il 10 settembre del 1928, un altro scrittore di lunga data del Brooklyn Daily Eagle, Tommy Holmes, fece notare le preoccupazioni che Branch Rickey espresse a Lane e al manager-giocatore dei Bees, Duffy Lewis, circa la difesa di Frederick durante un suo viaggio di scouting per i St. Louis Cardinals nel 1924. "Sì, sì, Frederick è tutto ciò" scrisse Holmes riportando quello che Rickey disse a Lane e a Lewis, "Ma mi dicono che è il braccio più selvaggio della League, che non sa mai dove la palla andrà quando la tira. Che dite di questo?". Lane e Lewis assicurarono Rickey che tutto sarebbe andato bene. Ma nel primo inning, un Frederick eccessivamente ansioso corse dal centro del campo per raccogliere una palla dietro l'interbase e tirarla a casa base. Volò ben oltre il piatto, colpendo lo schermo del box della stampa dove Rickey era seduto. "Se lo schermo non fosse stato lì", disse Frederick a Holmes nel dicembre del 1928, "Avrei colpito Rickey in mezzo agli occhi". Il biglietto da visita di Frederick nelle Major avrebbe dovuto essere la sua mazza. L'unico problema era, che molti dei compagni di squadra di Frederick colpivano bene con il vento leggero di Salt Lake City. Paul Strand aveva battuto .394 per i Bees nel 1923, guadagnandosi la vendita agli A's, dove fallì e diventò un ammonimento per il futuro. Lefty O'Doul colpì .392 nel 1924. Il futuro "Murderers Row Yankee" Tony Lazzeri aveva battuto .355 con 60 homers e 221 RBIs nel 1925, una delle più grandi stagioni della minor league di sempre. Però, Frederick e la sua squadra persero punti e le loro medie di battuta quando Lane trasferì la squadra a Hollywood dove divennero gli Stars nel 1926. La media squadra era stata di .324 tra il 1923 e il 1925, mentre i nuovi Stars colpirono .266 nel 1926. Frederick battè .277 nel 1926 e .305 nel 1927, e dopo Lane lo vendette a Memphis. "Stavo quasi per abbandonare il baseball, invece di andare a Memphis", disse Frederick a Parrott nel 1935, "Avrei voluto, solo che avevo appena messo un sacco di soldi nel mio lodge e sul campo, e avevo bisogno di soldi. È per questo che sono andato ai Chicks, e, infine, nelle major". Il pitcher di Boston, Bob Smith, affronta Johnny Frederick nell'opening day del 1929 al Braves Field Nel 1929, tutto andò per il meglio per Johnny Frederick. Colpì .328 con 24 home run per i Brooklyn, leader della National League con 52 doppi. Chiuse al 20° posto nella votazione per l'MVP della NL. Se ci fosse stato il Rookie of the Year Award allora, Frederick avrebbe vinto. "Un sondaggio della National League probabilmente dimostrerebbe che Johnny Frederick dei Robins è quasi universalmente considerato l'eccezionale matricola della stagione della National League", scrisse Holmes il 1° ottobre del 1929, "E certamente Frederick è il miglior giovane giocatore che il club di Brooklyn ha scoperto da diverse stagioni". Frederick seguitò a colpire .334 nel 1930, aiutando Brooklyn a finire 86-68 e piazzarsi al quarto posto, la loro prima alta posizione dal 1924. A metà di settembre, Brooklyn era prima. Ma il 13 settembre, Frederick si infortunò al muscolo della coscia e perse il resto dell'anno. Continuò a zoppicare per il resto della sua carriera in major league, mancando una media di 25 partite a stagione dal 1931 al 1934. Anche i numeri di Frederick scesero dopo che la Rawlings introdusse la palla di sughero-ammortizzata per le Majors nel 1931. La battuta era appena al di sotto di 64 punti della media offensiva in quella stagione.
