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Ted Williams
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Bill KlemWilliam Joseph Klem Nickname : "Old Arbitrator", "Catfish" Nato: 22 Febbraio 1874 a Rockester, NY Nato nel compleanno di G. Washington nel 1876 a Rochester, New York, William J. Klimm divenne uno dei più grandi arbitri di sempre. Figlio di immigrati olandesi, seguì le orme di suo zio, cambiò il suo cognome in Klem e divenne famoso sul diamante in una professione che non era certo rispettabile quando vi entrò. Eletto nella Hall of Fame nel 1953, Klem ha il merito di aver portato dignità e rispetto all'arbitraggio nel corso di una carriera durata 37 anni. Come molti dei suoi contemporanei, Klem cercò di diventare un giocatore di baseball professionista. Nel 1896 provò come catcher per la squadra di Hamilton nella Canadian League, ma un braccio scadente spense quella speranza. Per i successivi anni Klem giocò a baseball semi-pro a New York e in Pennsylvania e si mantenne facendo lavori nell'edilizia. La sua vita ebbe una svolta nel 1902 a Berwick, Pennsylvania. Klem aveva già provato ad arbitrare nel 1901 in una partita tra i New York Cuban Giants e una squadra semi-pro di Berwick. Venne pagato 5 $ per il lavoro. Mentre era a Berwick, Klem lesse un resoconto giornalistico su Frank "Silk" O'Loughlin, un amico della sua stessa città natale, prendendo lo spunto per diventare un arbitro della National League. Infatti, fu proprio O'Loughlin che influenzò Klem a considerare l'arbitraggio come una carriera. Furono le conoscenze di O'Loughlin, che gli permisero di arrivare alle Major Leagues, dopo tre anni nelle minor, dove imparò importanti lezioni ad ogni gradino della scala. La carriera arbitrale professionistica di Klem iniziò nel 1902 nella classe D della Connecticut League. La paga era di 7,50 $ per una singola partita e 10,50 $ per un doubleheader. Klem ricordava che era un campionato difficile e, "se la squadra di casa perdeva i tuoi soldi non compensavano le angherie che subivi". Nonbostante tutto, accettò la sfida di arbitrare nella New York State League nel 1903. La League aveva una reputazione difficile, dopo aver assunto più di 100 arbitri durante i suoi primi sei anni di esistenza. Fu in questa Classe B League che Klem iniziò a sviluppare la sua fama di duro sul campo con determinazione e senso di fair play. Klem si trovò in situazioni difficili con i proprietari del team e i fans in una serie di occasioni per la sua applicazione di una nuova politica della league di multare i giocatori sul posto per l'uso di un linguaggio offensivo verso gli arbitri. Klem spesso sfidò i proprietari che avevano cercato di impedirgli di arbitrare; questa sfida fu illustrata anni più tardi, quando nel 1905, il suo primo anno di arbitro nella National League, Klem espulse il manager dei New York Giants, John McGraw, dalla partita perchè aveva protestato sulle chiamate. "Vengo io a fare il tuo lavoro", gli urlò McGraw. E Klem rispose: "Mr. McGraw, se lei fa il mio lavoro, io non lo voglio". La stagione 1903 non fu facile per Klem; lui fu l'unico arbitro assunto all'inizio dell'anno della New York State League a durare l'intera stagione. La sua tenacia e il coraggio vennero testati su base quasi quotidiana in una League, che aveva rifiutato di assumere più di un arbitro per partita. Klem prestò i suoi servizi all'American Association nel 1904, e subito applicò ciò che aveva imparato e sviluppato, quello che lo storico degli arbitri, Larry Gerlach, chiamò il duro approccio da poliziotto per arbitrare. Fu nella AA che Klem per la prima volta tracciò una linea per terra e disse irato a giocatori e manager: "Non attraversare il Rio Grande" Quelli che lo fecero vennero immediatamente espulsi. L'espulsione automatica fu anche la risposta di Klem al soprannome di "Catfish". Il termine venne usato nell'American Association come un commento sull'apparente bocca da pesce di Klem. Klem odiava il soprannome e il semplice uso della parola alla sua portata d'orecchio procurava al contravventore una rapida uscita dal campo da baseball. Amò al contrario il sopranome di "The Old Arbitrator". Durante il suo anno nell'American Association, Klem iniziò a ricevere attenzione dalle major leagues. Hank O'Day presentò Klem al presidente della National League, Henry Pulliam. Secondo quanto riferì Pulliam, disse a Klem che lo stava osservando. Pulliam assunse Klem ad arbitrare una partita di esibizione nella post-season tra Cleveland e Pittsburgh. Fu questo atto che fece di Klem un fido National Leaguer. Nel 1905, a Klem vennero offerti 2100 dollari per arbitrare nell'American League attraverso gli sforzi di O'Loughlin. Mentre Klem voleva arbitrare nelle majors, resistette all'incoraggiamento degli altri arbitri dell'American League e non accettò. Klem aspettò la risposta di Pulliam, l'uomo che gli aveva dato il suo incarico in major. La sua pazienza e lealtà vennero ripagate. Pulliam offrì a Klem un posto di lavoro che corrispondeva all'offerta dell'American League. Klem rimase fedele alla National League per tutta la sua carriera, facendo riferimento allo Junior Circuit come "gli imbonitori delle big leagues". La sua decisione di aderire alla National League sembra curiosa poiché il presidente dell'America League, Ban Johnson, aveva la reputazione di sostenere con forza i suoi arbitri e cercava di eliminare i comportamenti attaccabrighe. Ma sia Johnson che Klem erano dei duri, personaggi dispotici che probabilmente si sarebbero scontrati sia dentro che fuori dal campo. In breve, l'approccio di Klem al gioco si adattava meglio alla National League. La prima partita di major di Klem fu a Cincinnati con i Reds contro i Pirates. L'ultimo anno di Klem fu il 1940, ma lavorò in un paio di partite nel 1941 quando la NL sperimentò le squadre di quattro arbitri. L'età cominciava a farsi sentire. Nel 1940 fu colpito da una palla a terra nel campo interno e si rese conto che stava rallentando, all'età di 66. Arbitrò una manciata di partite nel 1941 nel suo ruolo di Chief of the National League umpire staff. Klem sapeva che la sua carriera era terminata quando in una partita St. Louis-Brooklyn perse una toccata su una base rubata. Klem disse che era la prima volta che non sapeva, ma pensava, che un uomo fosse out. Rimase capo degli arbitri della NL fino alla sua morte nel 1951. Durante la sua carriera aveva arbitrato in 18 World Series, prendendo parte a 108 partite di post-season. Klem chiamò cinque no-hit da dietro il piatto. Gli fu attribuita l'evoluzione della pettorina di protezione a contatto con il petto, ma Klem disse che l'idea era venuta da altri. E' accreditato per l'insegnamento agli arbitri nell'utilizzare la "slot position", che permetteva agli arbitri di vedere meglio la zona di strike, mettendosi tra il catcher e il battitore. Egli è anche tra coloro che diedero il via allo sviluppo di un sistema di segnalazioni con le mani per il safe, out, strike, fair o foul ball. Klem per primo utilizzò un segnale di fair-foul durante il suo periodo nell'American Association del 1904. Molte storie dicono che Klem era così bravo a chiamare ball e strike che fu arbitro di casa base per i primi 16 anni della sua carriera. Questo non è affatto vero. Durante la sua carriera, Klem ricoprì il suo turno regolare sulle basi, quando era con un partner. Le major leagues non assunsero abbastanza arbitri da garantire equipaggi di due uomini fino alla stagione 1911. Durante questi primi sei anni, Klem arbitrò la sua parte di giochi da solista e potrebbe anche aver arbitrato a casa base in coppia con un arbitro esordiente all'inizio stagione fino a quando il principiante avesse acquisito esperienza. Entrambi questi fattori possono aver contribuito a farne un mito, come si può leggere nella maggior parte degli articoli scritti su di lui. Chiunque arbitri a qualsiasi livello ha un debito con Bill Klem per il suo lavoro nel rendere l'arbitraggio una professione onorevole. Bill Klem venne eletto nella Hall of Fame nel 1953, il primo arbitro con Tom Connolly; gli unici due ad aver arbitrato in cinque differenti decadi. Morì a 77 anni a Miami, in Florida. 1908 - I managers Frank Chance dei Cubs, a sinistra, e Hugh Jennings dei Tigers discutono con gli arbitri Bill Klem della NL, al centro, e Tom Connolly dell'AL, prima dell'inizio delle World Series del 1908 1910 - Da sinistra, Billy Evans, Silk O'Loughlin, Bill Klem e Bill Johnstone 1913 - Foto prima dell'inizio di Gara 1 delle World Series del 1913. Da sinistra a destra: Danny Murphy, capitano dei Philadelphia Athletics; Cy Rigler, arbitro di terza; Bill Klem, arbitro di casa base; Rip Egan, arbitro di seconda; Tom Connolly, arbitro di prima; John McGraw, manager dei New York Giants 1915 - Da sinistra, Bill Byron, George Hildebrand, Bill Klem e Bill Dinneen 1915 - Da sinistra, Smith (announciatore), Charles "Cy" Rigler, Bill Klem, Francis "Silk" O'Laughlin e Billy Evans durante le World Series del 1915 1920 - Da sinistra, Charley Rigler (NL), "Silk" O'Loughlin (AL), Billy Evans (AL) e Bill Klem (NL) 1922 - Da sinistra, Bill Klem e Brick Owens 1924 - Da sinistra, Tom Connolly, Bill Dinneen e Bill Klem 1933 - Rabbit Maranville, dei Boston Braves, e l'interbase dei Phillies, Dick Bartell, conferiscono con gli arbitri Bill Klem (al centro) e Dolly Stark al Braves Field 1939 - Una piccola striscia di carta sulla foto cita "Bill Klem 'The Old Arbitrator' come appare nel Play Ball, America 1939". La preziosità di questa foto, però, è la dedica che appare vistosamente in alto a destra ... "Con i complimenti da 'The Old Arbitrator' [firmato] WJ Klem" 1943 - L'All Stars di tutti i tempi al Polo Grounds per una partita dimostrativa contro una formazione composta da All Stars delle tre squadre newyorkesi per la vendita di bonds per lo sforzo bellico americano intitolata "War Bond Game". Tra le stelle schierate c'è anche Bill Klem: Honus Wagner, Frankie Frisch, Babe Ruth, Walter Johnson, Tris Speaker, Duffy Lewis, Eddie Collins, Roger Bresnahan, Connie Mack, Umpire Bill Klem, Red Murray e George Sisler 1920 - Vignetta di The Sporting News su Bill Klem, noto per le sue dure espulsioni, è raffigurato mentre segnala l'out La vignetta disegnata da Jo Metzer su Bill Klem e la didascalia recita: "Forse l'arbitro Bill Klem li chiama come li vede - ma io li vedo come li chiamo!" 1953 - La targa della Hall of Fame di Bill Klem |
Buck LeonardWalter Fenner Leonard Nickname : "The Black Lou Gehrig" o "Buck" Nato: 8 Settembre 1908 a Rocky Mount, NC I fans della Negro League lo chiamavano "the black Lou Gehrig", mettendo Buck Leonard in superba compagnia. Buck era avvantaggiato perchè seguiva Josh Gibson, "the black Babe Ruth", nel lineup degli Homestead Grays. Buck Leonard era uguale a Gehrig come prima base e battitore? Probabilmente era migliore in prima base di Iron Horse, avendo acquisito la reputazione di essere molto bravo nella posizione, mentre Lou era essenzialmente normale. Come battitore era come Gehrig? Probabilmente no. La media battuta di Leonard di .328 e la percentuale slugging di .532, come viene riportato da The Baseball Encyclopedia sono impressionanti, ma è una dozzina di punti dietro a Gehrig nella media e un centinaio nello slugging. Più recentemente, Lawrence Hogan ha calcolato le sue medie un po' più basse, a .320 e .527. Leonard fu un ottimo battitore, ma Gehrig era di una classe superiore. Inoltre, Buck spesso affrontava talenti eccezionali, ma che non sempre del calibro della major league. Come uomini per dignità e rispetto universale, tuttavia, Gehrig e Leonard sono, in sostanza, due gemelli. La strada di Walter "Buck" Leonard verso la Hall of Fame del baseball non fu una passeggiata. Dovette lasciare il sistema scolastico pubblico all'età di 14 anni, perché dove viveva non c'era una scuola superiore per i ragazzi afro-americani. Per i successivi 12 anni fino all'età di 26, lavorò come operaio in fabbrica, lustrascarpe, e infine, come commesso per l'Atlantic Coast Line Railroad. Buck Leonard nacque a Rocky Mount, North Carolina, l'8 settembre 1907. Suo padre John era un vigile del fuoco della ferrovia e sua madre Emma Leonard (nata Sesson) una casalinga. Buck Leonard era uno dei sei figli, di cui tre sorelle (Fanny, Willa, e Lena) e due fratelli (Herman e Charlie). La sua famiglia era religiosa e frequentava la chiesa ogni domenica. Buck non era in grado di andare in chiesa tutte le volte che voleva, quando giocava a baseball, ma quando si ritirò riprese ad andarci ogni domenica. Leonard fu chiamato con il soprannome di "Buck" da suo fratello più piccolo Charlie. I genitori di Leonard lo avevano soprannominarono Buddy, ma Charlie aveva difficoltà a pronunciarlo e lo chiamò Bucky. John Leonard morì nel 1919 per l'influenza pandemica, conosciuta come "Flanders Fever" or "Spanish Flu", che colpì milioni di persone in tutto il mondo alla fine della prima guerra mondiale. Dopo il funerale, la madre di Buck gli disse che avrebbe dovuto trovare un lavoro dopo la scuola per contribuire al sostentamento della famiglia. C'erano fabbriche di calzini per bianchi e per neri nella zona, e Buck e sua sorella maggiore, Fannie, andarono a lavorare in quella per neri, lavorando fino a quando la fabbrica chiuse nel 1921. Buck poi andò alla stazione ferroviaria e iniziò a lucidare scarpe per i successivi due anni. C'era uno stand di lustrascarpe di neri e uno stand di lustrascarpe di bianchi, ma nessuno vi prestava attenzione e le scarpe venivano fatte brillare da entrambi neri e bianchi. Dopo di che andò a lavorare all'età di 16 anni nel negozio dell'Atlantic Coast Line Railroad. Durante il tempo in cui lavorò in vari posti, Leonard giocò anche a baseball semi-pro con i Rocky Mountain Elks di Rocky Mount con le alci Rocky Mountain e Black Revels di Daughtry, poi chiamati Black Swans. Quando Leonard compì 17 anni, diventò il manager dei Black Swans. Giocò in campo esterno in un primo momento, per poi trasferirsi in prima base. In qualità di manager, si sentiva più adatto come prima base. Questa posizione gli consentiva di essere più vicino agli arbitri in caso di cattive chiamate. Il fratello di Leonard, Charlie, era uno dei lanciatore di quelle squadre. Buck perse il lavoro con la ferrovia nel 1932. La sua sola possibilità di lavoro in piena Depressione, che contaminò tutto il mondo, fu nel baseball professionistico. Lui era titubante a cominciare come professionista di baseball perché all'epoca aveva già 25 anni. Leonard non aveva mai pensato di giocare professionista a tempo pieno e considerava il suo impegno nel baseball rigorosamente un passatempo. Buck fu avvicinato da Doc Daughtry, della squadra di Portsmouth, che gli chiese se gli sarebbe piaciuto giocare per la squadra per uno stipendio di 15 dollari a settimana, non male per quei tempi. Originariamente chiamati i Portsmouth Firefighters, vennero rinominati i Black Revels. I Baltimore Stars, un team indipendente, andò a Portsmouth per giocare con i Black Revels. Leonard giocò contro gli Stars, e dopo la partita Ben Taylor, il manager di Baltimore, chiese a Leonard quanti soldi prendeva per giocare a Portsmouth. Dopo che Leonard glielo disse, Taylor gli chiese se gli sarebbe piaciuto giocare per gli Stars. Disse a Leonard che non avrebbe ricevuto uno stipendio fisso, ma piuttosto una percentuale sui biglietti venduti. I compagni di squadra dei Black Revels gli dissero che se fosse andato a Baltimora, sarebbe morto di fame. Le squadre nere che viaggiavano avevano una dura programmazione di partite, ma Buck e suo fratello Charlie firmarono lo stesso. Nel 1933, con i Baltimore Stars, Leonard giocò all'esterno sinistro sotto il manager-prima base Ben Taylor, che stava diventando troppo vecchio per giocare. Taylor prese sotto la sua ala protettrice Leonard allenandolo per prendere il suo posto in prima base. Sotto la tutela di Taylor, Leonard diventò un eccellente prima base. Nel 1941, relativamente tardi nella carriera di Leonard, una fonte giornalistica "descrisse quattro o cinque sensazionali prese che erano ben al di là della portata del 99% dei bianchi prima base delle major leagues". Dalle buonissime mani e con un forte e preciso braccio era riconosciuto come un giocatore intelligente che faceva sempre la mossa giusta, Buck era un uomo squadra fino in fondo. Un signore di classe, fu il più amato giocatore del gioco. Gli Stars fallirono nel 1933, e Cannonball Dick Redding firmò Leonard con i Brooklyn Royal Giants, dove trascorse il resto della stagione 1933. Nel 1934, l'ex-lanciatore Smoky Joe Williams, poi gestore di un bar di New York, raccomandò Leonard a Cumberland (Cum) Posey, proprietario-manager degli Homestead Grays. La squadra dei Grays era originaria della cittadina di Homestead, a sette miglia da Pittsburgh, ed era formata da un gruppo di lavoratori neri delle acciaierie noti come i Murdock Grays. Giocavano le loro partite al Forbes Field di Pittsburgh e al Griffith Stadium di Washington D.C. Leonard disse di Posey: "Ragazzo tranquillo ma che sapeva di baseball. Mi insegnò due o tre cose che non ho mai dimenticato. Mi ha insegnato a battere i lanciatori mancini, e ad usare un stance aperta con