Cinque Brooklyn Dodgers posano l'11 luglio del 1933 all'Ebbets Field di New York. Da sinistra: Joe Hutcheson, Sam Leslie, Dan Taylor, Johnny Frederick e Walter Beck Circolavano voci di cessioni, tra cui una che vedeva Frederick come parte di un pacchetto per l'esterno centro di St. Louis Cardinals, Taylor Douthit. Holmes scrisse il 1° dicembre del 1931, che Frederick non era un cattivo esterno centro. Douthit era più veloce e avrebbe avvantaggiato O'Doul e Babe Herman che presidiavano gli angoli outfield di Brooklyn. "Il maggior terreno che un difensore centrale di Brooklyn è in grado di coprire, riduce le coperture di Mr. Herman e Mr. O'Doul", scrisse Holmes. 1932- Gli esterni dei Brooklyn Dodgers (da sx): Johnny Frederick, Lefty O'Doul e Hack Wilson Come i suoi numeri iniziarono ad oscillare, Frederick provò diversi approcci al piatto, tra cui le valide in campo opposto sopra la testa dell'interbase. "Questo rovinò i timing naturale del battitore mancino" scrisse Holmes il 15 febbraio del 1934, "Quando cercava di 'tirare' la battuta non poteva e quando cercava di colpire sopra l'interbase, non gli riusciva". Alla fine, i Dodgers tagliarono le loro carenze, cedendo il 26 dicembre 1934 Frederick e il lanciatore Arte Herring e contanti a Sacramento per Frenchy Bordagaray. "Ho giocato male quest'anno, in gran parte perché la mia gamba mi ha dato fastidio", disse Frederick a Parrott. "Ho detto al manager Stengel che ero cosciente di aver giocato male. Lui mi ha detto: Tu non puoi far parte dei nostri progetti per il 1935. Così ho suggerito di mandarmi alla Coast se avevano intenzione di cedermi o non avrei più giocato per nessuno. Io non so se Sacramento mi darà un contratto di due anni e un buon prezzo. Tornerò al mio posto a Portland, Oregon, dove posso vivere comodamente". Alla fine, questo è quello che Frederick fece. Dopo essere rimasto fuori nella primavera del 1935, colpì .363 per Sacramento. Poi battè .322 e più per cinque anni ancora con i Portland Beavers, che lo nominarono giocatore-manager per la sua 19a e ultima stagione da professionista nel 1940. "Nel diventare manager del club della mia città natale realizzo un sogno d'infanzia e non sto scherzando", disse Frederick a Holmes per un articolo del 14 dicembre 1939, "Ma dopo tutti questi anni ho intenzione di rinunciare all'esterno e giocare in prima base. Non vorrei pensare di cercare di dirigere in maniera insolita dall'erba". Per un giocatore la cui la difesa pregiudicò la sua carriera in major league, fu probabilmente una mossa intelligente. Riferimenti da: The Strange Story of Johnny Frederick di Graham Womack, 2 agosto 2016 - http://www.thenationalpastimemuseum.com
La salvezza di Lonny Frey Nel 1989, l'anno che ha segnato l'inizio del punto più basso della loro esistenza post 1915, gli Yankees acquistarono una lanciatore mancino di nome Greg Cadaret come parte dello scambio di Rickey Henderson con gli Oakland A's. Ricevettero anche Eric Plunk e Luis Polonia, un incasso irrisorio per il futuro Hall of Famer e il più grande leadoff di tutti i tempi. Questo fu già abbastanza brutto, ma come gli Yankees trattarono Cadaret ci suggerisce quanto fosse confusa l'organizzazione a questo punto della loro storia. Cadaret, 27enne, aveva già 113 partite in carriera in Major League trascorse interamente come rilievo di mezzo nel bullpen di Tony La Russa. Aveva avuto un soddisfacente successo in quel ruolo, realizzando una ERA di 3.24 nonostante avesse concesso la base su ball a circa cinque battitori per nove inning - nella stagione della vittoria del pennant del 1988 - contenendo, però, i battitori mancini ad una media di .198 e non concedendo nessun fuoricampo. Preso all'11° turno del draft, Cadaret aveva fallito come partente nelle minor, concedendo quasi sette punti per nove inning (5.72 ERA) in 57 partenze nel 1985 e nel 1986. Fu solo quando lo misero nel bullpen nel 1987 che gli A's furono in grado di portarlo in major. I punti di forza e i limiti di Cadaret erano chiari, o almeno avrebbero dovuto esserli. Gli Yankees, però, erano alla disperata ricerca di lanciatori, e la disperazione distorce il pensiero. Dopo aver ricevuto Cadaret nel mese di giugno, gli Yankees lo usarono come rilievo per circa due settimane. Lanciò molto male, e il pensiero fu che si sarebbe potuto risolvere in qualche nodo spostandolo nella rotazione dei partenti. Fece tre partenze, una buona e due cattive, e tornò nel bullpen, perché se era andato male come rilievo non era andato meglio come partente, e forse il cattivo partente sarebbe stato un rilievo migliore. Dopo due apparizioni, era di nuovo nella rotazione di partenza. Dopo un paio di buone partenze, tra cui una no-hit contro i Cleveland Indians, che durò fino all'ottavo inning, divenne un partente per sempre. Mescolò delle buone partenze con delle scadenti, con abbastanza delle prime per dare una speranza che la conversione avesse funzionato e abbastanza delle scadenti per confermare che non sarebbe mai accaduto. Da questo punto della stagione in poi, la sua ERA passò a 4.45. Gli Yankees ripeterono le versioni di questa storia con Cadaret per i successivi tre anni. Lo si potrebbe chiamare un giocatore versatile, ma in realtà era più un rilievo a bassa influenza, che a volte era partente perché la squadra aveva paura di dare al ragazzo un processo equo. Quando vennero perpetrate queste scelte con lui, nel 1992, avevano così eroso il suo valore che tutto quello che potevano ottenere dai Reds per cederlo fu una "somma imprecisata di denaro contante." Avevano cercato di cederlo per tre mesi. Chiedere ai giocatori di fare quello che non possono fare, come era successo a Cadaret, è una caratteristica delle squadre scadenti. Chiedere a Billy Hamilton di giocare leadoff e al 41enne Ichiro Suzuki di giocare ogni giorno e presumere che Jesus