loro. Mi ha insegnato a tirare la palla quando il lanciatore copriva la prima base. E lui mi disse di non tentare di rubare eventuali basi, mi disse di smettere di correre. Non ero abbastanza veloce per rubare basi". Con i Grays, Leonard insieme con il catcher Josh Gibson formò un formidabile uno-due chiamato "The Thunder Twins" o "Dynamite Twins". Mentre il compagno di squadra Josh Gibson batteva lunghi fuoricampo, Leonard batteva fulminanti line in campo e oltre le mura. Leonard era un vero signore, e il costante e affidabile contegno gli fece guadagnare la fascia di capitano degli Homestead Grays fino a quando cessò di esistere la squadra nel 1950. Con i Grays, Leonard giocò non solo con Josh Gibson ma con Vic Harris, Howard Esterling, Cool Papa Bell e Jud Wilson. Dal 1937 al 1945, i Grays vinsero nove campionati consecutivi nella National Negro League, un record forse ineguagliabile in qualsiasi sport professionistico in America. Vinsero anche nel 1948, quando Leonard aveva 40 anni. Buck Leonard sposò Sandra Wroten di Hertford, North Carolina, la vigilia di Capodanno del 1937. Il suo primo marito, un impresario di pompe funebri era morto e Buck disse che non aveva intenzione di eseguire funerali in casa e che voleva vendere lo stabilimento. Sandra Leonard diventò un'insegnante di scuola, e Buck continuò a giocare a baseball. La vita matrimoniale fece bene a Leonard, che ebbe una buona stagione nel 1938. In 27 partite, andò a battere 99 volte, ottenendo 33 valide, e realizzando 21 punti. Leonard stava giocando a baseball tutto l'anno, sostenuto dalla moglie, così come dalla sua famiglia, sua madre, le sorelle e i fratelli. Partecipò alle Winter Leagues a Porto Rico, Cuba e Venezuela tra il 1935 e il 1955. Inoltre, nell'autunno e nell'inverno del 1943, Leonard giocò nell'all star team di Satchel Paige contro una squadra all-stars della Major League in California. Battè .500 in otto partite. Dopo l'ottava partita, il Commissioner Kenesaw Mountain Landis ordinò ai major leaguers di fermarsi. I proprietari delle franchigie di major league avevano tentato di firmare dei contratti con Leonard e Gibson, ma non sembrava ci mettessero grande impegno. Il primo ad avvicinarsi fu Bill Benswanger, presidente dei Pittsburgh Pirates. Benswanger promise dei provini ai giocatori nel 1939, ma divenne chiaro che o Cum Posey mise fine a tutto questo o Benswanger non perseguì mai la sua promessa. Nel 1943, Clark Griffith degli Washington Senators chiese a Gibson e Leonard se volevano giocare nelle big leagues, e se pensavano di potercela fare. Risposero affermativamente ad entrambe le domande. Griffith disse ai due che si sarebbe fatto sentire lui. Non lo fece mai. Non avendo il coraggio di sfidare il sistema, i proprietari bianchi temevano di introdurre i giocatori neri nelle major leagues in quel momento, mentre i proprietari neri della National Negro League temevano che questo avrebbe distrutto il loro campionato, come alla fine accadde quando Jackie Robinson divenne il primo giocatore di baseball nero a giocare in major nel ventesimo secolo. La fine della Negro National League arrivò al termine della stagione 1948. Leo Durocher, manager dei Brooklyn Dodgers, diede la colpa al giudice Kenesaw Mountain Landis, della preclusione dei giocatori di colore nelle majors. Leonard accennò a questo, ma non disse esplicitamente che fu Landis a mettere pressione sui proprietari di non far firmare giocatori di colore. Landis aveva sempre detto che non c'era nulla nelle major league dei bianchi che vietasse ai neri la loro partecipazione; tuttavia, c'era un Gentlemen’s Agreement (accordo volontario) che i proprietari erano restii a rompere. Come Leonard ammise: "penso che credevano che potessimo giocare in Major League, ma nessuno aveva il coraggio di essere i primi a farlo". Buck Leonard era un superbo battitore e difensore. Nella National Negro League, le prime basi erano spesso i clown delle squadre. Facevano tutti i tipi di contorsioni e di smorfie, tutto ciò che avrebbe fatto divertire i tifosi. Ma Buck Leonard no! Lui era rigorosamente un giocatore di baseball. Non c'era bisogno che lui facesse il clown. Leonard fu spesso considerato uguale o migliore degli aitanti prima base delle Major come George Sisler e Hal Chase. Come battitore, fu descritto come terrificante, un uomo che avrebbe letteralmente spazzato i lanciatori fuori dal monte. Leonard batteva quarto nel lineup dei Grays, dietro a Josh Gibson. Quasi ogni stagione vide una battaglia tra Leonard e Gibson per chi sarebbe finito con il maggior numero di homer e RBI. Dave Barnhill, un pitcher stellare delle Negro Leagues disse: "Dovevi mettere una palla veloce in un fucile da caccia e lui non ti avrebbe colpito". Eddie Gottlieb, agente ed ex allenatore dei Philadelphia Warriors della Basketball Association of America, disse di Leonard: "era il più bel prima base che io abbia mai visto". Monte Irvin era d'accordo: "Buck Leonard era alla pari di qualsiasi prima base che sia mai vissuto. Se avesse avuto la possibilità di giocare nelle major leagues, avrebbero chiamato Lou Gehrig 'il bianco Buck Leonard' ". Per 17 anni consecutivi Leonard rimase il prima base dei Grays. Fu votato 12 volte per le squadre East-West All-Star. Battè .317 e colpì 3 homer nei giochi. Nel 1948, all'età di 40 anni, senza Josh Gibson, battè un vigoroso .395 per vincere il titolo. I Grays del 1948 furono la sua squadra del cuore. Il team poteva contare anche su Luke Easter, Sam Bankhead, Luis Marquez e Red Fields, il loro ace pitcher. Sconfissero i Birmingham Black Barons (con il giovane Willie Mays) nelle Negro World Series. Nel 1942, la Mexican League guidata da Jorge Pasquel stava attirando le stelle della Negro Legue offrendo salari più alti. Gli Homestead Grays persero Josh Gibson che andò a giocare in Messico. I Grays, per paura di perdere Leonard, lo pagarono 1000 dollari a partita con successivi aumenti. Leonard rimase con i Grays. Venne chiamato alla visita di leva e, secondo Lawrence Hogan, fu classificato 4F a causa di un mal di schiena e Josh Gibson venne classificato 4F a causa delle cattive ginocchia. Dopo che la linea del colore venne abolita, Bill Veeck cercò di firmare Buck Leonard, che allora aveva 40 anni di età. Leonard rifiutò, credendo di essere troppo vecchio e non volendo mettere in imbarazzo se stesso. Disse Leonard, "Non ero addolorato perchè non mi era permesso di giocare in major league. Ho giusto detto, 'non è arrivato il momento'. Vorrei solo aver potuto giocare in major league quando ero abbastanza giovane per mostrare quello che potevo fare. Quando l'offerta mi venne fatta per unirmi a loro, ero troppo vecchio e io lo sapevo". Nel 1953, all'età di 46 anni, Buck Leonard fece la sua sola apparizione nel baseball organizzato con i Portsmouth Merrimacs della Piedmont League, battendo .333 in 10 partite. John Holway affermava che "Leonard aveva battuto più di .400, quattro volte, e più di .390 sei volte, l'ultima nel 1948, quando fu leader della league con .391 ed eguagliò Luke Easter per la corona dei fuoricampo. La sua media battuta vita fu di .355 contro le nere big leagues e .382 contro quelle bianche". Una serie di statistiche redatte in un progetto sponsorizzato dalla Hall of Fame e pubblicato nel libro Shades of Glory: The Negro Leagues and the Story of African-American Baseball di Lawrence D. Hogan mostrò che Leonard aveva totalizzato in carriera una media battuta di .320, con percentuale slugging di .527, in 1427 at-bat, con 471 valide, 60 homers, 73 doppi, 26 tripli, 257 basi su ball, 352 punti e 275 RBI. Il razzismo era dilagante quando si trattava di trovare alloggio per la notte. Leonard ricordava che era sempre difficile trovare un posto per dormire la notte, mentre si faceva il tour delle città. Una notte in particolare quando i Grays erano in cammino a nord della Florida: "Ci piaceva andare nel nord della Florida e fermarci a New Orleans ai Patterson Hotel. Eravamo abituati a chiamarlo un "salone di chinch". Chinch è quello che noi chiamavamo cimici. Appena le luci si affievolivano, i chinches sarebbero venuti fuori. Usavamo mettere dei giornali sul letto e dormire su di loro. Le cimici non potevano strisciare sulla carta". Gli infortuni erano un altro problema. Gli infortunati si aiutavano a vicenda perché la squadra non aveva trainer. Se qualcuno aveva un mal di schiena, un altro compagno di squadra lo massaggiava. Leonard ricordava una volta quando si tagliò un bel po': "Mi sono tagliato ad una gamba. Avevo bisogno di tre punti di sutura e non li misi, perché stavo per perdere alcune partite. Ho continuato a giocare fino a quando non si è cicatrizzata. Ora, la pelle sottile che copre la ferita si infiamma. Se fossi stato nelle major league, avrei avuto la giusta attenzione”. Oltre alle sue funzioni di giocatore, Leonard assunse il ruolo di segretario per i Grays fino a quando il team venne sciolto nel 1950. Leonard giocò nelle Mexican League durante gli inverni e le estati del 1951 fino al 1955. Le primi tre estati giocò con Torreon, nelle Main Mexican League, generalmente considerate dei Triplo-A, dove battè .322, .335 e .332. I successivi due anni giocò con Durango nella Mexico Central League . Questo campionato non era considerato buono come il Main Mexican League. Negli inverni, giocò con Obregon nella Mexican League vicino al Golfo della California. I successivi due anni giocò a Jalapa e si infortunò al ginocchio durante la sua ultima stagione. Un medico tedesco gli costruì una ginocchiera e Leonard continuò a essere l'MVP. Con questa stagione chiuse con il baseball. A 48 anni, la schiena gli faceva male per l'artrite, e decise di appendere gli spikes. Leonard tornò a Rocky Mount e lavorò in un garage di auto lavaggio anche come meccanico. Fuori dal baseball, Leonard diventò un funzionario che indagava sulle assenze non autorizzate per il Rocky Mount School District e lavorò nel settore immobiliare. Successivamente fu dirigente del team di Rocky Mount nella Carolina League. Tornato a scuola, conseguì il diploma di scuola superiore. Il significato più profondo dell'esclusione dei neri dalla Major League Baseball coinvolse insieme opposte forze nei giocatori e la popolazione nera. W.E.B. Dubois nel The Souls of Black Folk etichettò questo dilemma "dualità": "Uno sente la sua dualità si essere americano e negro, due anime, due pensieri, due aspirazioni inconciliabili, due idee in lotta in un corpo scuro, la cui ostinata forza da sola impedisce di essere fatto a pezzi". Rube Foster, un imponente uomo afro-americano e grande lanciatore, visse questo dilemma. Voleva proteggere la neonata National Negro League dal controllo dei bianchi, ma allo stesso tempo ricercava l'eventuale integrazione del baseball. Leonard, uomo intelligente e introspettivo, sicuramente sentì questa tensione. Nel The New Bill James Historical Abstract, James classificò Leonard come il miglior prima base delle Negro League e come il 65° più grande giocatore di baseball di tutti i tempi. James considerò Buck Leonard come la sua più ammirevole superstar delle Negro Leagues. Fu votato come miglior giocatore del 47° secolo da The Sporting News. Inoltre, fu finalista per la Major League Baseball Team All-Century. In memoria di Buck Leonard, furono istituiti "The Teams of Buck Leonard League" per onorare il loro "eroe locale". Gli obiettivi della League erano: 1) Promuovere la ricreazione e le arti. 2) Fornire programmi educativi. 3) Fornire spazi per l'atletica e 4) Sostenere le attività di costruzione della comunità e della nazione. Dopo che le Negro Leagues cessarono di esistere nel 1948, la maggior parte dei giocatori di colore che giocarono in esse furono dimenticati. Leonard e altre ex stelle della National Negro League contattarono Bowie Kuhn, il commissioner del baseball, e gli dissero che avevano pensato che era giunto il momento che alcune delle stelle delle Negro Leagues potessero concorrere all'elezione nella Hall of Fame. Bowie Kuhn ascoltò e promise di vedere cosa poteva fare. Ma Kuhn non ebbe il peso che Leonard e gli altri avevano sperato. Fu solo nel 1972 che Buck Leonard fu votato nella Hall of Fame del baseball. Ted Williams, nel suo discorso durante la cerimonia della sua elezione nella Hall of Fame del baseball nel 1966, disse dei giocatori delle Negro: "Il baseball dà ad ogni ragazzo americano la possibilità di eccellere. Non solo per essere buono come chiunque altro, ma di essere migliore. Questa è la natura dell'uomo e la reputazione del gioco. Spero che un giorno Satchel Paige e Josh Gibson saranno votati nella Hall of Fame come simboli dei grandi giocatori negri che non sono qui solo perché non è stata data loro la possibilità". Nel febbraio del 1972, quando Leonard ricevette l'annuncio che sarebbe stato eletto nella National Hall of Fame del baseball, rimase sia stordito che euforico. Venne eletto il 7 agosto 1972. Nel suo discorso Leonard disse alla folla: "Noi delle Negro Leagues pensavamo di contribuire in qualche modo anche al baseball, quando giocavamo. Abbiamo giocato con una palla rotonda e con una mazza rotonda e indossavamo uniformi da baseball e abbiamo pensato che stavamo dando un contributo al baseball. Ci è piaciuto molto il gioco e ci piaceva giocare. Ma abbiamo pensato che avremmo dovuto e potuto giocare nelle major leagues e tutti noi avremmo desiderato giocarci, perché ci sentivamo in grado e sapevamo che quello era il gioco più grande". Uno stadio vicino alla casa di Leonard a Rocky Mount è intitolato in suo onore, insieme a una targa con dettagliate le sue storiche realizzazioni. C'è anche una via intitolata in suo onore. La statua in bronzo di Buck Leonard, assieme ad altri eroi delle Negro Leagues, è presente allo stadio dei Pirates, il PNC Park di Pittsburgh, come permanente tributo a due team della città: Gli Homestead Grays e i Pittsburgh Crawfords. Il 4 aprile del 1986, Leonard accusò un attacco di cuore, che aveva colpito il suo lato destro. Leonard recuperò in qualche misura. Ma l'infarto ridusse alcune delle sue attività come andare in chiesa ogni domenica. Il 7 luglio del 1986, 20 anni dopo la morte di Sarah, si sposò con la seconda moglie, Lugenia Fox. Nel 1994, Leonard venne ancora una volta onorato quando fu nominato capitano onorario della squadra della National League all'All-Star Game. "Buck" Leonard morì nella sua città natale di Rocky Mount il 27 novembre 1997, a 90 anni, ed è sepolto nel Gethsemane Cemetery a Rocky Mount. Walter Fenner "Buck" Leonard aveva vissuto una vita di talento e lasciò un ricordo di una vita ben spesa, un buon uomo, un cittadino solido, devotamente religioso e un giocatore di baseball infernale. 1934/1950 - Due foto che ritraggono Buck Leonard in difesa e durante lo swing 1939 - East vs. West Negro Leagues All Star Game. La squadra East con Buck Leonard, il primo a sinistra in piedi, e Josh Gibson, il terzo da destra in piedi. La partita venne giocata al Comiskey Park davanti a 50000 tifosi 1944 - Buck Leonard dei Grays è preso in ballerina, casa-terza, contro i Baltimore Elite Giants, mentre il compagno di squadra Josh Gibson arriva in 3a base. Il 3a base dei Giants è Felton Neve e il catcher è Eggie Clark
1945 - Buck Leonard, a sinistra, mentre corre in prima durante una partita contro i Newark Eagles, nell'estate del '45 1946 - I grandi battitori degli Homestead Grays. Buck Leonard è quello al centro 1955 - Buck Leonard con la casacca di Durango nella Mexican League 1972 - Old Timer's Day, da sinistra: Lefty Gomez, Stan Musial, Ms. Joan Payson, Buck Leonard, Casey Stengel e Yogi Berra 1972 - Da sinistra: Yogi Berra, Lefty Gomez, Sandy Koufax, Buck Leonard e Early Wynn durante la cerimonia dell'elezione nella Hall of Fame 1972 - Buck Leonard mentre fa il suo discorso durante la cerimonia dell'elezione nella Hall of Fame 1972 - Buck Leonard con il Commissioner Bowie Kuhn durante la cerimonia della sua elezione nella Hall of Fame 1972 - Buck Leonard con la targa della Hall of Fame 1972 - La targa della Hall of Fame di Buck Leonard 2006 - La statua di Buck Leonard al PNC Park di Pittsburgh 2008 - Il Buck Leonard Exhibit a Rocky Mount. La mostra ripercorre la vita di Leonard dalle sue umili origini attraverso la sua ascesa verso la grandezza del baseball, ma anche sul ruolo come un leader della comunità |
Mel AlmadaBaldomero Melo (Quiros) Almada
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Emmett AshfordEmmett Littleton Ashford