Montero riceva o insistere che Justin Smoak sia un quotidiano prima base e che Mike Zunino possa colpire il lanciatori di Major League avvalorano quanto detto. Molto spesso ciò che fanno è allungare il periodo di un giocatore in difesa, ed è solo quando si abbandonano all'inevitabile che il vero valore del giocatore viene rivelato. Linus "Lonny" Frey La buona versione di questa storia appartiene ad un interno del 1930 e '40. Linus "Lonny" Frey che ebbe bisogno di una “coperta di sicurezza” quando iniziò a giocare interbase. Lo fece per la maggior parte delle prime cinque stagioni della sua carriera in major league, quando 22enne fu preso dai Dodgers nel 1933. Battitore mancino con buona pazienza e dalla potenza occasionale, aveva una mazza produttiva per un infielder di mezzo. Nei primi anni '30 ci fu Arky Vaughan e tanti altri, ma se si vuole andare con il semplice espediente di OPS+, Frey si classificò tra i primi cinque shortstops offensivi del baseball durante quella fase della sua carriera (1933-1937). Gli unici shortstops che erano battitori con OPS+ nella media della League o migliori: 1. Arky Vaughan, 153 2. Luke Appling, 119 3. Joe Cronin, 110 4. Lonny Frey, 107 5. Dick Bartell, 100 In termini di difesa, Frey non aveva valutazione. Non aveva il braccio o la precisione dell'interbase, in parte a causa di infortuni, in parte all'inesperienza. Frey era letteralmente un artefatto della Grande Depressione, lui non fece il passaggio da dilettante a professionista fino all'età di 21 anni e perse il suo lavoro come stenografo in una fabbrica nel 1931. Gli errori risultanti minacciavano di divorare la sua carriera. Il modo più semplice per illustrare questo è quello di mostrare le sue statistiche:
La percentuale di fielding non è tutto, ma anche negli anni '30, più di 50 errori erano più di 50 errori (questo totale fu meno insolito negli anni '40) - Ci furono solo cinque stagioni con questo numero di errori, da parte di un interbase, durante l'intero decennio. I fans di Brooklyn cominciarono a fischiare Frey. "Lonnie è sensibile per come i fans a Brooklyn gridano e quando lo hanno fischiato, è andato in pezzi", disse il suo manager Casey Stengel nel 1936, "Non posso far giocare mai più Frey all'interbase a Brooklyn . . . Se fosse andato di nuovo in quella posizione nel nostro stadio, quei ragazzi linguacciuti in tribuna avrebbero potuto bueggiarlo e non sarebbe mai stato in grado di raccogliere una palla. Quando alcuni fans dei Dodgers mirano un attacco verbale su un giocatore, non si fermano". I Dodgers pensavano di spostare Frey nel campo esterno, ma alla fine rinunciarono e lo scambiarono con i Cubs per un interbase più affidabile. I Cubs, che avevano già un solido interbase, cedettero Frey ai Reds. Fu allora che la vita di Frey cambiò, perché il suo nuovo manager era Bill McKechnie, un allenatore che conosceva la sua difesa. Trasferì Frey in seconda, dove il suo tiro fu meno problematico. Diventò tre volte All-Star come battitore e, forse ancora più importante, grande difensore nella nuova posizione. Rimase a Cincinnati, attorniato da un pubblico difficile da accontentare, fino al 1943, dopo di che Frey si arruolò per combattere nella seconda guerra mondiale. Giocò allo stesso livello dei suoi contemporanei difensori del sacco di seconda incluso l'Hall of Famer Joe Gordon, Billy Herman, Bobby Doerr, e Charlie Gehringer. La carriera di Frey ebbe ancora la sua quota di stranezze dopo che andò 0 su 17 nelle World Series del 1939 e concesse un singolo solo perchè era in piedi sull'attenti quando il presentatore distrattamente mise l'inno nazionale dopo che la partita era iniziata e la palla era in gioco, ma giocò anche con tre squadre vincitrici del pennant raccogliendo due anelli (di cui uno con gli Yankees, futura squadra di Greg Cadaret, alla fine della sua carriera) anni prima che i Dodgers alla fine vincessero il loro primo titolo nel 1955. Molti grandi giocatori hanno iniziato la loro carriera come infielders prima di trasferirsi altrove, Mickey Mantle, Hank Aaron e Carl Yastrzemski tra di loro. Le loro squadre avevano rinunciato all'idea di utilizzarli come infield prima o molto presto dopo che avevano raggiunto le major. Altri, come Jose Offerman e Melvin Upton, hanno dovuto dimostrare più e più volte che non erano adatti alle loro posizioni iniziali, in entrambi i casi all'interbase. E' comprensibile che le loro squadre fossero riluttanti a lasciarli andare dato il loro valore come battitore di punta, ma non vi è quasi nessun record nella storia della Major League di un giocatore così drammaticamente sconfitto dalle esigenze difensive della sua posizione che alla fine ha dominato nelle major league. David Ortiz è un caso simile. Ai Twins non piaceva che fosse un pull hitter e un difensore mediocre. Erano così investiti in ciò che non poteva fare che non riuscirono a indagare correttamente su ciò che poteva fare, portando ad una serie di decisioni che alla fine costarono il loro giocatore. Nella vita come nel baseball, in tutte le vostre relazioni problematiche con i colleghi in mancanza di smettere di sperare, iniziate a fare. Accettate ciò che è e andate avanti. Alla fine, il gioco superiore è quello che fece McKechnie. Il Lonny Frey Salvation è aperto a tutti coloro che hanno la chiarezza di visione per vederlo. Cincinnati Reds 1939 - Linus "Lonny" Frey (il quinto da sinistra nella fila in alto) aveva iniziato la sua carriera in Major League come interbase switch - hitter con i Brooklyn Dodgers nel mese di agosto del 1933. Godette la sua migliore stagione nel 1939 dopo che il manager Bill McKechnie lo convinse a battere solo da mancino. Frey ha continuato a colpire .291 con 11 fuoricampo, leader dei Cincinnati Reds vincitori del pennant della National League Riferimenti da: The Lonny Frey Salvation, di Steven Goldman 28 luglio 2016 - http://www.thenationalpastimemuseum.com
Masaichi Kaneda: L'Imperatore In Giappone, nel corso degli anni 1950 e '60, Masaichi Kaneda, Shigeo Nagashima, Sadaharu Oh e Katsuya Nomura furono i volti del baseball professionale. Nagashima, terza base, e Oh, prima base, furono compagni di squadra dalla potenza incisiva per gli Yankees Giapponesi, i Yomiuri Giants. Nomura fu il catcher slugging fuoricampista per gli Nankai Hawks, e Masaichi Kaneda giocò con i Kokutetsu Swallows. Kaneda è stato un lanciatore mancino che ha realizzato dei record che non verranno mai superati. Lanciò per una squadra perennemente in fondo alla classifica, i Kokutetsu Swallows (ora, Yakult Swallows). A volte durante la loro lunga esistenza, gli Swallows stabilirono dei nuovi standard di mediocrità. Anche gli Washington Senators di Walter Johnson non potevano competere con il modestissimo stato dei Swallows. Nel bel mezzo delle crisi dei Swallows, c'era Kaneda, la stella più luminosa del cielo. La più incredibile statistica relativa a Kaneda è che vinse il 45% delle vittorie dei Swallows durante il suo mandato (1950 e 1960). Steve Carlton lo fece per un anno (1972) con i Philadelphia Phillies, e fu ragguardevole. Kaneda lo fece per un'intera carriera. Incredibile! Kaneda, lancia per i Yomiuri Giants contro i Chunichi Dragons il 10 ottobre del 1969, registrando la sua 400° vittoria. Durante la sua carriera con il mediocre attacco dei Kokutetsu Swallows (1950-1964), realizzò il 45% delle loro vittorie Kaneda era nato nella zona di Nagoya il 1° agosto del 1933, da genitori coreani, e si chiamava Hyung-Hong Kim. Alla fine, prese il nome con cui tutti lo conosciamo di Masaichi Kaneda. E' cresciuto giocando a baseball e divenne un giovanotto alto 1,82 per 82 kg. La sua principale risorsa nel baseball era una fulminante fastball con movimento. Per gran parte della sua carriera da professionista, lanciò la sua 4-seamer che andava dalle 94 alle 96 mph. Ha anche sviluppato un lancio descritto come una "drop-curve". Oggi, si chiama una secca breacking "slurve". La prima volta che Kaneda (# 34, a destra) affrontò lo slugger destro Shigeo Nagashima (estrema sinistra), lo mise strikeout 4 volte consecutivamente. Sadaharu Oh, il più grande battitore di potenza nella storia del baseball giapponese, subì la stessa sorte contro Kaneda nel loro primo incontro All'età di 17 anni, lasciò la Kakuei Shogyo High School per firmare con Kokutetsu. Gli Swallows, nel corso degli anni, hanno per lo più giocato al Meiji Jingu Stadium nel quartiere di Shinjuku di Tokyo. Lo stadio, di proprietà del Meiji Shrine (un'istituzione religiosa) è uno dei pochi ballparks che ospitarono, nel corso del 1934, le partite del tour del team americano di All-Star che comprendeva Babe Ruth, Lou Gehrig, Jimmie Foxx e altri grandi. Questo campo da baseball aveva anche ospitato per lungo tempo le partite della leggendaria Big Six Baseball League. Quando Kaneda firmò con Kokutetsu, ebbe dei problemi reali, come la maggior parte dei giovani mancini, nel lanciare strikes con costanza. Lavorò incessantemente per migliorare il suo controllo e il suo sforzo fu ripagato. Egli è l'unico lanciatore nella storia giapponese a vincere 400 partite (contro 298 sconfitte). In realtà, Kaneda registrò 82 shutouts nella sua carriera, dietro solo al grande Victor Starffin che in carriera ne totalizzò 83. Kaneda raggiunse anche altri records in carriera, come ad esempio i 365 complete games, 5526.2 innings lanciati e lanciò in 940 partite (queste includono anche alcune apparizioni come rilievo). Concesse la base a 1808 battitori e mise sorprendentemente strikeouts 4490 battitori - in entrambi i casi detiene i records. La sua ERA in carriera è un notevole 2.34. Kaneda vinse 3 Sawamura Awards nel 1956, 1957 e 1958 ed è stato eletto nella Hall of Fame del Giappone nel 1988. Kaneda lanciò il 4° perfect game nella storia del baseball professionale giapponese il 21 agosto del 1957. Il numero 34 della casacca di Kaneda, è stato ritirato dai Giants nel 1970 Kaneda, una volta che riuscì a gestire il suo controllo, divenne "effettivamente vincente". I battitori si trovavano in difficoltà contro la sua ardente palla veloce. Nel 1950, gli Hanshin Tigers, vedendo Kaneda per la prima volta, fermarono la partita e vollero che l'arbitro misurasse la distanza dalla pedana al piatto di casa base, convinti che stesse lanciando da una distanza più vicina. Il risultato dimostrò che era alla giusta distanza. Di tutti i lanciatori nella storia giapponese, Kaneda soffrì del supporto del suo lineup (l'attacco degli Swallows di solito era anemico), perdendo 20 e più partite in 6 stagioni differenti. Nel 1951, lanciò una no-hitter contro i grandi battitori degli Hanshin Tigers e il 21 agosto del 1957 lanciò un perfect game. La prima volta che il grande slugger mancino Sadaharu Oh affrontò Kaneda, andò strikeout 4 volte di fila. Kaneda, fu chiamato "L'Imperatore" a causa della sua supremazia sul monte. Vinse 30 partite in una stagione per due volte, e realizzò 20 vittorie in 14 stagioni consecutive. Per 10 volte vinse la classifica degli strikeouts, tra cui un sbalorditivo record di 350 Ks nel 1955 in una stagione 130 partite. Kaneda realizzò anche un record incredibile durante la stagione 1958, lanciando 64.1 innings consecutivi scoreless, uno dei più incredibili dei suoi molti records nel baseball professionistico giapponese. Il lanciatore americano Steve Carlton può essere paragonato a Kaneda. La differenza principale è che Carlton metteva out con gli sliders mentre Kaneda eliminava i battitori con la palla veloce. Si stima che Kaneda avrebbe vinto circa 360 e più partite in America, e sarebbe stato un Hall of Famer anche negli USA. Masaichi Kaneda è il più grande lanciatore mancino nella Storia del Baseball Giapponese!