Nato: 23 Novembre 1914 a Los Angeles, CA Trascorse 20 anni come arbitro professionista, solitaria professione del baseball, giudicando le prestazioni nelle partite dei grandi atleti e dei loro ego. Molte persone hanno perseguito questo particolare lavoro, ma Emmett Ashford ebbe l'onere aggiunto di rompere le barriere razziali durante la sua carriera, come uomo di colore, il cui compito richiedeva il mantenimento di autorità sugli uomini bianchi. Facendo il suo lavoro con un fascino disarmante, spirito acuto e dignità irreprensibile, conquistò tifosi, giocatori, e anche i suoi colleghi arbitri, lasciando il gioco con innumerevoli amici e ammiratori. Emmett Littleton Ashford nacque il 23 novembre del 1914 a Los Angeles. Suo padre Littleton, che era un poliziotto, abbandonò la famiglia, e Emmett e il fratello Wilbur vennero cresciuti dalla loro madre. Adele era una donna molto motivata e ambiziosa, che lavorava come segretaria per il California Eagle, un giornale nero. Ashford aiutò la famiglia vendendo la rivista Liberty, costruendo il suo portafoglio fino a raggiungere i 300 clienti, e poi lavorò come cassiere in un supermercato. Ashford eccelse alla High School di Jefferson, fino a diventare co-editore del giornale della scuola, il Jeffersonian, e diventò giornalista adolescente per il California Eagle. Aveva anche giocato a baseball e fu velocista per la squadra di atletica. Quando si laureò nel 1933, era il presidente senior della classe, il primo studente nero ad essere così onorato, e un membro del club dei fruitori della borsa di studio. Ashford poi frequentò il Los Angeles Junior College e Chapman College, dove giocò a baseball. Nel 1936 Ashford ottenne il punteggio per un impiego statale e ottenne l'ambito lavoro come impiegato nell'ufficio postale, una posizione che conservò per quindici anni. Alla fine degli anni '30 giocò per un breve periodo a baseball semiprofessionistico prima di ritornare al suo lavoro d'ufficio. Ashford racconta che giocò in una squadra di bianchi chiamata Mystery Nine, che indossavano delle uniformi con dei punti interrogativi sul petto. Un giorno, l'arbitro non si fece vedere, e Emmett (che raramente aveva giocato) fu designato per l'emergenza ad arbitrare. Fu ben presto richiesto ad arbitrare baseball e softball ricreativo nel sud della California. Nel 1937 Ashford sposò Willa Gene Fort, e la coppia ebbe due figlie, Adrienne e Antoinette. Gli anni successivi si divisero tra la famiglia, il lavoro all'ufficio postale e l'arbitraggio. Subito dopo aver terminato il servizio di leva di tre anni nella Marina degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, Emmett e Willa divorziarono. Continuò ad arbitrare, per arrivare al grande baseball del college, lavorando regolarmente. Spesso arbitrava con Bill Stewart che era stato umpire nell'American League negli anni '40. Ashford accreditò a Stewart l'avergli insegnato la zona di strike della major league. Nel 1951 Ashford prese un periodo di aspettativa di due mesi dal suo lavoro all'ufficio postale per provare nella Southwestern International League, diventando il primo arbitro nero nel baseball organizzato. Les Powers, il presidente della League, sostenne che "Ashford ha la stoffa di un arbitro da major league". Dopo la stagione, a Ashford venne offerto un posto di lavoro per la stagione piena, e si dimise dal servizio postale, lasciandosi alle spalle quindici anni di pensione. "Per alcune persone, potrebbe essere stata una decisione difficile - rinunciando alla sicurezza garantita futura per l'incertezza dell'arbitraggio", confessò Ashford , "Ma non per me!". Nella successiva off-season, la Southwestern International League annunciò l'intenzione di mettere in campo una squadra "All-Negro", che avrebbe giocato solo partite in trasferta. Ashford fu nominato general manager e gli chiesero di mettere insieme una squadra. Due giorni dopo Chet Brewer, ex stella delle Negro League, fu assunto come manager del club. In definitiva, la squadra ebbe una serie di "home" nel corso della stagione, tra cui Escenada, in Messico, Riverside e Visalia, in California. La squadra non rimase completamente nera, anche se molti ex delle Negro League giocarono per loro (tra cui Brewer), come fecero due futuri major leaguers (Tom Alston e Dave Roberts). Ashford abbandonò il suo ruolo con il club prima che la stagione iniziasse, e tornò ad arbitrare. A metà estate la League chiuse e si agganciò alla Arizona-Texas League. Nel dicembre del 1952, Sporting News per primo suggerì che Ashford avrebbe potuto essere destinato alle major leagues. Ashford rispose all'articolo impegnandosi a "fare tutto quanto in mio potere per giustificare la vostra fiducia". Salì nella Western International League nel 1953, prima della promozione alla Pacific Coast League nel 1954. Durante i suoi 12 anni in PCL, Ashford divenne il più noto arbitro nelle minor league. Paul Wysard ricordava così Ashford nei suoi giorni nella Pacific Coast League: "Era uno showman, esuberante, solido, vigile, forte ed espressivo. Era sempre in movimento, pieno di energia nervosa e ovviamente felice di essere là fuori davanti a tutti". Tra gli inning spesso correva lungo la linea di foul di destra per tenere le gambe sciolte. Interagì costantemente con la folla, togliendosi il berretto e facendo brevi discorsi. Ashford per la maggior parte del suo tempo durante le stagioni non usciva con i suoi compagni arbitri. Come poi confessò a Larry Gerlach: "Io non andavo nelle città per uscire a divertirmi al ghetto. Rimanevo in centro e andavo a teatro e all'opera. Adoro parecchie opere – Conosco alcuni libretti. Mi feci una serie di amici; molti di loro erano avvocati e medici che mi invitarono nelle loro case e alle piacevoli cerimonie. Mi incontravo con gli avvocati per il pranzo a Spokane e a Vancouver, e penso che potevo candidarmi per un lavoro d'ufficio". In bassa stagione, Ashford arbitrò la Pacific-8 di basket e un po' di college football. Nell'autunno del 1958 arbitrò nelle Carribean winter leagues. Era anche un infaticabile parlatore sulla west coast, e prese parte a diversi umpiring clinic. Nel 1963 il presidente della PCL, Dewey Soriano, nominò Ashford arbitro capo della League, rendendolo responsabile per l'organizzazione e la formazione degli equipaggi, e consulente della Pacific Coast League sulle partite contestate o il regolamento. Nel giugno del 1963, la Lague assunse il suo secondo arbitro nero, Osibee Jelks, dalla Northwest League. Il 4 luglio, una partita a San Diego fu diretta da Ashford e Jelks (il terzo membro della squadra era ammalato), il primo equipaggio umpiring tutto nero in una partita di minor league. Agli inizi degli anni '60, i giornalisti della west coast cominciarono a chiedere a gran voce la promozione di Ashford alle major. A.S. Young abbracciò la causa del Chicago Defender (3/28/63), rammentando ai presidenti delle major league Joe Cronin e Warren Giles: "Mentre assumete, e approvate l'assunzione di arbitri caucasici esclusivamente sulla base delle qualifiche, vi rifiutate di agire sul caso Ashford - e probabilmente non lo farete fino a quando la campagna per Ashford, che dovrebbe essere superflua, diventerà imbarazzante". Nel 1965 Cronin era considerato il principale candidato per sostituire l'uscente Ford Frick come Commissioner of Baseball, ma Jim Murray, scrivendo sul Los Angeles Times (2/7/65), aveva sostenuto Bill Veeck per questo incarico, con Ashford come suo arbitro capo. Entrambi gli appoggi erano dovuti all'ostruzionismo di Cronin nei confronti di Ashford. Il più famoso incidente sul campo di Ashford si verificò nel corso dei playoff del 1964 nella Repubblica Dominicana. Dopo la chiamata di strike su Julian Javier che diede origine ad una contestazione prolungata, Ashford fece cenno il lanciatore di continuare, e chiamò strike tre. Javier reagì colpendo Ashford sulla bocca, provocandogli il taglio delle labbra e gonfiore alla mascella. Ashford si vendicò colpendo l'infielder dei Cardinals con la sua maschera, dimenticando temporaneamente che Javier era un eroe locale. Ashford finì la partita, applicandosi impacchi di ghiaccio alla bocca tra gli innings. Javier ricevette una sospensione di tre partite, e Ashford parlò di dimissioni dalla league dopo la leggera penalità (Articolo Lodi News-Sentinel). Nonostante alcune frustrazioni che dovette subire nelle minor league per 15 anni, rimase un allegro e ottimista uomo per tutta la vita, una predisposizione per cui si distinse nella sua professione. Affascinò sia i suoi critici che gli ammiratori, affidandosi alla sua prontezza di spirito e all'intelligenza per superare le crisi. All'inizio della sua carriera Ashford aveva bisogno di trovare un posto per un nero dove poter dormire in una città del southwest. Andò nel miglior albergo della città e si avvicinò alla reception: "Signore", disse, "io sono quello a piedi nudi, negro senza cultura che voi sicuramente conoscete e vorrei cercare una sistemazione nel vostro eccellente albergo". Ottenne la stanza, e il suo fascino gli fece ottenere molti altri locali e molti pasti nei ristoranti. A metà settembre del 1965 ricevette la telefonata tanto attesa. La voce al telefono era quella di Dewey Soriano, che diceva a Ashford che aveva venduto il suo contratto all'American League. "Fu l'unica cosa che ricordai per diversi giorni", ammise Emmett. Parlò sempre con affetto del supporto di Soriano nel corso dei suoi anni nella PCL, e per averlo aiutato a raggiungere le major. La stampa della nazione era entusiasta, ma non disposta a dare troppo credito al baseball per la sua tardiva mossa. Dopo la promozione del suo pupillo, Soriano affermò: "L'unico motivo per cui Emmett non è entrato nelle major leagues prima di questo è perchè lui è un negro". Soriano successivamente elaborò il concetto: "Emmett era molto popolare ovunque andasse, con i giocatori e i fans che lo conoscevano dal 1953 e si trattava di un impegno totale a tutto campo – non esibizionismo. Con più Emmett Ashfords, le partite di baseball sarebbero state dirette meglio e molto più divertenti per i tifosi. Io non l'ho fatto arbitro in capo nei suoi ultimi tre anni qui solo per il divertimento". Ashford aveva una voce acuta che utilizzò come un megafono, tenendo i fans a conoscenza di dove fosse e cosa stesse facendo. Durante il suo primo spring training nelle major interruppe una partita tra gli Angels e Indians a Tucson per spiegare alla folla una recente discussione con il manager degli Indians. Si tolse il berretto, si inchinò alla folla dietro casa base, e ad alta voce intonò: "Signore e signori ... il signor Tebbetts aveva semplicemente messo in discussione la strategia del manager avversario ... vi ringrazio". Si rimise la maschera e riprese il gioco. I suoi compagni arbitri presto si resero conto che cosa avevano contro. Il giorno dopo, Bill Valentine si rivolse alla folla e disse: "Signore e signori, mi dispiace informarvi che oggi l'eminente Emmett Ashford sarà in terza base e non dietro il piatto …". Prima della sua prima stagione, Ashford disse: "Mi sento orgoglioso di essere un arbitro nelle major leagues. Non perché sono il primo negro, ma perché gli arbitri nelle major leagues sono delle persone veramente selezionate. Giusto ora, voglio rivendicare la fiducia del signor Cronin in me ...", e aggiunse, "Ma prima, ho avuto modo di comprarmi un paio di occhiali", con il suo senso dell'umorismo sempre presente pronto a colpire ancora. L'esordio ufficiale stagionale di Emmett Ashford ebbe luogo l'11 aprile del 1966, nel D. C. Stadium di Washington, nel tradizionale opening day dell'American League. Il suo primo ostacolo in major league fu entrare allo stadio. Il vicepresidente Hubert Humphrey era presente per lanciare la prima palla cerimoniale, e il servizio segreto aveva bisogno di essere convinto che un uomo di colore era lì per arbitrare la partita. Humphrey poi prese in giro scherzosamente Ashford, che aveva arbitrato in terza base, e che non aveva avuto nessuna giocata da chiamare. "Niente giocate, niente scarpe", rispose Ashford, "ma è stato il giorno più bello della mia vita". Joe Cronin disse al suo nuovo impiegato: "Emmett, hai fatto la storia oggi. Sono fiero di te". Ashford fece subito sensazione, ma non principalmente a causa del suo colore. Il suo stile, ben noto sulla costa occidentale, colse le tradizionaliste major leagues come una tempesta. Il tarchiato (1 m e 70 x 84 kg) Ashford correva dalla sua posizione tra gli inning, calpestava le basi o saltava il monte del lanciatore, e correva intorno al campo dopo le palle in foul o giocate sulle basi. Lo Sporting News fu colpito abbastanza per rivendicare: "Per la prima volta nella storia del grande vecchio gioco Americano, gli appassionati di baseball potranno acquistare un biglietto per vedere un arbitro esibirsi". I tifosi non avevano sempre bisogno di guardare Ashford, potevano solo ascoltare il suo tono acuto di voce, quando chiamava l'eliminazione di un battitore o di un corridore. Su una chiamata di strike, Ashford tirava il braccio destro prima di lato, poi su, poi giù come un colpo di karate. Che completato, avrebbe poi raggiunto l'alto, come se tirasse due volte il freno di un treno, o verso destra, come se aprisse la portiera di un'auto. Anche mentre puliva il piatto sapeva che tutti gli occhi erano su di lui, e si comportava di conseguenza, piroettando su un piede e saltellando tornava nella sua posizione. Emmett avrebbe detto: "Io non sono andato a scuola umpiring perché non stavano reclutando i neri in quei giorni, così ho evoluto il mio stile". Ashford era anche conosciuto per il suo abbigliamento elegante dentro e fuori dal campo. Mentre arbitrava indossava scarpe lucide, l'uniforme appena stirata, gemelli, e un fazzoletto nella tasca della giacca. Nella sua prima partita dietro il piatto, Andy Etchebarren, catcher degli Orioles, ricordava il tuffo in tribuna dopo un foul: "Sapevo che non avrei potuto raggiungere la palla, ma mi sono tuffato nelle tribune pensando che un fan avrebbe messo la palla nel mio guanto o potevo afferrarla da terra. Ma mentre io la stavo raggiungendo mi sono guardato intorno, e chi c'era nei sedili con me? Emmett! Non riuscivo a crederci". Dopo una partita a Baltimora, Frank Robinson disse scherzando: "Questo Ashford fa un salto migliore sulla palla di Paul Blair [il veloce esterno centro degli Orioles]". Anche se era generalmente ben voluto e ammirato dalla gente nel gioco, la questione aperta era sempre se era un buon arbitro - se il suo stile veniva a scapito della sostanza. La sua stravaganza certamente lasciò lui stesso esposto alle contestazioni, poichè era generalmente al centro dell'attenzione anche quando tutti erano d'accordo con le sue chiamate. Il manager dei Red Sox, Dick Williams, dopo una chiamata discutibile di Ashford, nel 1969, lo chiamò "a little clown". Joe Pepitone e Pete Ward, in incidenti separati, dovettero essere trattenuti dall'andare contro Ashford. "Quando chiama out su un terzo strike", si lamentò un giocatore dopo il tipico emotivo punch-out di Ashford, "ti senti come se ti mandasse alla sedia elettrica". Ashford attenuò alcuni dei suoi manierismi mentre la sua carriera in major league progrediva. "Certo, ero un esibizionista", disse a Ray Fitzgerald del Boston Globe (16/8/70), "Per 12 anni, questa era stata la mia routine nella Coast League. Non potevo cambiare durante la notte, ma io sono diverso. Ho cambiato me stesso fino in fondo". Ma aggiunse ancora : "Io non sono esattamente senza colore", utilizzando il doppio senso preferito. Nel 1967, Ashford venne chiamato ad arbitrare la partita All-Star ad Anaheim, anche se vide poche azioni giocate sulla linea di foul di sinistra. Ashford realizzò un altro sogno nel 1970 quando arbitrò le World Series. Purtroppo per Ashford, e per gli appassionati di baseball, era previsto che arbitrasse a casa nel sesto gioco, ma il suo turno non arrivò mai: gli Orioles sconfissero i Reds in cinque partite. "Forse è stato meglio", disse più tardi, "Le World Series non sarebbero mai state le stesse". Quando Ashford compì 55 anni nel dicembre del 1969, aveva raggiunto l'età pensionabile per gli arbitri dell'American League che era di 55 anni, ma la regola occasionalmente venne superata. Gli fu concesso un ulteriore anno, ma dopo la stagione 1970 Ashford annunciò il suo ritiro: "Ho paura che continuando avrei solo affievolito le emozioni degli ultimi cinque anni, e in particolare quelle che avevo ricevuto arbitrando le World Series nel 1970". Un credo del baseball non scritto suggerisce che una partita ben arbitrata è quella in cui l'arbitro passa inosservato. Con questo standard, Emmett Ashford non era un buon arbitro. Non sorprendentemente, i suoi colleghi arbitri erano le persone più difficili da conquistare. Bill Kinnamon lavorò sullo stesso team con Ashford nel 1969, e raccontò a Larry Gerlach: "Penso che sia stato un buon arbitro. Sulle basi e dietro il piatto non era meglio o peggio rispetto al resto di noi, ma non è un segreto che i suoi occhi non erano troppo buoni quando le palle venivano battute all'esterno di notte. L'uomo aveva circa cinquanta anni quando entrò nella League, e penso che Emmett sarebbe il primo a dire che ci arrivò dopo il culmine della sua carriera. Se lui fosse arrivato dieci, quindici, vent'anni prima, sarebbe stato un grandissimo arbitro". Parlando dell'impatto di Ashford sul gioco, Kinnamon disse: "E 'stato un bene per il baseball. Non ho mai visto nulla di dannoso per il baseball. Nessuno ha mai trovato alcun difetto nel suo comportamento fuori dal campo. Era un gentiluomo. E la gente assolutamente lo amava teneramente. Una sera, mentre stavamo partendo insieme dallo Yankee Stadium, un ragazzino tutto ad un tratto gridò: "Emmett!". La cosa che vidi dopo era lui in piedi lì a parlare e firmare autografi per un paio di centinaia di bambini. Nessuno mi ha riconosciuto, mi