L'arte perduta di discutere con un arbitro Se volete sapere che cos'era il baseball nei tempi passati, nei giorni pre-PC, fate una ricerca su Google su come Earl Weaver esplodeva contro uno sfortunato arbitro. È possibile ottenere lo stesso risultato anche se guardate Billy Martin o Tommy Lasorda, ma Weaver era il re della diplomazia "in-your-face". Finto o no che fosse, purtroppo non si vede più uno spettacolo così. Questo può essere un bene e un male per il gioco attuale. Il baseball è maturato e si è evoluto in molti modi, tra cui la chiusura di una giocata dubbia dopo essere stata riesaminata. Il progresso più evidente è nella tecnologia, come l'instant replay che è oggi la risorsa più importante del settore. Super telecamere slow motion assicurano che praticamente ogni chiamata sia corretta, anche se richiede un ritardo di due-tre minuti, mentre il replay è studiato in una sala di controllo di New York. E' chiaro, efficiente, e una salvaguardia contro l'errore umano. E' quello che vogliamo tutti, no? Noi non vedremo mai più un altro disastro come le World Series del 1985, e anche Don Denkinger, che costò ai Cardinals un campionato dopo lo storica chiamata sbagliata in prima base in Gara 6, sarebbe d'accordo che non c'è alcun sostituto per il computer. La leggendaria protesta di Earl Weaver con Bill Haller Ma, nel momento in cui il baseball inaugura l'era dell'imperfezione arbitrale, stiamo anche dicendo addio alle vecchie dispute che hanno reso il gioco divertente da guardare. Alcune erano eccessive e da fumetto; non diversamente dai wrestlers professionisti che sbattono a vicenda le corde. Ma alcuni scontri sono nati da ostilità. Con pochi clic del mouse troverete un video del 1980 tra Weaver e Tom Haller, ed entrambi erano stati microfonati. Vi renderete conto rapidamente che non c'era niente di falso sul loro scontro. "Sei qui per una ragione che è per [bip] noi!" Weaver gridò a Haller, che stava arbitrando in base, "E stai per avere la tua occasione domani sera [dietro al piatto]". La volontà di Weaver di prendere posizione per i suoi giocatori fu uno dei (tanti) motivi per cui era amato dagli Orioles e da una generazione di appassionati di baseball di Baltimora. Earl era un uomo un po' duro che non temeva nessuno - lo dimostrò nel modo in cui inesorabilmente esauriva gli arbitri. Lo stesso si potrebbe dire di Martin e Lasorda. Il manager dei Baltimora Orioles Earl Weaver discute con l'arbitro di casa base Marty Springstead Il fatto è che quei managers post-generazione mai si sarebbero aspettati di ottenere una modifica delle chiamate. Joe Torre, una volta disse: "A volte sei là fuori per il bene della chiamata successiva". Per alcuni, questo significava abbracciare il nulla, come annullare la scuola della negoziazione (così come la guerra di Weaver e Haller fu davvero una cosa ancora più bizzarra, ma andò avanti per sei minuti). Altri managers hanno cercato di essere più sottili. In entrambi i casi, avevano un piano. Ma fronteggiarsi con un arbitro oggi sembra superato come il tabacco da masticare e i calzettoni a staffa. Buck Showalter mestamente aveva osservato: "[Litigare] è qualcosa che hai usato per lavorare. Si tratta di un insieme di abilità che sta lentamente esaurendosi". Il manager moderno è invece occupato con avanzate metriche, e deve decidere quando e dove impiegare uno spostamento difensivo. Pensare a come utilizzare il pitcher più adatto dal bullpen dopo il settimo inning e, ancor più significativo, come spiegare il tutto durante l'incontro con la stampa nel post partita. E' un mondo diverso, uno come Weaver e la sua generazione probabilmente lo rifiuterebbe. Immaginate Earl e Billy e Tommy intervistati nel 2016, non nel loro ufficio con i piedi sul tavolo, di solito mezzo svestiti, ma in una conferenza stampa in diretta tv. Impossibile. E pensate come quei manager avrebbero preso le critiche dei giornalisti armati di statistiche come la WAR e BABIP. Ancora più impossibile. Tu contesti con l'arbitro perché non c'è niente altro che puoi fare al riguardo ~ Leo Durocher Veniamo da un periodo in cui il baseball era motivato dalla personalità, quando il gioco era tanto arte quanto scienza, forse di più. Possiamo dire del baseball che è migliorata la sua velocità e l'atletismo, e nessuno avrebbe da discutere. Ma che dire di come poteva essere meravigliosamente imperfetto? Il manager dei Blue Jays Joe Gibbons ha sollevato un buon punto quando la scorsa estate aveva detto: "La gente ha bisogno di qualcosa come le proteste, fa parte dello sport. Il gioco è stato così buono per così tanto tempo, a volte basta lasciarlo così come sta". Si riferiva alla propagazione dell'instant replay e se mai un giorno gli arbitri potranno essere sostituiti. Non credo che accadrà in tempi brevi. Per primo, gli UMPS sono sindacalizzati, ed è difficile credere che si lascieranno eliminare senza scendere in sciopero. Ma i giocatori non hanno alcun amore per gli arbitri e probabilmente attraverserebbero il loro picchetto. Neanche ai managers piacciono e segretamente credono che prima o poi lo stop arriverà dopo anni di atteggiamenti negativi e di una mancanza di responsabilità. La cosa ancora più sorprendente è che i manager ritengono l'arbitraggio in realtà peggiore oggi che nell'epoca di Weaver-Martin-Lasorda. L'instant replay agisce come una rete di sicurezza, coprendo e correggendo le cattive chiamate degli UMPS. "Sono almeno 6-8" i numeri degli arbitri di oggi che non dovrebbero far parte delle Major Leagues, secondo un manager veterano. Ma non ha senso discutere con loro. Non c'è bisogno: il computer vede e sa tutto. Il manager degli Yankees Billy Martin discute con l'arbitro Durwood Merrill, che una volta lo definì 'probabilmente l'uomo più meschino e più ingiusto di tutti sul campo' Peccato. Non c'era nulla come vedere le vene del collo di Martin pronto ad esplodere, convinto che gli Yankees fossero vittima di una cospirazione di cattive chiamate. LaSorda era un uomo di spettacolo; Weaver è stato il piccolo Napoleone. E gli arbitri stessi erano parte del circo, altamente caratteristici nel modo di chiamare balls, strikes e arbitrare sulle basi. Andate a vedere Dutch Rennert. Andate a vedere Ron Luciano. Erano pittoreschi come i managers che li consideravano nemici. Il manager dei Los Angeles Dodgers Tommy Lasorda, a sinistra, protesta con l'arbitro di casa base Fred Brocklander Quegli UMPS in realtà non badavano all'istrionismo; sapevano che era tutto parte del pacchetto di intrattenimento. Eppure, ci sono alcune regole che dovevano essere seguite. Tim McClelland, che si è ritirato nel 2015 dopo una carriera di 32 anni, una volta disse: "Avere personalità, non tirarla per le lunghe e non essere poco professionale. Non voglio una guerra là fuori, voglio lasciare che un giocatore o un manager dica la sua. Ma nessun arbitro vuole essere ridicolizzato". Ogni arbitro ha una linea che non può essere attraversata, anche oggi. I tabù universali includono che non si può dire ad un UMP che lui "fa schifo" al posto della chiamata "che fa schifo". Lo stesso vale per la gesticolazione sfrenata. E' vietato far agitare deliberatamente i fans o, come ha spiegato McClelland, "utilizzare gli UMPS come un oggetto di scena. Sicuramente questa cosa non ci piace". Ma qual è il punto del litigare con un arbitro al giorno d'oggi? La questione è deferita in quella stanza di controllo presso la sede MLB in cui, in ultima analisi, spetta a un computer effettuare la chiamata. Se ottenerla nel modo giusto è ciò che cercate, allora il baseball ha raggiunto l'età dell'illuminazione. Ma non vergognatevi di ammettere che qualcosa manca dal portare il gioco verso una fine antisettica. Il Baseball poteva essere stato marginalmente difettoso nel corso delle partite, ma era divertente da guardare. La nostra impressione è che si devono guardare tutti i sei minuti di Weaver contro Haller, ogni secondo del filmato. Riferimenti da: The Lost Art of Arguing With an Umpire, di Bob Klapisch 5 giugno 2016 - http://www.thenationalpastimemuseum.com
Record di fuoricampo dei catchers della MLB Mike Piazza detiene il record della MLB per il maggior numero di fuoricampo in carriera come catcher: 396. Si stima che Josh Gibson abbia colpito oltre 800 HRs, mentre riceveva nelle Negro Leagues. Alcune proiezioni mostrano che Gibson avrebbe potuto battere più di 775 HR nelle Majors. Josh Gibson A Josh Gibson, uno dei più grandi battitori di potenza nella storia del baseball professionista, fu impedito di giocare nelle Major League durante la sua vita a causa della segregazione razziale (in sostanza la regola della MLB durò dal 1884 al 1946). Giocò per gli Homestead Grays e i Pittsburgh Crawfords
Mantle coach di prima base I New York Yankees del 1970 erano nel bel mezzo della loro lunga siccità di pennants (la durata effettiva iniziò nel 1964 e terminò nel 1976), e nonostante la notorietà emergente di Thurman Munson e di Bobby Murcer, la squadra era stata contestata al botteghino, soprattutto per il ritiro di Mickey Mantle, che aveva annunciato il suo pensionamento durante lo spring training del 1969. Il 1 marzo del 1969 la stella dei New York Yankee, Mickey Mantle, a sinistra, annuncia il suo ritiro dal gioco attivo nella conferenza stampa a Fort Lauderdale durante lo spring training Mantle era la grande attrazione della franchigia. Aveva solo 38 anni, e nelle giuste circostanze, avrebbe ancora potuto giocare. Ma, purtroppo, ebbe la sua ultima grande stagione a 32 anni, e a 36 anni si ritirò. Il suo disinteresse all'esercizio fisico aveva effettivamente preso il suo tributo - e la cosa apparve evidente nella coscienza dei fans dopo la pubblicazione del best-seller di Jim Bouton, Ball Four. Il libro, che aveva indicato le tendenze di Mantle ad eccedere nella vita notturna, sembrò scioccare poco lo zoccolo duro dei fans di Mantle. I fans riadattarono solamente ciò che sapevano di lui e, se non altro, lo resero ancora più popolare. Fu, nonostante tutto, un buon periodo per i giocatori di New York - Joe Namath e Walt "Clyde" Frazier erano gli eroi attuali, e in qualche modo veniva ancora incluso nel club anche Mickey. La cerimonia del ritiro dell'uniforme di Mickey fu