sono seduto su una ringhiera e ho aspettato. Ha firmato un autografo ad ogni ragazzo. Questo è il tipo di uomo che era, e questo è il tipo di sensazione che c'era nei suoi confronti". Come Ashford spesso disse, non aveva avuto la formazione dell'arbitro tradizionale, e quindi quella particolare dottrina non gli venne instillata. Kinnamon spiegò ulteriormente alcune tensioni: "Non c'era rancore tra gli arbitri verso di lui. Tutti sapevano che c'era. Emmett lo sapeva. Ma lui minimizzò. Molti ragazzi semplicemente non avevano accettato Emmett. La politica non aveva nulla a che fare con questo. E' che alcuni mettevano in dubbio la sue capacità di umpiring. E Emmett aveva le sue idiosincrasie - dei gemelli, saltare sopra il monte o le sue corse verso la seconda base, la sua spettacolarità, cose del genere. Ma soprattutto credo che fosse la pubblicità di cui Emmett godeva. E' naturale che ci fosse risentimento quando c'erano cinque giornalisti intorno all'armadietto di Emmett e nessuno intorno a chiunque altro. Ovunque Emmett andasse lui faceva notizia, materiale buono per il giornalismo. Su Emmett fu steso più inchiostro in un anno di quello che i primi cinque arbitri della nostra League avevano ottenuto in tutta la loro carriera". Probabilmente non aiutò quando le squadre cominciarono a chiedere alla League che Ashford arbitrasse le loro partite. Nel 1968, il proprietario degli Athletics Charlie Finley voleva che Ashford fosse l'arbitro di casa del suo opening day in casa - la partita inaugurale del nuovo Oakland Coliseum. Gli equipaggi arbitrali generalmente ruotavano i loro ruoli di gioco in gioco - dalla terza base, alla seconda, alla prima, e a casa base. Per questo partita Ashford avrebbe dovuto essere in seconda base, ma su sollecitazione di Finley ottenne l'incarico più visibile al piatto di casa base. Nei primi mesi del 1971 Ashford fu assunto dal Commissioner Bowie Kuhn come consulente per le relazioni pubbliche, un ruolo che gli aveva permesso di parlare e tenere clinic sulla costa occidentale, e in paesi lontani come la Corea. Arbitrò anche occasionalmente le minor league o le partite dei college, le partite dei veterani al Dodger Stadium, gradito alla folla come sempre. Fu arbitro capo per tre anni della Summer League dell'Alaska. Ashford aveva guadagnato soldi facendo spot televisivi (nel ruolo di un cassiere in uno spot per la catena di supermercati A & P), film (come arbitro in "The Bingo Long Traveling All-Stars & Motor Kings") e la televisione (episodi di "Ironside" e "The Jacksons"). Partecipò anche a "What's My Line" durante il suo primo anno nelle major. Ashford morì al Marina Mercy Hospital a Marina Del Ray, California, il 1° marzo 1980, per un attacco di cuore. Al suo funerale, l'elogio funebre fu pronunciato dal Commissioner Kuhn e da Rod Dedeaux, manager di lunga data della squadra di baseball della USC. Venne cremato e le sue ceneri sono sepolte a Cooperstown, New York. Guardando indietro alla sua carriera, il sempre positivo Ashford così focalizzò la sua fortuna: "Pensate a tutte le persone che vivono una vita intera e non realizzano una cosa che davvero volevano fare io ho fatto una cosa che volevo fare. Io ho avuto questa soddisfazione". La stessa soddisfazione che i fans ebbero apprezzando la sua classe e il suo stile. 24 aprile 1954 - Emmett Ashford, il primo arbitro nero nel baseball organizzato, riceve alcune indicazioni su come preparare le palline dall'anziano arbitro della Pacific Coast League Cece Carlucci (al centro) mentre l'arbitro Mickey Hanich osserva. Il manager dei Vancouver Mounties, Charlie Metro, contesta il giudizio di un arbitro durante una partita della Pacific Coast League nel 1958. A sinistra Emmett Ashford Emmett Ashford nella sua casa a Los Angeles mentre legge le notizie sportive del 3 marzo 1966, il suo primo anno nell'American League 11 aprile del 1966 - Emmett Ashford al suo esordio in Major prima della partita Senators - Indians a Washington The Sporting News del 23 aprile 1966 con Emmett Ashford in copertina 15 maggio 1967 - Emmett Ashford rientra nella sua posizione in terza base dopo aver seguito un foul-ball sulla linea della 3a base allo Yankee Stadium A sinistra, il manager dell'American team, Bill Rigney (# 18), e Emmet Ashford prima dell'inizio dell'All-Star Game del 1967 Emmett Ashford chiama salvo il corridore dei Twins, George Mitterwald (# 35) nel rientro in terza base sul tentatvo di pick-off nel 5° inning della partita di regular season del 14 giugno del 1970. Il terza base dei Red Sox è George Thomas (# 22) Il manager degli Orioles, Earl Weaver (a sinistra), e il corridore Boog Powell (a destra) contestano all'arbitro di prima base, Emmett Ashford, la sua chiamata durante Gara 5 delle World Series del 1970 al Memorial Stadium di Baltimora Emmett Ashford, primo arbitro afro-americano della Major League Baseball, durante una sessione del clinic di baseball USAFE nel 1970 a Wiesbaden Air Base, Germania Emmett Ashford durante una partita della National Baseball Congress negli anni '70 1973/1974 - Il prima base Warren Cromartie riceve il pick-off sotto gli occhi vigili dell'arbitro di prima Emmett Ashford durante una partita dell'Alaska Baseball League Quattro foto che ritraggono Emmett Ashford nelle sue pittoresche chiamate |
Firpo Marberry Frederick MarberryNickname :"Firpo" Nato: 30 Novembre 1898 a Streetman, TX Fred Marberry, uno dei migliori lanciatori della MLB per un decennio, è stato il primo grande pitcher ad essere utilizzato principalmente come rilievo. Giocò un ruolo importante nell'unico trionfo di Washington nelle World Series, e realizzò molti record come rilievo che non vennero superati per molti anni. Oggi quasi dimenticato, gli è stata negata la fama più grande, dopo aver diviso la sua carriera tra partente e rilievo, quella di essere eletto nella Hall of Fame del baseball. Federico Marberry nacque il 30 novembre del 1898, in una fattoria vicino a Streetman, Texas, circa 75 miglia a sud di Dallas. I suoi genitori, Levi e Nancy Bogard, erano entrambi nativi di Mississippi e migrarono verso ovest nel 1880. Fred era il decimo di dodici figli, cinque dei quali morirono giovani, prima della nascita di Fred. Gli altri sette fratelli vissero almeno 70 anni. Fred apparentemente giocò poco a baseball da giovane, passando la maggior parte delle sue ore del dopo scuola a lavorare nella fattoria di famiglia. Da adolescente si era unito al team della città di Streetman, di solito giocando sul campo interno. Non gli fu chiesto di lanciare fino al 1920, quando aveva 21 anni e aveva raggiunto l'1.81 m di altezza e i 95 kg di peso. Marberry non era un lanciatore di controllo. Lanciò solo palle veloci, ma lanciava abbastanza forte da guadagnarsi un contratto nel 1922 con Mexia, una città 20 miglia a sud, che giocava nella Texas-Oklahoma League. Lanciò 25 partite (7-11, 2.82 di ERA) prima di passare a Jackson nella Cotton States League (2-2, 3.60), e a Little Rock nella classe A della Southern Association (0-4, 3.41). Aveva lanciato abbastanza bene per guadagnarsi un viaggio di andata e ritorno a Little Rock, il gradino più alto nelle minor league, per il 1923, dove andò 11-10 con una ERA di 3.50. Il leggendario scout degli Washington Senators, Joe Engel, sentì parlare di Marberry e andò a Arkansas a dare un'occhiata, e ben presto firmò il possente pitcher destro portandolo a Washington ai primi di agosto del 1923. Per i Senators, Marberry terminò 4-0 in undici partite con 2.80 di ERA. Aveva compiuto 24 anni, e aveva iniziato a lanciare solo da alcuni anni. All'inizio a Washington Fred prese il soprannome di "Firpo" a causa delle sue dimensioni e della somiglianza del viso con il pugile argentino Luis Firpo. Il combattente, soprannominato "Il Toro selvaggio della Pampa", aveva scaraventato Jack Dempsey fuori dal ring nel primo round per il titolo nel 1923 prima di perdere nel secondo round per KO. A Marberry non piaceva il soprannome, tanto più che la carriera di Luis Firpo era finita in modo deludente, ma sarebbe rimasto "Firpo" Marberry per il resto dei suoi anni nel baseball. Una delle storie più interessanti sui Senators del 1923 fu quella di Allan Russell, che precedentemente aveva lanciato per diversi anni con i Red Sox e gli Yankees, e uno dei pochi lanciatori a cui era ancora permesso di lanciare la spitball. Il manager Donie Bush (probabilmente con la spinta di Clark Griffith) trasformò Russell in uno dei primi rilievi specifici a tempo pieno. Aveva iniziato cinque partite, e come rilievo in 47 (nuovo record), terminando 10-7 e "salvando" nove partite (Le salvezze non venivano classificate nel 1923, ma vennero retroattivamente conteggiate nel 1960). Dei suoi 181 innings lanciati, 144 lo furono come rilievo (ancora un nuovo record), nel senso che aveva lanciato una media di tre inning ogni volta che era entrato come rilievo. Questa potrebbe essere stata la migliore stagione di sempre di un lanciatore di rilievo fino a quel momento. Marberry iniziò la stagione del 1924 come un partente in più e come secondo rilievo di Russell. Quando quest'ultimo lottò per ripetere i suoi successi del 1923, il nuovo manager dei Senators, Bucky Harris, si rivolse a Marberry sempre più spesso. Fred rispose clamorosamente. Lanciò in 50 partite, 35 come rilievo, vincendone 11, salvandone 15 e lanciando 195 innings, il quarto per il maggior numero della squadra. Harris usò Marberry come Bush aveva usato Russell l'anno precedente: una media di tre inning per apparizione e già nel secondo inning, se necessario. Russell arrivò secondo della League con otto salvezze, e i Senators realizzarono un record di squadra di tutti i tempi con 25. I Senators vinsero il loro primo pennant dell'America League nel 1924, e George Sisler dei Browns, tra gli altri, pensava che Marberry fosse stato l'MVP di Washington. Nella seconda partita delle World Series, entrò in partita con le due squadre in pareggio e due out nel nono inning per mettere strikeout Travis Jackson, e poi rimase a guardare mentre i Senators vinsero la partita nella parte bassa del nono. Secondo il moderno score si sarebbe aggiudicato la vittoria, ma il classificatore ufficiale assegnò la vittoria al lanciatore partente Tom Zachary. Marberry iniziò e perse Gara 3, ma lanciò bene in Gara 4 e 7 quando i Senators catturarono il loro primo e unico titolo delle World Series. A quel tempo, le partite al Griffith Stadium generalmente iniziavano alle 4:00. Nei giochi più veloci, significava che "Marberry Time", come fu ben presto chiamato, avrebbe terminato circa alle 5:30 - 6:00, con l'ombra che attraversava il diamante. Per un lanciatore di palla veloce come Marberry, questo era un ambiente ideale. Marberry faceva una grande figura quando entrava in partita. Il compagno di squadra Al Schacht ricordava: "A volte Bucky andava sul monte solo per parlare con il lanciatore, incerto se sostituirlo. Ma lui non arrivava sul monte, che Marberry usciva dal bullpen pronto ad entrare". Ossie Bluege ricordava: "Avresti dovuto vedere Fred correre attraverso il campo esterno quando stava per rilevare. Si muoveva così veloce e altrettanto determinato e sicuro come solo lui poteva essere". Un uomo grande per il suo tempo, Marberry camminava intorno al monte, lanciando calci al terreno, fissando con rabbia il battitore. Non confidava in nessuna fantastica sostanza - lui fondamentalmente faceva un passo indietro e con un calcio alzava la gamba sparando la palla al ricevitore. Quando Marberry si riscaldava tra gli inning, il ricevitore Muddy Ruel prendeva ogni lancio al centro del suo guanto per massimizzare il rumore della sua palla veloce. Insieme con il suono che poteva essere sentito nella panchina avversaria, Ruel barcollava ad ogni lancio che colpiva il suo guanto. Washington vinse il pennant di nuovo nel 1925, con Marberry che giocò un altro ruolo importante. Questa volta fu utilizzato esclusivamente come lanciatore di rilievo, stabilendo un record con 55 presenze e 39 partite terminate. Marberry lanciò solo due volte nelle World Series, e Harris ricevette qualche critica per questo. Nella settima e decisiva partita, mentre un riposato Marberry guardava, Walter Johnson concesse 15 valide e 9 punti in un complete game per la sconfitta di 9-7. Nel 1926, Marberry apparve in 64 gare, estendendo il suo record di presenze come rilievo a 59. Anche se non calcolato fino a decenni dopo, Fred guadagnò anche 22 salvezze, un record che non sarebbe stato superato fino a quando Joe Page lo fece nel 1949. Anche se ancora efficace, era regredito un po' nel 1927 (10-7, 4.64) e 1928 (13-13, 3.85), lanciando soprattutto come rilievo, ma sempre con 21 partenze nel corso delle due stagioni. Dopo la stagione 1928, il pitcher Walter Johnson, che si era ritirato un anno prima, sostituì Bucky Harris come manager. Johnson utilizzò Marberry sia come starter che come rilievo, e Fred rispose con un record di 19-12 (16-8 come partente) e 11 salvezze (il maggior numero nella League), come partente in 26 delle sue 49 partite. Registrò 250 inning, e la sua ERA di 3.06 era la seconda nel campionato dietro a Lefty Grove. Fred si era innamorato del ruolo di partente: "Il pitcher di rilievo è un lavoro per un giovane lanciatore. Il suo braccio può sopportare l'usura dell'incerto lavoro ... Nel mio caso, mi sento di aver guadagnato il diritto di un cambiamento". Fu utilizzato in questo doppio ruolo per i successivi due anni, con conseguente record di 15-5 (15-2 come starter) e 16-4 (13-3 come starter), ma lanciando ancora 34 partite come rilievo nel corso delle due stagioni. Anche se aveva ancora una buona palla veloce, Marberry iniziò ad usare una palla curva e il changeup a metà carriera, che lo resero ancora più efficace. Nel 1932, Johnson lo usò principalmente di nuovo dal bullpen (15 partenze e 39 come rilievo), e Fred rispose con un'altra ottima stagione: 8-4 e leader della League con 13 salvezze. Dopo la stagione 1932, Johnson fu licenziato, e il 34enne Marberry venne scambiato con Carl Fischer ai Tigers per il pitcher Earl Whitehill. Lo skipper dei Tigers, il vecchio amico Bucky Harris, utilizzò Fred quasi completamente come partente (32 partenze e 5 apparizioni come rilievo), e Fred finì 16-11 con una ERA di 3.29 (la quinta migliore del campionato). Nel 1934, Mickey Cochrane sostituì Harris e trasferì Marberry di nuovo al suo doppio ruolo. Fred finì ancora con un solido primato: 15-5 in 38 partite. Detroit vinse il pennant dell'American League, ma Marberry venne duramente colpito nella sua unica apparizione (1 inning e 2/3, cinque valide, quattro punti) della serie, che i Tigers persero. Dopo solo cinque partite nel 1935, iniziarono i dolori al braccio che portarono al suo rilascio l'11 giugno. Stranamente, gli fu offerto e accettò un lavoro come arbitro dell'American League, senza l'apprendistato nelle minor league. Durò solo poco tempo: "E' troppo solitario. Mi piace essere attorniato dai giocatori e avere compagnia". Nel 1936 accettò di provare con i New York Giants. Credendo che il problema che aveva causato il dolore al braccio fosse dovuto ai denti, gli avevano estratto 14 ascessi dentali. Ciò nonostante, lanciò in una sola partita per i Giants, prima di essere rilasciato. Fece un breve ritorno ai Senators (Bucky Harris era di nuovo manager), lanciando in cinque partite, prima di lasciare le major league una volta per tutte. Tornò in Texas e lanciò in quello stesso anno con Dallas della Texas League, realizzando un record di 12-3 e leader del circuito con una ERA di 2.12. Nel 1937 andò 11-4 per Dallas, facendo anche il manager per un po', prima di firmare con Toledo della superiore American Association. Finì 7-2 per i Mud Hens, terminando la stagione con un record di 18-6. Nel 1939 iniziò di nuovo con Toledo, ma dopo appena 14 partite, e un record di 4-7, ritornò nella Texas League, questa volta con Forth Worth. Terminò la stagione 1939 con i Cats, e lanciò anche le successive due stagioni complete per loro prima di ritirarsi definitivamente all'inizio della stagione del 1941. La sua carriera professionale si chiudeva a 42 anni. Fred aveva sposato Mattie Louise Womack l'11 marzo del 1923, e la coppia ebbe due figli: Peggy Ann, nata nel 1932, e Fred Jr., nato nel 1937. La famiglia possedeva una fattoria di 600 acri vicino alla casa natale di Fred a Mexia. Dopo il baseball, operò nella distribuzione all'ingrosso di gas e, più tardi, gestì un centro ricreativo a Waco. Nell'ottobre del 1949, Fred ebbe un grave incidente automobilistico a Mexia in cui perse il braccio sinistro. L'infortunio non lo rallentò - continuò anche a lanciare in partite di oldtimer. Colpito da un ictus morì il 30 giugno 1976, a Mexia, e fu sepolto nel Bindston Cemetery. Fred Marberry è stato un grande lanciatore in due ruoli. In 187 partenze, Fred Marberry realizzò un record di 95-51; aveva confezionato queste partenze in cinque stagioni, 37 start per anno, una media record di 19-10. Come rilievo, Fred tenne i record delle salvezze della singola stagione (22) e in carriera (101) per molti anni. Dal momento che Fred fece entrambe le cose così bene, i suoi managers non furono mai in grado di attaccargli un ruolo e lasciarlo lì, era troppo prezioso per assumere un costante ruolo. Aveva iniziato o rilevato in tutta la sua carriera, e fu probabilmente uno dei più famosi giocatori della sua epoca. In entrambi i casi, fu un lanciatore eccezionale. Tre foto di Firpo Marberry durante il riscaldamento I Senators vincitori delle World Series del 1924. Firpo Marberry è il quarto da sinistra nella prima fila in alto Firpo Marberry con la casacca dei Detroit Tigers I pitcher dei Detroit Tigers del 1934 vincitori del pennant dell'AL (da sinistra): Eldon Auker, Firpo Marberry, Tommy Bridges e Schoolboy Rowe |