il punto più alto della stagione del 1969, quando 60096 persone riempirono lo Yankee Stadium per vedere la targa di Mantle aggiunta sul muro dell'outfield, e poi lo acclamarono così potentemente nell'Old Timers Day, qualche settimana dopo, che sovrastò l'introduzione successiva di Joe DiMaggio (Lo staff delle Pubbliche Relazioni del team, decise più tardi quella settimana di invertire in futuro l'introduzione in modo che DiMaggio potesse ottenere un giro completo e robusto di applausi tutti per sé. Fu una pessima idea. Joe non era felice e minacciò di non tornare mai più. Così rimase tutto come prima per far sì che Joe restasse, e ci ritornò ogni anno, a parte uno, per il resto della sua vita. Mickey non poteva prevedere tutto ciò quando fu introdotto). Mantle e DiMaggio all'Old Timers Day del 1969 La stagione del 1970 arrivò sulla scia della commozione di Mantle del 1969. Gli Yankees stavano giocando meglio del previsto, in corsa verso le 93 vittorie, ma non furono mai in lizza, con Baltimora che tenne la testa della classifica. Mickey fu impiegato come guest instructor nello spring training degli Yankees, e poi come commentatore della NBC nel Game of the Week. Ma i dirigenti degli Yankees rimasero di stucco nel vedere i Mets raggiungere quasi i 2,7 milioni di spettatori mentre il loro pubblico faticò a raggiungere 1 milione e 100 mila. In tempi disperati si doveva ricorrere a misure disperate. E così, Lee MacPhail, il General Manager degli Yankees, chiamò l'agente di fiducia di Mantle, Roy Vero. "A Mickey piacerebbe unirsi a noi come coach di prima base?", disse MacPhail (I Mets avevano Yogi Berra come coach di prima). Mantle non era felice come annunciatore della NBC; non era la sua vocazione. Senza molte esitazioni fu fatto un accordo, in base al quale Mickey si sarebbe ricongiunto con gli Yankees il 30 agosto per equilibrare la stagione, e poi decidere per il futuro. Mantle fu ben compensatao (25000 $ fino alla fine della stagione) per quello che definì "patting a guy on the ass and saying nice hit" (dare una manata sul sedere a un ragazzo e dire bella valida). Gli venne dato un supplemento di 12500 $ per rendersi disponibile nelle occasioni importanti degli Yankees. Anche se la storia della sua partenza dalla NBC e il ritorno agli Yankees fu ampiamente pubblicizzato, Mickey realmente non informò mai la NBC. I dirigenti di NBC Sports scelsero di alzare le spalle e di lasciarlo andare, ma, ovviamente, non fu molto cortese di non informare il proprio datore di lavoro. Il manager della clubhouse, Pete Sheehy, frettolosamente prese la casacca di Munson, che aveva indossato per cinque mesi e rimosse il n° 15 e ci cucì sopra il n° 7 (L'uniforme di Mantle dello spring training si era persa in qualche precedente raduno Old Timers Day e non fu mai più trovata). Munson ottenne un nuovo n° 15. Il manager di Mickey era il suo vecchio skipper, Ralph Houk; i suoi colleghi coaches erano Jim Hegan, Dick Howser, Elston Howard e Jim Turner. Conosceva alcuni dei giocatori visti allo spring training, ma in realtà, chi erano questi ragazzi? Dov'erano Moose e Whitey e Hank? Chi erano Danny Cater, Curt Blefary e Gary Waslewski? Il giorno stabilito, il 30 agosto Mantle andò verso il suo vecchio armadietto vicino alla sala del trainer e cominciò a vestirsi. Sul suo sgabello c'era una nota della Public Relation degli Yankees, che delineava le sue mansioni per il giorno - una conferenza stampa, incontro con uno sponsor, una sessione di autografi, foto sul campo con i vincitori del concorso, un clinic e una serie di interviste telefoniche. "Questo che . . . # @% $! è?", cominciò a dire, prima di rendersi conto che era una gag. "Pete, che ne dici di portarmi la mia colazione dei campioni?", disse a Sheehy. Pete corse subito in sala da pranzo e portò a Mickey una bevanda in un bicchierone di carta. Ebbene sì, Mickey era tornato. Se vedere Ron Klimkowski, Pete Ward, e Ron Hansen era imbarazzante (dove erano Billy e Clete e Roger?), niente era più scomodo che essere assegnato a fare il coach di prima base al posto di chi lo faceva da tempo, prima che lui arrivasse. Due foto di Mantle coach di primaIl popolare Elston Howard era il coach di prima base della squadra. A Mickey piaceva Ellie - aveva persino suggerito che gli sarebbe piaciuto dividere la stanza con lui mentre ancora nessun giocatori bianco divideva la stanza con un giocatore di colore nella Major League Baseball. Ma il piano era che Ellie avrebbe fatto il coach per i primi tre inning, poi Mickey per altri tre, e Ellie gli ultimi tre. Imbarazzante. Mickey venne presentato dall'annunciatore Bob Sheppard prima della partita, e nel quarto inning, mentre prese il suo posto nella box del coach 20980 tifosi ruggirono. Si tolse di nuovo il berretto e li ringraziò, sentendosi un po' sciocco per tutto quello che stava accadendo. Ma fece un buon lavoro, perché l'inning successivo, Roy White degli Yankees colpì un grand slam per mettere avanti New York sui Twins 5-2, facendo alzare in piedi i fans ancora una volta. E questo si rivelò essere il punteggio finale. Che esordio da coach!