Billy EvansWilliam George EvansNickname : "Big Boy Blue" o " The Boy Umpire" Nato: 10 Febbraio 1884 a Chicago, ILL Billy Evans ebbe una delle più variegate carriere per un giocatore non professionista nella storia del baseball. Fu il terzo arbitro ad essere inserito nella Hall of Fame, e arbitrò durante la maggior parte della Dead Ball Era nell'American League. Aumentò il suo stipendio di arbitro scrivendo una colonna sportiva dal 1920 al 1927 per la Newspaper Enterprise Association dal titolo "Billy Evans Says". Dopo il suo ritiro come arbitro, Evans divenne GM dei Cleveland Indians, Farm Director per i Boston Red Sox e presidente della Southern Association, prima di concludere la sua carriera di baseball con un periodo di lavoro come GM dei Detroit Tigers. Lavorò anche un anno come GM di Cleveland Rams della National Football League. Conosciuto come "Big Boy Blue" o " The Boy Umpire", Evans diventò l'arbitro più giovane ad essere assunto dalle major quando si unì all'American League nel 1906, all'età di 22 anni, non certamente una posizione tranquilla visto che in quel momento la maggior parte delle partite era diretta da un solo arbitro. Attraverso le sue azioni e le decisioni sul campo, Evans si costruì la reputazione di uno degli arbitri più equi del gioco. Unico nella sua professione, ammise apertamente che era fallibile e che poteva sbagliare. Evans era dietro al piatto per la prima partita in major di Walter Johnson, e in seguito confessò che la fastball di Johnson a volte arrivava al piatto così rapidamente che in alcuni casi chiudeva gli occhi prima di effettuare una chiamata. "Al pubblico non piaceva l'arbitro perfetto in ogni partita", sosteneva Evans, "Sarebbe come uccidere il più grande alibi del baseball - 'We wuz robbed' (cioè siamo stati derubati)". Nel 1947 fu pubblicato il suo libro "Umpiring From the Inside" e "Knotty Problems in Baseball" nel 1950. Il primo è un superbo manuale dell'arbitro, il libro ha resistito alla prova del tempo per i suoi utili consigli sulla meccanica e i movimenti nelle situazioni di gioco. Evans nacque a Chicago, Illinois, il 10 febbraio 1884 ed ebbe un'infanzia felice. Ancora un ragazzo, la famiglia si trasferì a Youngstown, Ohio, dove il padre, un immigrato gallese, lavorava come sovrintendente nell'acciaieria Carnegie Steel Mill. Bravo nello sport, Evans giocò a football e a baseball alla Cornell University. Il suo allenatore di baseball, l'ex Baltimore Orioles e il futuro manager dei Detroit Tigers, Hughie Jennings, disse che era un bel outfielder, ma i giorni di gioco di Billy si conclusero per un infortunio al ginocchio durante una partita di football. Evans trascorse due anni e mezzo alla Cornell studiando diritto, prima della morte del padre che lo costrinse a lasciare la scuola per contribuire a sostenere la sua famiglia. Billy divenne giornalista per lo Youngstown Daily Vindicator, guadagnando 10 dollari alla settimana. Fu per lavoro che partecipò a una partita della Protective Association tra Youngstown e Homestead. Quando l'arbitro regolare non si presentò perchè malato, Evans fu convinto ad arbitrare la gara. Finì per arbitrare nella league per qualche giorno in più, e fu poi ingaggiato per 150 dollari al mese, un aumento sostanziale rispetto al suo salario quotidiano. Evans arbitrò nelle minor solo per un paio di anni nel nord-est dell'Ohio. Nel 1905 si fermò in un negozio di abbigliamento di proprietà dell'ex giocatore di baseball Jimmy McAleer, che disse di averlo visto arbitrare e gli era piaciuto quello che aveva osservato. Il presidente dell'American League, Ban Johnson, su consiglio di McAleer, offrì ad Evans 2400 dollari l'anno, più un bonus di 600 $ per arbitrare nella Junior League. Evans disse che gli sembrava tutto il denaro del mondo e affermò di aver battuto tutti i record di velocità nell'accettare la proposta di Johnson e la sua risposta concisa nel telegramma recitava: "Sì, e grazie!". Evans rapidamente si costruì una reputazione di "umpire leale" in grado di gestire qualsiasi situazione creatasi sul diamante. Spesso diceva che il trucco per arbitrare invocava tre talenti: la capacità di studiare la natura umana e applicare i risultati, la capacità di essere in direzione perpendicolare per effettuare una chiamata e la capacità di sopportare senza malizia. Billy dimostrò questa terza abilità a St. Louis, nel settembre del 1907 nel bel mezzo di un doubleheader tra i St. Louis Browns e Detroit Tigers, quando subì una frattura al cranio per una bottiglia lanciata da un fan di 17 anni, a seguito di una chiamata controversa. Il New York Times descrisse l'incidente come "una delle scene più vergognose mai viste su un campo da baseball". Subito dopo l'incidente, Johnson andò a St. Louis per annunciare che aveva assunto un avvocato e avrebbe perseguito il giovane autore del reato. Con suo sgomento, però, Evans si rifiutò di sporgere denuncia, dicendo che i genitori del giovane erano persone simpatiche e che il ragazzo si era scusato per il lancio della bottiglia. Ma Evans non era un santo e se spinto non avrebbe fatto marcia indietro. Il 25 settembre del 1921 fu coinvolto in una scazzottata con Ty Cobb sotto le tribune dopo la partita. Quando Billy Evans chiamò strikeout il battitore dei Tigers Rube Oldham terminando la partita con la vittoria dei Senators, Cobb corse verso l'arbitro e con veemenza contestò la chiamata. Durante l'alterco Cobb riferì a Evans che avrebbe voluto farlo saltare a casa base, ma di non averlo fatto perché sapeva che sarebbe stato sospeso. Evans invitò Cobb nello spogliatoio dell'arbitro per i festeggiamenti post partita. La rissa si svolse sotto le tribune, con i giocatori di entrambe le squadre che formarono un anello attorno ai combattenti. Secondo alcuni resoconti dell'incidente, molti giocatori dei Detroit tifavano per Evans. Diversi testimoni dissero dopo la lotta, conclusa con un pareggio, che era stata la più sanguinosa che avessero mai visto. Cobb fu sospeso per la partita successiva, mentre Evans arbitrò indossando delle bende. Al Schacht, il "Clown Prince" del baseball, così descrisse la lotta: "Quando la partita terminò entrambi andarono sotto la tribuna, mentre i membri di entrambe le squadre divennero spettatori. Billy si pose come un vero pugile, mentre Ty lo inseguì come una tigre e poi improvvisamente lo colpì alla mascella. Evans andò giù con Ty sopra. Con il suo ginocchio sul petto di Evans, Ty tenne Billy per la gola e cercò di soffocarlo. Finalmente lo staccammo da Billy e questa fu la fine del combattimento". Tra i suoi colleghi, Evans era ben noto come un mentore per i giovani arbitri, generoso di tempo e consigli. Evans divenne anche un forte sostenitore per l'istituzione di una formale scuola di formazione per arbitri per soddisfare la crescente domanda di ufficiali di gara. Egli era molto critico sul baseball organizzato accusandolo di fare poco per questa circostanza. Ironia della sorte, se fosse esistito la scuola umpire durante la Dead Ball Era, Evans probabilmente non avrebbe mai avuto la possibilità di arbitrare nelle major league. Eppure la sua filosofia dell'arbitraggio suona come qualcosa uscito da un manuale : "Buoni occhi, un sacco di coraggio fisico e mentale, una approfondita conoscenza delle regole del gioco, una buona dose di fair play, buon senso e diplomazia, una totale mancanza di spirito di vendetta, un sacco di fiducia nelle proprie capacità". Tuttavia, non aveva paura di ammettere i suoi errori. Una volta chiamò un foul ball prima che la palla si fermasse dal rotolare. Quando la palla colpì un sasso e rimbalzò in territorio buono, il manager della squadra in battuta si precipitò sul campo, maledicendo Evans ed esigendo che cambiasse la sua decisione. Billy rispose: "Beh, sarebbe stata una palla buona ieri e lo sarà domani, e per tutti gli anni a venire. Ma in questo momento, purtroppo, è foul, perché questo è il modo in cui ho chiamato". Evans si ritirò come arbitro nel 1927 per diventare General Manager degli Indians. Durante i suoi anni con Cleveland, la squadra mostrò un miglioramento costante sul campo, e ad Evans fu accreditato di aver fatto firmare Bob Feller, Tommy Henrich, Wes Ferrell e Hal Trosky, tra gli altri. Lasciò gli Indians nel 1935 a causa di una disputa salariale e accettò un lavoro come Farm Director per i Boston Red Sox. La sua collaborazione con Boston finì nel 1941 quando il club perse l'occasione di firmare Pee Wee Reese, dopo che Evans aveva fatto forti pressioni per prendere il futuro Hall of Famer. Nel 1942 Evans fu nominato presidente della Southern Association. Rimase in quella posizione fino al 1946, quando venne ingaggiato come vice presidente esecutivo e general manager dei Detroit Tigers, incarico che mantenne fino al suo pensionamento nel 1951. Evans era conosciuto come un buon padre di famiglia, anche se le sue attività di baseball spesso lo tennero lontano dalla sua casa di Cleveland. Sposò Hazel Baldwin nel 1908, e la coppia ebbe un figlio, Robert, che intraprese una carriera di successo come dirigente radio. Evans morì a Miami il 23 gennaio 1956, dopo aver subito un ictus mentre era in visita al figlio. Fu sepolto nel cimitero di Knollwood, a Mayfield Heights, Ohio. Arbitrò sei World Series: 1909, 1912, 1915, 1917, 1919 e 1923 e fu eletto nella Hall of Fame nel 1973. Un articolo dal titolo "Diamond Disputes", scritto da Billy Evans nel 1911. Il lungo articolo racconta storie divertenti di un'epoca ormai lontana, quando il baseball era giovane. Parla dei giocatori tra cui Ty Cobb, Nap Lajoie, Hans (Honus) Wagner, Rube Waddell, Dusty Rhoades, Russell Ford, e il manager John McGraw. Ma parla anche degli arbitri Silk O'Loughlin, Billy Klem e Tim Hurst Game Commentary Original News di Billy Evans del 1912-13 Billy Evans nel 1914 1920 - Da sinistra, Charley Rigler (NL), "Silk" O'Loughlin (AL), Billy Evans (AL) e Bill Klem (NL) L'articolo del 1921 sulla scazzottata tra Billy Evans e Ty Cobb Da sinistra: Eugene "Bob" Hart, Billy Evans, Hank O'Day e Dick Nallin, prima di Gara 1 delle World Series del 1923 Da sinistra: Billy Evans, Walter Johnson e Babe Ruth durante le World Series del 1924 Il GM Billy Evans (a sinistra) dei Cleveland Indians con il manager Walter Johnson nel 1935 La baseball card di Billy Evans edita da Ars Longa Arts Card Il libro "Umpiring From the Inside" del 1947 scritto da Billy Evans Il libro "Knotty Problems in Baseball" del 1950 scritto da Billy Evans Il necrologio della morte di Billy Evans apparso sul The New York Times il 24 gennaio del 1956 1973 - La targa della Hall of Fame di Billy Evans |
Cecil Travis Cecil Howell TravisNato: 8 Agosto 1913 a Riverdale, GA Cecil Howell Travis fu un tre volte All-Star che giocò dodici stagioni in Major League tra il 1933 e il 1947, tutti con gli Washington Senators, principalmente come interbase. Travis colpì .300 in otto delle sue prime nove stagioni in Major League. Ebbe il suo anno migliore nel 1941 quando battè .359 (secondo nell'AL), leader in entrambe le league per valide (218), e fu nominato dal The Sporting News come il miglior interbase del baseball. Dopo aver saltato quasi quattro stagioni servendo nell'esercito durante la seconda guerra mondiale, guadagnandosi la Bronze Star, Travis ritornò ai Senators, alla fine della stagione del 1945, ma non fu mai più in grado di riconquistare la sua forma all-star di prima della guerra. Travis nacque l'8 agosto del 1913, nella fattoria di 200 acri dei suoi genitori a Riverdale, Georgia, una piccola città vicino ad Atlanta. Era il più giovane di dieci fratelli cresciuti da James e Ada Travis. Cecil e i suoi cinque fratelli lavorarono nella fattoria di famiglia. "Naturalmente ho dovuto fare la mia parte di lavoro agricolo ... ma essendo il più giovane dei figli, scansavo molto del duro lavoro", ricordò Travis al The Washington Post il 14 febbraio del 1935. Il baseball gli offrì uno dei pochi mezzi di fuga: "Non importa se usiamo pietre o bastoni, ci basta giocare. Invece di tagliare cotone, mi piacerebbe raccogliere le rocce e colpirle con la mia zappa". Travis entrò alla Fayetteville High School nel 1927. Uno dei suoi insegnanti fu Roy Hodgson, ex atleta presso l'Università della Georgia. Hodgson formò una squadra di baseball e mise Travis all'interbase. Durante le estati, Travis giocò a baseball amatoriale per la squadra di Fayetteville nella Flint River League. Travis che batteva da mancino (e tirava con la destra) sviluppò la reputazione di battitore naturale di line-drive che poteva colpire chiunque. L'ex major leaguer Kid Elberfeld organizzò per Travis un tryout alla Baseball University di Tubby Walton, una scuola di formazione di baseball ad Atlanta. Travis si aggiudicò la borsa di studio per frequentare la scuola, allarmando la sua famiglia per aver rifiutato una borsa di studio alla Georgia Tech, pur di perseguire la carriera nel baseball. Elberfeld poi portò Travis a provare con i Chattanooga Lookouts, che lo firmarono. Fu inviato inizialmente a giocare a Newport, Tennessee, prima della sua convocazione con la squadra di Chattanooga, dove battè .429 nella seconda metà della stagione 1931. Nel 1932, fu il terza base titolare di Chattanooga e fu leader della squadra nella media battuta e nei tripli, e con i Lookouts vinse il titolo della Southern Association e le Dixie Series championship. Nel 1933, Travis venne invitato allo spring training degli Washington Senators, club sponsor di Chattanooga. Non entrò subito in squadra ma fu richiamato il 16 maggio per giocare al posto del terza base Ossie Bluege che si era infortunato. Arrivando al Griffith Stadium solo una mezz'ora prima dell'inizio della partita, Travis realizzò uno dei più notevoli debutti nella storia della Major League battendo cinque valide nelle sue prime cinque at-bats e raggiungendo la base sei volte in totale. Era la prima volta dal debutto di Fred Clarke nel 1894 che qualcuno raccoglieva cinque valide nella sua prima partita, nessun altro giocatore da allora ha mai ripetuto questa impresa. Travis alla fine battè .302 giocando solo 18 partite, e anche se fu nel roster di Washington nelle World Series, i suoi compagni di squadra gli accordarono una quota del bonus della squadra per la vittoria del pennant dell'American League. Travis vinse la posizione di titolare in terza base su Bluege nel 1934. Colpì il suo primo fuoricampo in major il 23 giugno contro Vic Sorrell dei Detroit Tigers. Travis realizzò una media di .319 in questa prima stagione a Washington, superando un terrificante lancio alla testa ad inizio stagione dal pitcher dei Cleveland Thornton Lee che lo tenne fuori per diverse partite (Nella sua prima partita dopo l'infortunio, Travis affrontò nuovamente Lee e colpì un triplo alla prima offerta del mancino). Travis combattè con gli infortuni durante le prime fasi della sua carriera, e fu perseguitato dalle critiche di coloro che dicevano che non era un difensore come Bluege. Il team trascinò Travis da una posizione all'altra sia nel campo interno che all'esterno per le successive due stagioni in quanto disposti a mantenere la sua mazza nel lineup. Fu nominato interbase a tempo pieno della squadra nel 1937 e rispose giocando una solida difesa. Nel 1938, ottenne la sua prima selezione All-Star, ma non giocò nella partita. Nel 1939, Travis - dal fisico naturalmente longilineo 1,85 per 84 kg - venne colpito da due influenze, perdendo ulteriormente peso. Battè .292 e per la prima volta nella sua carriera professionale non riusciva a rompere il record dei .300. Quell'anno, partecipò ad una partita dimostrativa di all-star a Cooperstown, New York, per celebrare l'inaugurazione della National Baseball Hall of Fame. Nel 1940, giocando soprattutto in terza base, Travis ritornò a battere .322 e guadagnò la sua seconda selezione All-Star. Questa volta, non solo giocò, ma fu anche nella formazione di partenza e leadoff per l'American League. Quando Travis emerse come una stella della League, attirò l'interesse da parte di altre squadre, soprattutto dai perenni contendenti, i Detroit Tigers. La voce persistente era che Travis andasse ai Tigers in cambio di due All-Star Rudy York e il futuro Hall of Famer Hank Greenberg. Ma Washington non lo scambiò mai, e Travis rimase con i Senators per tutta la sua carriera, senza mai giocare nella postseason. La storica stagione di baseball del 1941 pose le basi per essere la migliore di Travis nelle major. Dopo aver sperimentato durante la primavera una mazza pesante, una presa diversa, e una posizione più arretrata nel box di battuta, l'ex battitore in campo opposto emerse come pull hitter con un po' di pop. Continuò stabilendo i massimi livelli in carriera nella media battuta (.359), doppi (39), tripli (19), fuoricampo (7), RBI (101), e punti segnati (106). Raccolse anche il miglior numero di valide (218) in carriera, leader di tutte le League in quella stagione - un fatto sorprendente se si considera che Joe DiMaggio mise in scena il record di 56 valide in partite consecutive e Ted Williams colpì .406 nello stesso anno. Nel classico All-Star Game del 1941 a Detroit, Travis scivolò out in seconda base portando via il difensore del sacchetto nel nono inning e impedì il doppio gioco che mantenne l'AL in partita, permettendo a Ted Williams di segnare il punto vincente con il suo memorabile fuoricampo. Subito dopo Pearl Harbor, Travis venne arruolato nella United States Army. Era di stanza a Camp Wheeler in Georgia, dove giocò nella squadra di baseball del campo. Nel maggio del 1942, gli fu concesso il permesso di giocare in una partita di beneficenza al Griffith Stadium, organizzata da Dizzy Dean, per le All-Stars di Dean opposte agli Homestead Grays delle Negro Leagues. Il momento clou della partita fu quando Travis affrontò il grande Satchel Paige, che i Grays avevano preso in prestito per la partita; Travis colpì un singolo nel primo at-bat, ma Paige lo mise strikeout nel secondo at-bat. Gli scontri tra Paige - Travis sono stati citati come un momento importante delle prime fasi di integrazione dello sport. Travis e la squadra di Camp Wheeler giocarono nel torneo nazionale semipro in agosto e vinsero il campionato. Il 12 settembre del 1942, Travis sposò Helen Hubbard ad Atlanta, Georgia. La coppia ebbe tre figli: Cecil Anthony, Michael e Ricky. Nel 1944, Travis fu trasferito a Camp McCoy nello Wisconsin. Fu una stella della squadra di McCoy, che giocò contro squadre semipro e militari in tutta la regione, vincendo il campionato statale dello Wisconsin. Quell'autunno, come membro delle forze speciali nella 76th Infantry Division (soprannominata "Onaway" Division), Travis fu trasportato in Europa per il servizio attivo. Il 76° rimase di stanza per un breve periodo in Inghilterra prima di attraversare il canale e di entrare nelle operazioni di guerra europee a dicembre. Quell'inverno, il 76° effettuò un'operazione di pulizia inseguendo i tedeschi, dopo che le forze di Hitler si ritirarono dalla battaglia delle Ardenne. I soldati americani combattevano anche contro gli elementi atmosferici durante quel freddo inverno; Travis sviluppò un congelamento a due dita del piede sinistro e trascorse del tempo in un ospedale di Metz, in Francia, prima di ricongiungersi con la sua unità. L'Onaway Division inseguì l'esercito nazista in Germania e, dopo la resa tedesca nel maggio 1945, rimase come parte delle forze di occupazione. Travis diresse la squadra di baseball del 76° che partecipò al torneo European Theater. Dopo che il 76° venne disattivato nel mese di giugno, Travis ritornò negli Stati Uniti. Si stava addestrando per la riassegnazione sul fronte del Pacifico, quando i giapponesi si arresero, ponendo fine alla guerra. Da civile, ancora una volta, si riunì al lineup dei Senators a settembre, ma era chiaro che non era lo stesso giocatore che aveva ottenuto una media battuta in carriera di .327 prima della guerra. Battè .241 a settembre, e nonostante alcuni brevi momenti di brillantezza al piatto (tra cui sei valide consecutive in due partite a maggio) colpì solo .252 nel 1946, la sua ultima stagione da giocatore a tempo pieno. I Senators celebrarono il "Cecil Travis Night" in suo onore al Griffith Stadium il 15 agosto 1947. Nella cerimonia, alla quale partecipò l'ex Comandante supremo alleato in Europa, il generale Dwight D. Eisenhower, Travis venne inondato di regali, tra cui un'automobile De Soto e un toro Hereford da 680Kg. Travis lasciò il baseball giocato, con la grazia con cui aveva cominciato: "Il mio problema è il tempo. Dopo essere rimasto fuori così a lungo non potrei mai tornare ad essere quello che sono stato. Ho visto che non stavo aiutando il club, così ho rinunciato". Si ritirò ufficialmente dopo la stagione 1947 e lavorò come scout per l'organizzazione fino al 1956. Si sistemò nella sua fattoria a Riverdale con la sua Elena e il loro figlio più giovane, Ricky. Travis è ricordato non solo come un naturale battitore di line drive, ma anche come uno dei più eccellenti giocatori. Era una tranquilla stella senza pretese, e gli arbitri dell'American League una volta lo votarono come il loro giocatore preferito. Nomi come Ted Williams, Bob Feller e Bowie Kuhn (che fu un batboy e operatore al tabellone per i Senators durante le stagioni di Travis) hanno chiesto che Travis fosse eletto nella National Baseball Hall of Fame. I sostenitori di Travis sottolineano che la guerra aveva effettivamente concluso la sua carriera proprio mentre stava raggiungendo nuove vette, e che anche con il suo precipitoso declino nel dopoguerra, la sua media carriera di .314 può tenere il confronto con tutti, come i due interbasi Hall of Famers Honus Wagner e Arky Vaughan. Tipicamente, però, Travis si rifiutò di fare campagna per sé. "Ero un buon giocatore, ma non ero un grande", disse il 3 ottobre 1999 a Furman Bisher dell'Atlanta Journal-Constitution. Non si lamentò mai degli anni non giocati per il servizio militare: "Abbiamo avuto un lavoro da fare, un obbligo, e lo abbiamo fatto. Ero giusto uno dei tanti". Travis fu eletto nella Georgia Sports Hall of Fame nel 1975 e nella Hall of Stars del RFK Stadium nel 1993. Cecil Travis morì il 16 dicembre del 2006, di insufficienza cardiaca, nella sua fattoria a Riverdale in Georgia, all'età di 93 anni. Heinie Manush (OF), Buddy Myer (2B), Joe Kuhel (1B), Cecil Travis (3B) e Johnny Stone (OF) nel 1934 Cecil Travis in una foto del 1939 Cecil Travis (a sinistra) con Dizzy Dean e Satchel Paige nei primi anni '40. Travis indossa la divisa del "Camp Wheeler" durante il suo arruolamento nella seconda guerra mondiale Jeff Heath dei Cleveland Indians (a sinistra) con Cecil Travis prima di una partita il 5 maggio del 1941 La vignetta di Cecil Travis disegnata da Jim Berry |
Eddie MathewsEdwin Lee MathewsNickname :"Cap'n Eddie", "Eddie Mattress" o "The Brookfield Bomber" Nato: 13 Ottobre 1931 a Texarkana, TX Eddie Mathews giocò solo 31 partite per i Tigers nel 1968, battendo .212 con tre fuoricampo, ma il suo contributo in quella stagione vincente superò di gran lunga le sue statistiche. Mathews, era arrivato a Detroit nel 1967 dopo una lunga e illustre carriera nella National League, dove aveva guidato i Milwaukee Braves a due pennant e al titolo delle World Series nel 1957. Questo rispettato veterano fornì una dose di leadership ai Tigers, di cui avevano molto bisogno, perchè solo una manciata dei loro giocatori aveva giocato in una Series. Quando Mathews si ritirò come giocatore dopo le World Series del 1968, si trovava al sesto posto negli home run in carriera con 512 e deteneva il record di tutti i tempi per partite giocate da un terza base. Dieci anni più tardi, diventò il primo membro del championship team del 1968 a guadagnare l'elezione nella Hall of Fame. Edwin Lee Mathews Jr. nacque a Texarkana, Texas, il 13 ottobre 1931. I suoi genitori si trasferirono a Santa Barbara, in California, quattro anni più tardi. Eddie ereditò la passione per il baseball da suo padre, telegrafista della Western Union ed ex atleta semipro, anche se la madre fece pure la sua parte. "Mia madre era solita lanciarmi, e mio padre prendeva le palle al volo", ricordò molti anni dopo, "Se ne colpivo una nel mezzo vicino a mia madre, avrei dovuto fare qualche lavoretto extra. Mia madre fu determinante nel farmi diventare un pull hitter". Eccelleva nel football e nel baseball a Santa Barbara e aveva ricevuto l'offerta di una borsa di studio al college per il football, ma la sua abilità come terza base e battitore mancino lo classificarono come uno dei più ambiti prospetti del baseball della nazione. Eddie e i suoi genitori soppesarono le offerte di diverse squadre di Major League durante il suo anno da senior. Nella sua autobiografia, Mathews spiegava come per le regole vigenti un giocatore non potesse firmare fino a quando non si fosse laureato alla High School. Per essere sicuri, Eddie e lo scout dei Boston Braves, Johnny Moore, aspettarono fino a mezzanotte, la notte della sua laurea nel giugno del 1949, e firmarono il contratto pochi minuti dopo lo scoccare delle 24:00. Mathews ottenne un bonus di 6000 dollari. Diverse altre squadre avevano offerto più soldi, ma Eddie e suo padre avevano studiato i roster delle Leagues e avevano stabilito che nei Braves, con l'invecchiamento del terza base Bob Elliott, probabilmente avrebbe avuto più possibilità di giocare in quella posizione nel giro di pochi anni. I Braves mandarono Mathews a High Point-Thomasville Hi-Toms della North Carolina State League, dove battè .363 con 17 homer durante l'ultima metà della stagione 1949. Promosso ad Atlanta nel 1950, il 18enne Mathews trascinò i Crackers al pennant con 32 homers, 106 RBI e una media di .272. Era considerato il miglior prospetto in battuta, e anche l'Hall of Famer Ty Cobb si meravigliò della capacità del ragazzo. "Ho conosciuto solo tre o quattro perfetti swings nel mio tempo", aveva detto Cobb, " Questo ragazzo è uno di loro". La carriera di Eddie fu interrotta dalla guerra di Corea, ma dopo pochi mesi nella Marina Militare fu congedato a causa della malattia del padre e il suo status di unico sostegno della famiglia. Tornò nell'organizzazione dei Braves e giocò per tre squadre durante la stagione 1951, chiudendo l'anno con il top delle minor dei Braves, i Milwaukee Brewers. Invitato allo spring training con i Braves nel 1952, Eddie vinse il posto di terza base, battendo Bob Elliott, proprio come lui e suo padre avevano previsto. Ancora solo 20enne, Mathews colpì 25 homer come rookie per i Boston Braves quell'anno. Andò anche strikeout 115 volte, battè .242, e realizzò solo 58 RBI, ma Eddie impressionò gli spettatori con il suo potenziale e finì alla pari per il terzo posto nel ballottaggio di Rookie of the Year. Chiuse la stagione con un buon risultato con tre homer contro i Brooklyn Dodgers il 27 settembre, che dimostrava le promesse per il futuro. Ma, il suo futuro non si sarebbe sviluppato a Boston. Dopo anni di calo tra gli spettatori, i proprietari del team spostarono la squadra a Milwaukee per la stagione 1953. I fans di Milwaukee erano entusiasti dell'arrivo della Major League Baseball, e in Eddie Mathews trovarono il loro primo eroe. Eddie raggiunse il successo come battitore nel 1953, colpendo 47 homer e 135 RBI, mentre migliorava la sua media di .302. Continuò a colpire duro con 40 homer nel 1954 e 41 nel 1955, aumentando le aspettative di poter un giorno sorpassare il record dei 714 fuoricampo in carriera di Babe Ruth. Il 16 agosto del 1954, apparve nelle edicole della nazione il primo numero di Sports Illustrated con Eddie Mathews in copertina. Mathews fece un duro lavoro, determinato a provare orgoglio per la sua difesa così come per la sua battuta. "Eddie era un difensore sotto la media quando arrivò, ma divenne una buona terza base", raccontò il compagno di squadra Johnny Logan, "Connie Ryan, uno dei nostri coach, batteva da 50 a 100 groundballs a Eddie ogni giorno nello spring training. Doveva fermarle con il petto e raccoglierle. Si ruppe il naso tre volte su quelle palle battute". Nel 1954, Mathews si era affermato come un perenne All-Star e il top dei terza base nella league, una distinzione che conservò per il successivo decennio. Fu uno degli uomini più duri della National League e attirò così tanta attenzione per la sua abilità di combattente come per la sua battuta. Il 1° agosto del 1954, dopo che il pitcher dei Brooklyn, Clem Labine, aveva colpito Joe Adcock dei Milwaukee alla testa con una palla veloce, il pitcher dei Braves, Gene Conley, lo vendicò abbattendo Jackie Robinson. Più tardi in quell'inning, Robinson scivolò in terza con gli spikes alti e finì in una scazzottata con Mathews. Nel mese di agosto del 1960, Frank Robinson dei Cincinnati Reds colpì Eddie in terza e ricevette la stessa risposta. "Eddie lo colpì con tre pugni che nemmeno Muhammad Ali avrebbe potuto fermare", ricordava il compagno di squadra Warren Spahn anni dopo, "Eddie era un avversario difficile e un duro. Non faceva marcia indietro con nessuno". Un'altra guerra di beanball contro i Dodgers nel 1957 si concluse con Eddie che prese a pugni il lanciatore rookie Don Drysdale. "Con Eddie, non dovevi mai preoccuparti di nulla", disse l'ex compagno di squadra dei Braves Lew Burdette, "Se qualcuno caricava il monte quando stavi lanciando, sapevi che lui sarebbe arrivato. Eddie mi diceva: Lascia che il figliolo carichi la pistola e si scatenerà l'inferno fuori di qui". La tenacia di Mathews, così come la sua volontà di proteggere i suoi compagni di squadra in ogni momento, fece di lui uno dei più rispettati giocatori della National League nel corso degli anni '50. A parte le sue lotte, raramente Eddie mostrò emozione sul campo. "Io non sono il tipo che fa qualcosa che sembra più complicata di quello che è", disse, "Penso che sia una barzelletta quando un ragazzo va strikeout e lancia via la mazza. Se devo farlo per mostrare ai tifosi che sono pazzo, al diavolo. Non devo lanciare mazze o calciare i contenitori d'acqua. Essere energico per me significa prendere un'extra base, arrivare salvo su una battuta lenta, rompere un doppio gioco, sbattere la palla fuori dal guanto del catcher, appoggiare il tiro e mantenere la mia mente sul gioco in ogni momento". Il costante miglioramento portò i Braves al terzo posto nel 1954 e salirono al secondo posto nel 1955, in gran parte dovuto alla battuta di un altro potente slugger che si aggiunse a Mathews nel lineup dei Milwaukee. Hank Aaron, un 20enne outfielder da Mobile, Alabama, che fece il suo debutto con i Braves nel 1954 e si adattò rapidamente ai lanciatori della major league. Nel 1956, Aaron fu il campione di battuta della National League e formò una potente combinazione destro - mancino con Mathews, che aveva colpito 37 homer e 95 RBI in quella stagione. I Braves erano leader della League con 3 partite e 1/2 al Labor Day, ma si affievolirono nel proseguo, perdendo il pennant della NL di una partita con Brooklyn. I Dodgers, con il loro roster invecchiato, avevano vinto il loro ultimo pennant a Brooklyn, e i Braves erano pronti a prendere il comando. Nel 1957, Aaron, il cleanup hitter di Milwaukee, si annunciò come una minaccia di potenza con 44 home run, mentre Mathews, battendo al terzo posto, contribuì di suo con 32 homer. Mathews e Aaron erano la migliore combinazione uno-due di potenza del baseball, e i Milwaukee, grazie anche al pitching staff che comprendeva Warren Spahn, Lew Burdette e Bob Buhl, vinsero il loro primo pennant, con otto partite sui Cardinals. I Braves entrarono nelle World Series come perdenti contro i perenni campioni dell'American League, i New York Yankees. Tutti i Braves, ad eccezione di Aaron, colpirono male durante la serie, ma la squadra si rifiutò di crollare. Gli Yankees vinsero due delle prime tre partite ed erano in vantaggio 5-4 nel 10° inning di Gara 4 a Milwaukee. Nella parte bassa del 10°, Nippy Jones dei Milwaukee fu colpito al piede con un lancio, e dimostrando all'arbitro il segno sulla palla del lucido della sua scarpa andò in prima. Felix Mantilla entrò come pinch runners per Nippy Jones e Red Schoendienst con un bunt di sacrificio lo spinse in seconda. Poi, Johnny Logan colpì un doppio che fece segnare Mantilla e pareggiare la partita. Questo portò Eddie Mathews, che aveva battuto .091 durante la serie fino a quel momento, nel box di battuta. La prima base era libera, ma gli Yankees preferirono lanciare a Mathews, piuttosto che dargli la base e affrontare Hank Aaron, che aspettava nell'on-deck circle. Con i fans di Milwaukee urlanti, Mathews colpì un lancio di Bob Grim per mandarlo oltre la recinzione a destra per un game-ending homer interminabile e la vittoria, 7-5. "Lui non realizzò molte valide in quella serie", ricordava Aaron, "Ma fu un grande, impostando l'intera serie per noi". Questa vittoria inaspettata eccitò i Braves, che ottennero una stretta vittoria, 1-0, il giorno dopo con Eddie che segnò il punto della partita. Dopo la vittoria degli Yankees in Gara 6 e il pareggio della serie, Lew Burdette lanciò i Braves al titolo con una shutout, 5-0, nella 7a partita. Mathews, che aveva battuto un doppio per i primi due punti della partita nel terzo inning, fu ancora una volta l'eroe in battuta quando i Braves vinsero il loro primo e unico titolo delle World Series a Milwaukee. "Senza Mathews in quel lineup di Milwaukee", gemette il manager sconfitto Casey Stengel, "sarebbe stata una serie diversa". I Braves vinsero di nuovo il pennant nel 1958, ma gli Yankees assaporarono la loro vendetta. Mathews, che si era accasciato durante la stagione regolare con una media di .251 e 31 fuoricampo, colpì solo quattro valide e andò 11 volte strikeout con gli Yankees che riconquistarono il titolo. Eddie ritornò nel 1959 con una delle sue più grandi stagioni, leader della League