La primo partita di Mickey come coach fu il 30 agosto del 1970 allo Yankee Stadium. Stavano giocando i Minnesota Twins con Bert Blyleven che lanciava. Bobby Murcer, da leadoff, ricevette la base su ball nel quarto inning. Quando arrivò in prima, si avvicinò a parlare con Mickey, che scherzosamente lo spinse via. Tutti gli Yankees esplosero in una risata guardando questo siparietto. Murcer smise di ridere qualche secondo più tardi quando venne eliminato in seconda sulla battuta in doppio gioco di Danny Cater. Il prima base dei Twins Rich Reese osserva la scenetta C'erano solo altre 18 partite da giocare in casa sul calendario perchè i tifosi potessero vedere Mickey come coach di prima. Per una serie a metà settimana, tre giorni contro Boston, dal 15 al 17 settembre, ci furono in totale 22085 spettatori. Che Mickey fosse il caoch di prima non era, dopo tutto, l'attrazione vera e propria. Gli Yankees pianificarono un clinic sulle gradinate a sinistra del campo (e non era una gag), dove Mantle, in piedi vicino al tabellone ausiliario offriva suggerimenti ai giovani, rispondendo alle domande con conoscenza e umorismo. Quando una ragazza che voleva sapere se poteva avere il suo berretto Yankee, mentre lei indossava il cap Yankee da tifoso, Mickey disse: "Ce lo scambiamo". Così lei ricevette il suo berretto mentre Mantle indossò la versione da 1,79 $ con il tratto posteriore regolabile per il resto del clinic. Fu molto divertente. Anche se gli Yankees avevano già fatto la foto di squadra a metà agosto, in cui Mantle non appariva, si decise di farla di nuovo. Furono i giocatori a suggerirlo. Volevano essere in una foto di squadra con Mickey Mantle. La stagione degli Yankees si concluse con un grande party a base di champagne per essersi aggiudicati il secondo posto, guidati dai pitchers Fritz Peterson, Stan Bahnsen, Steve Kline e Mel Stottlemyre. In verità non fu molto piacevole per gli Yankees celebrare questo secondo posto. A stagione conclusa Mantle tornò a casa a Dallas. Ciascuno dei coaches degli Yankees, che fecero tutta la stagione intera, ricevettero un assegno per il secondo posto delle World Series pari a 1179.11 $, ma Mickey, per scelta, non venne incluso. Non voleva diluire il fondo comune. Accettò di andare allo spring training nel 1971, ma scelse di non ritornare a fare il coach durante la stagione regolare. Sostituire e imbarazzare Ellie Howard era l'ultima cosa che Mickey voleva fare. Ci fu un accordo per non sostituire Ellie e che Mantle restasse solamente nel dugout, ma entrambe le parti si resero conto che non era quello che volevano. Si trattava di visibilità. Quello fu ultimo lavoro di Mickey Mantle come parte di una squadra, la sua ultima foto di squadra. Per i successivi 25 anni, fu un vagabondo del baseball. Firmò centinaia di autografi nelle sue apparizioni negli show, partecipò agli Old Timers Games, divenne un promoter in un hotel di Atlantic City, e per questo motivo venne sospeso (essenzialmente dal suo lavoro nello spring training) dal Commissioner Bowie Kuhn ma fu poi reintegrato da Peter Ueberroth. Fece per un po' il commentatore per la televisione via cavo e alcuni spots per una marca di birra e rimase amato dalla generazione dei Baby Boomer (*). Molto è stato scritto sulla sua vita quando morì nel 1995, ma raramente si accenna alla storia di quel mese come coach di prima base part-time, il suo ultimo compito in una squadra della regular season. (*) Un baby boomer è una persona nata tra il 1945 ed il 1964 in Nordamerica, che ha contribuito a quello che fu un sensibile aumento demografico avvenuto negli Stati Uniti in quegli anni, conosciuto, per questo, come baby boom. Riferimenti da: Mantle Coaching at First, di Marty Appel 3 novembre 2016 - http://www.thenationalpastimemuseum.com |
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