con 46 homer, finì secondo nel ballottaggio di Most Valuable Player, ma i Braves chiusero la stagione in pareggio per il pennant con i Los Angeles Dodgers. Dopo che la sua squadra aveva perso la prima partita di un playoff al meglio delle tre, Eddie colpì un homer contro Don Drysdale nella seconda partita, allungando il vantaggio dei Braves nel quinto inning. Tuttavia, i Dodgers pareggiarono il gioco nel nono e vinsero nel 12° inning per aggiudicarsi il pennant. Mathews e Aaron fornirono l'energia ai Braves nel corso delle successive stagioni, anche se la squadra cominciò la discesa dopo il 1959. Nel 1962, Eddie si strappò i legamenti della spalla destra mentre sventolava una palla alta lanciata da Dick Farrell degli Houston. Non fu mai più così pericoloso come battitore dopo l'infortunio, e il suo totale di 29 homer nel 1962 interruppe una striscia di nove anni in cui ne aveva colpito 30 o più. Il suo primo home run della stagione 1963 fu il 400° della sua carriera, ma la sua produzione cominciò a diminuire a causa dei problemi alla schiena e alle spalle. Ritornò nel 1965 con 32 homer e 95 RBI. L'home run n° 28, battuto il 20 agosto a Pittsburgh, portò il totale realizzato dal tandem Mathews - Aaron a 773, superando il record detenuto dalla coppia Babe Ruth - Lou Gehrig di 772. Aaron e Mathews combinarono 863 RBI tra il 1954, quando Aaron entrò nel club, e il 1966, la prima stagione della squadra di Atlanta. Eddie, l'unico uomo a giocare per i Braves a Boston, Milwaukee e ad Atlanta, durò solo una stagione nel profondo sud. Nel novembre del 1966, i Braves ottennero Clete Boyer dagli Yankees per giocare in terza base, e poi scambiarono lo spento Mathews agli Houston Astros. La carriera di Eddie si stava spegnendo, anche se nella sua breve permanenza con gli Astros ci fu un momento brillante. Il 14 luglio del 1967, colpì un lancio di Juan Marichal che uscì sulla destra del Candlestick Park di San Francisco per diventare il settimo membro del 500 homer club. Eddie giocò principalmente come prima base e occasionalmente come pinch hitter per Houston. Ma era sacrificabile, e nel mese di agosto, quando diverse squadre dell'American League chiesero la sua disponibilità, gli Astros cedettero Mathews attraverso gli waivers. I Detroit Tigers, avevano bisogno di un terza base dopo l'infortunio a Don Wert, e Eddie fu preso il 17 agosto del 1967, in cambio di un giocatore da nominare in seguito. Nel mese di novembre, i Tigers mandarono il rilievo Fred Gladding a Houston per completare l'affare. Eddie dimostrò il suo coraggio di leader nel suo primo giorno come membro dei Tigers quando scoprì che non tutti i suoi nuovi compagni di squadra erano contenti del manager Mayo Smith. Quando entrò nella clubhouse di Detroit per la prima volta, Mathews vide una lavagna su cui un anonimo giocatore dei Tigers aveva scritto: "Vinceremo, nonostante Mayo". Eddie cancellò il messaggio incriminato e diede ai suoi compagni di squadra una lezione sull'importanza di sostenere il loro manager. "Questo piccolo episodio mi fece diventare amico di tutta la squadra perché qualche idiota aveva scritto quella cosa", ricordava Mathews, "A partire da quel momento, fui accettato subito". "Non designi dei ragazzi a essere leader per così dire", ricordò il General Manager dei Detroit Jim Campbell diversi anni dopo, "Essi o ce l'hanno dentro, o non ce l'hanno. E Eddie l'aveva. Lo sapevamo quando lo scambiammo. L'abbiamo preso come giocatore, ma l'abbiamo anche preso perchè era un leader. Anche Kaline lo ammirava. Mise un sacco di pressione su Al". Mathews giocò in terza per i Tigers fino al ritorno di Wert ai primi di settembre, poi condivise la prima base con Norm Cash, in slump, per il resto della stagione. Battè .231 in 36 partite per Detroit, con l'aggiunta di sei fuoricampo per aumentare il suo totale in carriera a 509. Nell'ultima settimana della stagione, quando i Tigers dovevano vincere tre su quattro con i California Angels per conquistare il primo posto a pari merito per il pennant, Eddie iniziò tutte le quattro partite in prima base. Realizzò quattro RBI, ma i Tigers vinsero solo due gare e persero il pennat con i Red Sox di una partita. Nel gioco finale, quando le speranze di Detroit per la vittoria sbiadirono, Eddie quasi si scontrò con un fotoreporter mentre inseguiva una palla in foul. Il frustrato Mathews prese la palla e la tirò ai piedi dello sfortunato uomo, guadagnandosi un coro di fischi dalla folla. Nella primavera del 1968, Mayo Smith decise che i giorni di Eddie come un normale terza base erano finiti. Don Wert recuperò il suo posto in terza, mentre Mathews e Norm Cash gareggiarono in prima base. Smith aveva anche suggerito che Mathews e Cash potevano rientrare nel platoon system, anche se entrambi erano battitori mancini. Cash aveva lottato contro i mancini, mentre Mathews si difendeva bene contro di loro. Cash, tuttavia, si affermò come titolare in prima con Eddie in panchina. Mathews, infine colpì il suo primo homer della stagione 1968 il 19 maggio contro gli Washington Senators. Otto giorni dopo, Eddie colpì i fuoricampo 511 e 512 della sua carriera contro gli Angels, superando Mel Ott per il sesto posto nella classifica di tutti i tempi. Le due valide alzarono la sua media battuta sopra i .200 per la prima volta nel 1968. Il veterano diede al suo team anche la forza di reagire contro gli Athletics, il 26 maggio, dopo che il pitcher degli Oakland, Lew Krausse, aveva rotto l'avambraccio di Al Kaline con un lancio il giorno prima. Quando Jack Aker colpì Jim Northrup dei Detroit sul casco, entrambe le panchine si fronteggiarono per ciò che l'arbitro Ed Runge definì "la migliore zuffa che abbia mai visto su un campo da baseball". La carica della panchina dei Tigers fu condotta da Mathews, che corse sul monte e colpì Aker allo zigomo. La schermaglia, che infuriò per più di 10 minuti, eccitò i Tigers, che vinsero 16 delle loro successive 21 partite, costruendo un vantaggio nella corsa al pennant che mantenne fino alla fine della stagione. Purtroppo, i problemi alla schiena di Eddie si riaccesero, e ai primi di giugno i Tigers lo misero nella lista disabili con un disco rotto. Né il riposo né la trazione lo aiutarono ad alleviare il dolore, e il 5 luglio i medici dell'Henry Ford Hospital di Detroit lo operarono per rimuovere il disco incriminato. La maggior parte degli osservatori capì che la stagione di Eddie e la sua mitica carriera erano finite, ma il veterano ben presto rientrò ai Tigers e lavorò duramente per entrare in forma. Con l'inizio di settembre era di nuovo nel roster attivo, facendo un paio di partenze in terza e qualche apparizione come pinch hitter. Alzò la media a .212 per la fine della stagione, ma i due homer che aveva battuto contro gli Angels a maggio furono i suoi ultimi in major league. Mathews fu sorpreso e compiaciuto che i Tigers avessero deciso di metterlo nel roster per le World Series contro i St. Louis Cardinals, anche se aveva già deciso che il 1968 sarebbe stata la sua ultima stagione. La sua terza apparizione nelle World Series, arrivò un decennio dopo la sua performance nel Fall Classic per Milwaukee nel 1957 e nel 1958, e avrebbe segnato la fine della sua carriera da giocatore. Mathews giocò in solo due delle sette partite contro i Cardinals. In Gara 1, entrò come pinch hitter per Don Wert nell'ottavo inning e andò strikeout contro Bob Gibson, che stabilì un record delle Series mettendo strikeout 17 Tigers in quella partita. In Gara 4, Mayo Smith diede a Eddie l'incarico di partire in terza, con Gibson di nuovo sul monte di lancio per St. Louis. Eddie ricevette una base su ball e colpì un singolo, una delle sole cinque valide gestite dai Tigers in uno sforzo perdente. Mathews rimase in panchina per il resto della serie, quando i Tigers vinsero le ultime tre partite e alzarono il loro primo titolo mondiale dal 1945. Anche se Eddie modestamente si era descritto come un "cheerleader" per il club, "tutto quello che serviva era il pompon e la piccola gonna", aveva detto, lui era entusiasta di andare in pensione con un titolo delle World Series. "Siamo finiti in cima alla classe D nel mio primo anno nel baseball organizzato, e siamo finiti in cima nel mio ultimo anno", disse Eddie, "Che altro si può chiedere a un giocatore di baseball?". Il titolo alla fine fece di Mathews il terzo Hall of Famer, dopo Joe DiMaggio e Johnny Mize, ad andare in pensione come vincitore delle World Series. Jim Campbell offrì a Eddie un lavoro come scout, ma Mathews aveva deciso invece di entrare in affari. Questo sforzo fu un fallimento, come Eddie poi ammise: "Non mi piaceva essere un venditore. Non ero uno che chiudeva l'affare. Mi piaceva andare e parlare di baseball per mezz'ora ed uscivo senza menzionare il mio prodotto". Nel 1971 tornò nel baseball come coach con la sua vecchia squadra, gli Atlanta Braves, e nel mese di agosto del 1972 sostituì Luman Harris come manager. La più grande polemica nel ruolo di manager di Eddie si verificò quando il suo vecchio compagno di squadra Hank Aaron, ancora un appuntamento fisso nel lineup di Atlanta, era sul punto di rompere il record in carriera di Babe Ruth di 714 fuoricampo. Aaron entrava nella stagione 1974 con 713 fuoricampo, ed eguagliò il record nell'opening day a Cincinnati. Eddie poi annunciò che Aaron sarebbe rimasto fuori per le prossime due partite a Cincinnati, per poter battere il record in casa ad Atlanta la settimana successiva. Il Commissioner Bowie Kuhn rabbioso ordinò ai Braves di far giocare Aaron contro i Reds, minacciando di multare o sospendere Mathews se Aaron non fosse stato nel lineup. Dopo un acceso scambio di opinioni tra Kuhn e Mathews, Aaron saltò la seconda partita della stagione, poi andò senza valide nella terza e lasciò Cincinnati ancora in parità con Ruth. Nell'opening day dei Braves, l'8 aprile 1974, Aaron colpì il suo 715° fuoricampo, battendo il record che molti una volta avevano previsto sarebbe stato frantumato da Mathews. I Braves annasparono a metà del 1974 e nel luglio dello stesso anno i proprietari licenziarono Eddie da manager. Trascorse molti anni successivi come coach e scout per i Texas Rangers, i Milwaukee Brewers, e gli Oakland A's. Nel 1978, venne eletto nella Hall of Fame del baseball nel suo quinto anno di eleggibilità. Anche se Eddie aveva pubblicamente chiesto perché Ernie Banks, che aveva realizzato statistiche simili alla sua, era entrato nella Hall al suo primo tentativo, mentre lui aveva aspettato cinque anni per l'induzione, era un uomo felice alla cerimonia a Cooperstown quell'estate. "Sono solo un vecchio battitore terza base", disse Eddie alla folla, "Sono solo una piccola parte di un gioco meraviglioso che è una parte enorme dell'America di oggi". Gli anni a seguire di Eddie furono pieni di difficoltà. Sposato quattro volte, il forte bevitore Mathews aveva ammesso nella sua autobiografia del 1994 che la sua assunzione di alcol gli aveva fatto perdere diversi lavori nel baseball, tra cui la sua posizione di manager dei Braves. Nel 1982, contrasse una grave forma di polmonite e fu ricoverato in ospedale per mesi. Quattordici anni dopo, scivolò mentre era a bordo di una nave, cadendo in acqua e rimanendo schiacciato tra la nave e la banchina, e distruggendosi il bacino. Il vecchio giocatore di baseball non riacquistò mai più la salute dopo quel danno devastante, e il 18 febbraio del 2001, morì di polmonite e insufficienza respiratoria all'età di 69 anni. "Penso che sia stato uno dei più grandi terze basi di tutti i tempi", disse Johnny Logan, "Aveva uno degli swing più dolci che abbia mai visto. C'era solo un Eddie Mathews". 22 aprile 1953 - Il manager Charlie Grimm (# 40) si congratula con il suo trio che ha battuto dieci dei 14 RBI con cui hanno travolto i Cubs, 15-6. Da sinistra, Jack Dittmer che aveva battuto un fuoricampo da tre nel terzo; Eddie Mathews (# 41) che aveva battuto un fuoricampo da tre, uno da due e un doppio RBI; Sid Gordon (# 4) che aveva battuto il suo primo fuoricampo in stagione 1954 - Caricatura di Eddie Mathews disegnata da Fred W. Steffan e contenuta nel Roster Book dei Milwaukee Braves del 1954 13 giugno 1957 - La causa di questa storica zuffa fu del lanciatore dei Dodgers Don Drysdale, che aveva lanciato una fastball un po' troppo vicino alla testa di Johnny Logan (# 23) dei Braves. Logan, a sinistra nella foto, è pronto a colpire con un pugno il manager dei Dodgers Walter Alston (# 24). Sulla destra, il coach dei Milwaukee Braves Connie Ryan (# 8) trattiene un giocatore dei Dodgers non riconoscibile. In alto, Pee Wee Reese cerca di staccare Eddie Matthews da Don Drysdale a terra. Questa scena all'Ebbets Field di Brooklyn fu scioccante e il front office della National League reagì di conseguenza. Le multe furono rigide: Johnny Logan 100 $ e Don Drysdale 40 $ 18 agosto 1957 - I due sluggers dei Braves, Eddie Mathews e Hank Aaron aspettano il loro turno per il batting practice vicino alla gabbia prima di una partita contro i Cardinals 6 ottobre 1957 - Due foto dell'arrivo a casa base di Eddie Mathews (al centro) dopo aver battuto lo walk off home run nel 10° inning di Gara 4 delle World Series contro gli Yankees La copertina di Sport Illustrated del 2 giugno del 1958 dedicata a Eddie Mathews
1 ottobre 1958 - Gli sluggers, futuri Hall of Famers, Mickey Mantle e Eddie Mathews assieme prima di Gara 1 della World Series del 1958 13 luglio 1959 - Eddie Mathews e Warren Spahn si guardano felici dopo aver trascinato assieme i Braves alla vittoria per 3-0 contro i Giants, leader della League. Mathews aveva battuto un fuoricampo da due punti e Spahn aveva lanciato sei inning shutout. La vittoria aveva portato i Braves in classifica a mezza partita dai Giants 12 febbraio 1961 - John McHale, general manager dei Milwaukee Braves, porge la penna a Eddie Mathews perchè firmi il nuovo contratto di 60000 $ 2 luglio 1961 - La foto della rissa tra i Milwaukee Braves e i Cincinnati Reds. Così Sports Illustrated del 17 luglio 1961 riportava la notizia: "Nella metà del quarto inning, il pitcher dei Reds, Jim O'Toole, colpì un singolo e cercò di andare a casa sul doppio di Eddie Kasko. Tra la terza e casa base O'Toole scivolò e cadde e, lottando per rientrare in terza, cercò di portare via la palla dalle mani del terza base dei Braves, Eddie Mathews. Mathews riuscì a tenere la palla giusto il tempo per eliminarlo, poi gettò via il guanto e caricò O'Toole. Uscirono entrambe le panchine". Nella foto sotto Eddie Mathews, al centro, piegato con l'arbitro vicino dopo che la rissa con O'Toole era stata sedata 8 agosto 1962 - Eddie Mathews placca Ron Santo, con il caschetto sulla destra, dopo averlo separato dal pitcher dei Braves Kack Curtis. La baruffa era iniziata dopo che Curtis aveva eliminato Santo per toccata al piatto durante il nono inning della partita Braves-Cubs. Sulla sinistra il prima base dei Braves, Joe Adcock (# 9), si precipita a trattenere il coach di terza base dei Cubs Charlie Metro. Nel mezzo in primo piano, l'interbase dei Cubs Andre Rodgers tenta di afferrare Curtis. Il seconda base dei Cubs, Alex Grammas (senza cappello), afferra Curtis attorno alla vita. Sullo sfondo in mezzo, l'arbitro di casa base Jocko Conlon guarda. L'interbase Roy McMillan, dietro a Conlon, si avvicina correndo come pure il coach di prima dei Cubs Lou Klein a destra 16 aprile 1963 - Warren Spahn aiuta il suo compagno di squadra Eddie Mathews a sorreggere il numero 400 che è il fuoricampo colpito dal terza base dei Braves nella partita. La foto fu scattata dopo la shutout contro i Philadelphia Phillies dove pure Spahn festeggiava la 329a vittoria e la 56a shutout Anni 1963 -1965 - Poichè, Eddie Mathews era giovane, bello e ricco, attirò un sacco di attenzioni femminili. Questa foto non datata (1963-1965 secondo l'uniforme) mostra un gruppo di ragazze delle scuole superiori che donano a Mathews una torta al County Stadium La prima uscita di Sports Illustrated del 16 agosto del 1964 con Eddie Mathews alla battuta 30 aprile 1965 - Il sedicenne Jay Dallman, al centro, consegna la palla del fuoricampo a Eddie Mathews, a destra, dopo averla recuperata nelle tribune sul lato sinistro del Country Stadium. Il fuoricampo era stato battuto da Mathews nel terzo inning per aiutare i Braves a vincere contro i Phillies 7-1. Al tempo, Mathwes aveva realizzato 450 fuoricampo, di cui cinque in questo inizio di stagione. Con il suo compagno di squadra, Hank Aaron, a sinistra, avevano eguagliato il record della NL detenuto da Duke Snider e Gil Hodges dei Dodgers di 715 fuoricampo con l'home run di Eddie nella serata 14 luglio 1967, il broadcaster degli Houston Astros, Gene Elston, consegna a Eddie Mathews una targa commemorativa per il suo 500° fuoricampo Eddie Mathews in azione in terza base Lo swing di Eddie Mathews 1978 - La targa della Hall of Fame di Eddie Mathews |
Billy VeeckWilliam Louis Veeck Jr.Nickname :"Ole Will"o "Burrhead" Nato: 9 Febbraio 1914 a Chicago, IL L'impresario di baseball Bill Veeck visse una vita gioiosamente pubblica e costruì così anche la sua leggenda. A volte è difficile sapere dove la vita si ferma e dove inizi la leggenda. Amava dire: "Io sono l'unico essere umano di sempre ad essere cresciuto in un campo da baseball". Il campo da baseball era il Wrigley Field, dove suo padre era presidente dei Cubs. La strada di Veeck attraversò Cleveland, dove stabilì il record di pubblico e vinse una World Series, St. Louis, dove perse la sua camicia sportiva cercando di salvare i Browns, e Chicago, dove vinse un altro pennant e lasciò la sua impronta innovativa sulle spalle delle uniformi dei giocatori. I compagni proprietari lo volevano fuori dal gioco, ma non potevano smettere di divertirsi lungo la sua carriera. William Louis Veeck Jr. nacque a Chicago il 9 febbraio 1914, da William L. Veeck Sr. e Grace Greenwood DeForest. Suo padre era un giornalista sportivo sotto lo pseudonimo di Bill Bailey. Dopo che lo scrittore aveva criticato i Cubs nelle sue colonne, il proprietario William Wrigley lo sfidò a prendere la squadra e dimostrare che poteva fare di meglio. Veeck aderì nel 1918 e costruì i vincitori del pennant nel 1929, 1932 e 1935. Il giovane Bill iniziò a girare i campi da baseball all'età di 10 anni, lavorando come venditore di biglietti. Il ragazzo fu mandato alla esclusiva Phillips Academy di Andover, Massachusett, ma durò solo poche settimane. Dopo due anni in una scuola pubblica di Chicago nel sobborgo di Hinsdale, fu mandato alla Ranch School di Los Alamos, New Mexico, il cui curriculum sperimentale seguiva la filosofia di ritorno alla natura di Henry David Thoreau. Bill la lasciò senza laurearsi. Aveva superato un esame di ammissione al Kenyon College in Ohio. Ricordava la sua breve carriera universitaria come un party non-stop, ma fu eletto presidente di classe delle matricole, giocò a football e a basket, e si unì alla confraternità Beta Theta Phi. Rinunciò al suo secondo anno, quando a suo padre fu diagnosticata la leucemia. Nelle ultime settimane della sua vita, William Veeck non poteva digerire nulla oltre al vino. C'era il proibizionismo e così, come suo figlio ricordava, si procurò una fornitura da Al Capone. Il padre morì nel 1933, quando Bill aveva 19 anni. Veeck Jr. fece sempre riferimento a suo padre semplicemente come papà, e lo venerò, ma i due non avrebbero potuto essere più diversi. William Veeck era un rigido signore formale, l'immagine perfetta del decoro. Junior notoriamente non indossò mai una cravatta, era un selvaggio, aveva crespi capelli rossicci che gli valsero il soprannome di Burrhead, e trascorse la sua vita con l'inclinazione a combattere contro i mulini a vento. Veeck ottenne un lavoro di 18 dollari a settimana con i Cubs, che ora erano di proprietà dal figlio di William Wrigley, Philip Knight. Come Veeck, P.K. Wrigley era una mela che era caduta lontano dall'albero. Suo padre era un supervenditore, Philip era timido, più felice quando armeggiava con una macchina o qualche altro macchinario che incontrare il pubblico. Il giovane Veeck era ricco di idee promozionali, come l'installazione di luci sul campo di baseball. Il giovane Wrigley respinse tutte queste iniziative. Unico contributo di Veeck ai Cubs fu quello di piantare l'edera sui muri degli esterni del Wrigley Field ma fu anche un'idea di Philip Wrigley. Veeck sposò Eleanor Raymond, che era stata una cavallerizza con il Ringling Brothers and Barnum & Bailey Circus, il 18 dicembre del 1935. A 27 anni, Veeck acquistò la sua prima squadra, i Milwaukee Brewers del doppio A dell'American Association, il livello più alto delle minor. A volte disse che non pagò nulla per la fallita franchigia pur assumendo 100000 dollari in debiti, ma il business manager dei Brewers, Rudie Schaffer, disse che Veeck mise 40000 $. Furono per lo più soldi di altri, come fu sempre quando Veeck comprò una squadra. I Brewers del 1941 erano all'ultimo posto quando li prese, portando con sé uno dei suoi investitori, Charlie Grimm, come manager. Grimm, che aveva giocato in prima base e ed era un battitore mancino, aveva portato i Cubs al pennant nel 1935. "Jolly Cholly" era perfetto per Veeck. Milwaukee divenne il campo di prova di Veeck, dove sperimentò i suoi progetti promozionali. E prese quelli di successo per le major. Pulì e dipinse il fatiscente ballpark dei Brewers. Venivano dati dei premi quasi ogni notte, mostrando un particolare fascino per gli animali: aragoste vive, piccioni, polli, maiali, e un favorito particolare, un cavallo dalla schiena curva. La maggior parte delle promozioni non erano annunciate in anticipo; voleva che i fans andassero a vedere la partita aspettandosi una sorpresa. Programmava partite di mattina per i lavoratori che durante la notte erano impegnati presso gli stabilimenti di guerra e veniva servita una colazione a base di cereali a tutti gli spettatori. Egli credeva che andare al campo da baseball doveva essere divertente. Ma contribuì anche con una squadra vincente. Veeck comprò giocatori, spendendo soldi che non aveva - "500 dollari ora, il resto quando li prenderò" - vendendoli poi per raccogliere capitali per altri acquisti. I Brewers quasi vinsero il pennant dell'American Association nel 1942, la sua prima stagione completa, vincendo poi le successive tre stagioni. Veeck scrisse più tardi che aveva cercato di acquistare i falliti Philadelphia Phillies dopo la stagione 1942 ed era intenzionato a rinfoltire la squadra con giocatori di colore, rompendo la linea del colore del baseball organizzato tre anni prima che Jackie Robinson firmasse con i Dodgers. Nella sua autobiografia del 1962, affermò di aver predisposto una linea di credito e arruolato l'imprenditore Abe Saperstein, proprietario degli Harlem Globetrotters, perchè lo aiutasse a firmare le stelle delle Negro Leagues. Veeck disse che aveva informato per cortesia il Commissioner Kenesaw Mountain Landis del suo piano, ma che Landis e il presidente della National League, Ford Frick, lo contrastarono organizzando una rapida vendita dei Phillies ad un altro acquirente. Nella maggior parte delle storie di integrazione del baseball si ripete questa storia. Si adatta correttamente all'immagine di Veeck come distruttore dell'autorità. Ma nel 1998, David M. Jordan, Larry R. Gerlach, e John P. Rossi dichiararono: "Questo non è vero". Anche se Veeck aveva sostenuto che la sua candidatura era "conosciuta da tutto il mondo del baseball", in seguito i ricercatori avevano trovato solo una manciata di riferimenti ad essa prima dell'autobiografia di Veeck, la maggior parte dei quali basati su dichiarazioni di Veeck. Quando Veeck aveva firmato il secondo major leaguer nero, Larry Doby, nel 1947, egli non menzionò che aveva cercato di integrare il baseball cinque anni prima. Tuttavia, lo storico Jules Tygiel face notare che era impossibile fornire una prova negativa, e concluse che Jordan, Gerlach e Rossi potevano essere stati troppo veloci nel licenziare le affermazioni di Veeck. In ogni caso, Veeck non era in giro a festeggiare i pennant dei Brewers. Si era unito ai Marines dopo la stagione 1943. La primavera successiva era di stanza sull'isola del pacifico di Bougainville quando il rinculo di un cannone anti aereo distrusse la sua gamba destra. Trascorse il resto della guerra negli ospedali. Grimm lasciò i Brewers per un altro tour come manager dei Cubs nel 1944 e convinse il suo vecchio amico Casey Stengel a prendere in consegna i Milwaukee. Stengel era stato licenziato dopo aver realizzato dei record perdenti come manager dei Brooklyn Dodgers e dei Boston Braves. Veeck andò su tutte le furie quando la notizia lo raggiunse alcune settimane più tardi nel Pacifico. Scrisse una velenosa lettera a Grimm, chiedendogli di licenziare immediatamente quel pagliaccio di Stengel. Dopo che Stengel conquistò il pennant, Veeck ammise il suo errore. Chiese a Stengel di rimanere per il 1945, ma Casey che aveva sentito parlare della lettera tornò a casa in California. Veeck vendette i Brewers subito dopo il suo ritorno dal servizio militare nel 1945. "Fu una scelta tra il club e il mio matrimonio", scrisse più tardi. Il matrimonio era già in difficoltà anche prima che Veeck si unisse ai Marines. Si trasferì con Eleanor e i loro tre figli in un ranch in Arizona che aveva chiamato The Lazy Vee. La sua riconciliazione con la moglie non ebbe effetto, né lo fece il suo divorzio dal baseball. Nel giro di pochi mesi iniziò a cercare un modo per tornare in azione come "un avvoltoio in cerca di un morente ballclub". I Cleveland Indians non avevano vinto un pennant dal 1920, ed erano stati raramente in corsa. Veeck mise insieme un consorzio per comprare la squadra per 2,2 milioni di $. Ideò quello che definì un gruppo obbligazionario che permise ai suoi sostenitori di sfruttare il loro investimento, pagando solo una piccola quantità di azioni e mettendo la maggior parte dei loro soldi, sotto forma di un prestito alla squadra (le obbligazioni), per poi rientrare con pagamenti fissi a intervalli pianificati di tempo. Mise appena 268 mila dollari in contanti per una quota del 30% del club. Veeck portò con sé le sue acrobazie, i fuochi d'artificio e gli omaggi. Anche se altri proprietari delle minor league avevano abbracciato il valore della promozione, tali sciocchezze non avevano mai insozzato un ballpark delle major leagues. Il direttore delle pubbliche relazioni dei New York Yankees, Red Patterson, disse che il general manager degli Yankees, George Weiss, aveva posto il veto di regalare il berretto della squadra con l'osservazione sprezzante: "Pensi che voglia che ogni bambino a New York giri con un berretto degli Yankees?". Rispondendo ai sogghigni che definivano le sue bravate populiste, Veeck disse: "Trovo che i miei gusti sono così comuni che tutto ciò che piace di più a me probabilmente seduce la maggior parte dei clienti". Nella sua filosofia: "ogni giorno è Mardi Gras e ogni tifoso è un re". E una regina: regalò calze di nylon quando erano difficili da trovare dopo la guerra e migliaia di orchidee. Dopo aver assunto l'incarico nel giugno 1946, Veeck portò l'affluenza di pubblico degli Indians, che era in vistoso calo, per la prima volta sopra il milione di spettatori. Trasferì le partite casalinghe dal League Park, che aveva spazio per solo 22500 persone, al Municipal Stadium con una capacità di 78000 posti (La squadra aveva usato in precedenza il ballpark più grande solo la domenica, nei giorni festivi, e per le partite in cui si prevedeva una grande folla). Tolse la porta del suo ufficio e mise il suo numero di telefono nella rubrica pubblica. Veeck cercò di nuovo di ricucire il suo matrimonio durante le World Series del 1946. Invitò Eleanor ad unirsi a lui durante la serie - purtroppo , insieme a decine di amici e colleghi di lavoro. Veeck trascorse il suo tempo intrattenendo i suoi ospiti piuttosto che sua moglie. La serie durò sette partite. Eleanor non durò così a lungo e lo lasciò per sempre. Dopo la serie, la gamba destra di Veeck fu amputata e egli organizzò una festa per celebrare. In seguito subì amputazioni successive per le infezioni che colpivano il moncherino della gamba; 36 operazioni in tutto. Gli Indians finirono sesti nel 1946 e salirono solo al quarto posto nell'anno successivo, anche se l'affluenza balzò a 1,5 milioni, la seconda migliore della League. Veeck firmò il primo giocatore nero dell'AL, Larry Doby, nel mese di luglio. L'anno successivo firmò la leggenda delle Negro Leagues, Satchel Paige, esagerando il mistero che circondava l'età di Paige, ed ebbe una nuova attrazione, nonché un utile lanciatore. Veeck prese anche il seconda base degli Yankee, Joe Gordon, un ex MVP che tornò alla celebrità con Cleveland per alcuni anni, ma dovette rinunciare al lanciatore Allie Reynolds, che diventò un uomo chiave per le cinque vittorie consecutive nelle World Series dei New York Yankees. Infine, decise di sbarazzarsi del suo interbase e manager, Lou Boudreau. Boudreau era un ex campione di battuta e sette volte All Star, ma Veeck lo derise come un manager "sospetto". Quando girarono voci sulla trade di Boudreau, Veeck affrontò un uragano di critiche. Non c'era il talk-show sportivo allora, ma i fans inviarono le loro chiare opinioni, tramite lettere, ai giornali e i giornalisti sportivi prestarono il megafono al grido di dolore. Veeck provò a trasformare un disastro di pubbliche relazioni in un colpo di stato. Annunciò che si sarebbe inchinato ai desideri dei fans di mantenere il manager. La trade mancata di Boudreau fu il miglior affare che Veeck avesse mai fatto. Boudreau giocò la migliore stagione della sua vita nel 1948, battendo .355 con .453 nella media arrivi in base e una percentuale slugging di .534, vincendo il premio di MVP. Il veterano terza base Ken Keltner disputò un anno straordinario, Gordon colpì 32 fuoricampo e gli inattesi lanciatori Gene Bearden e Bob Lemon vinsero ciascuno 20 partite, terminando 1°e 3° nella ERA. Gli Indians lottarono con gli Yankees, Red Sox, e i sorprendenti Philadelphia Athletics in una corsa serrata al pennant. Con una squadra vincente e una gara emozionante in aggiunta alle promozioni non stop di Veeck, 2,6 milioni di fan si riversarono allo stadio, un record della major league che rimase per 14 anni. La stagione si concluse con Cleveland e Boston alla pari. Nella partita di playoff, Boudreau colpì due fuoricampo e gli Indians vinsero 8-3. Veeck fece delle World Series un evento per i comuni tifosi. I biglietti delle Series erano sempre stati venduti in un unico set per tutte le partite in casa (tre furono giocate a Cleveland), ma Veeck vendette i biglietti per ogni singola partita per consentire a tre volte il numero di persone di vedere la loro squadra che giocava per il titolo. Gli Indians sconfissero i Boston Braves in sei partite. La stagione 1948 fu il trionfo della vita di Veeck. Dopo la parata per la vittoria, tornò a casa nel suo appartamento vuoto. Egli scrisse più tardi: "Non ero mai stato più solo in vita mia". Questo potrebbe spiegare il motivo per cui gli anni di Veeck a Cleveland furono caratterizzati da una disperata ricerca dell'eccitazione. Si era unito a un gruppo di nottambuli, noti nelle colonne di gossip come Jolly Set. Quando il café society di Cleveland si rivelò troppo addomesticato, cominciarono a fare i pendolari durante la notte a New York, volando in città per finire al nightclub Copacabana, e poi volare a casa la mattina successiva. Inevitabilmente il 1949 fu una delusione. Gli Indians scesero al terzo posto come l'affluenza del pubblico che scese di oltre 300000 tifosi. Veeck continuò a mandare su di giri il motore promozionale, ma non poteva superare se stesso. Quando la squadra venne eliminata dalla corsa al pennant, mise in scena un funerale sul campo di baseball e seppellì la bandiera del 1948. Questa prodezza indignò alcuni dei giocatori e dei tifosi. Prima che la stagione fosse finita stava già cercando di vendere la squadra. Anche se disse che era stato emozionante andare a Cleveland, Veeck vendette perché aveva bisogno di denaro per accordarsi sul divorzio con Eleanor e fornire fondi fiduciari per i suoi tre figli. Raramente vide più i bambini dopo. Il suo secondo figlio, Peter, lo incontrò solo due volte tra gli 8 e i 23 anni. Sua figlia Ellen disse che sua madre si rinchiuse in sé stessa in seguito al divorzio: "quindi mi sentivo come se fossi cresciuta come un'orfana". Mentre negoziava per vendere gli Indians, Veeck stava per convertirsi al cattolicesimo. Si era innamorato di Mary Frances Ackerman, una vivace press agent dello show Ice Capades, e voleva sposarsi secondo la sua chiesa. La Chiesa cattolica non riconosceva il divorzio, ma alcuni dei collaboratori di Veeck dissero che le autorità ecclesiastiche gli riconobbero una dispensa perché il suo primo matrimonio era stato celebrato secondo la fede episcopale. Lui e Mary Frances si sposarono il 29 aprile 1950. Aveva trovato la sua compagna di vita. Lei si unì a lui come conduttrice di spettacoli radiofonici e televisivi, e come un'energica oratrice promuoveva qualunque squadra di sua proprietà. Ebbero anche sei bambini. Suo figlio Mike disse più tardi: "Mio padre amava il baseball così tanto che aveva nove figli. Quando fu introdotto il DH, mia mamma lasciò la città". La coppia si trasferì in Arizona nel ranch di Veeck, ma non per molto. I funzionari municipali di Milwaukee, Los Angeles, e di altre città volevano che comprasse un club di major league e lo portasse nella loro area. Veeck mise gli occhi sui St. Louis Browns, zerbini perenni dell'American League. La squadra aveva vinto il suo unico pennant in tempo di guerra nella stagione 1944, quando il loro roster reietto si dimostrò più forte della concorrenza. I Browns erano i figliastri poveri rispetto ai Cardinals nel piccolo mercato delle due squadre delle major. Le squadre ospiti si lamentavano che la loro quota per la vendita dei biglietti non copriva nemmeno le spese di viaggio. Quando Veeck acquistò i Browns nel luglio del 1951, era stato ampiamente predetto che avrebbe spostato la franchigia, ma il suo piano era quello di spingere i Cardinals fuori città. Nella sua prima notte come proprietario fece servire una birra gratis o una soda a tutti i presenti al campo da baseball. Sei settimane più tardi estrasse dal cilindro la sua più famosa prodezza. Eddie Gaedel, alto 109 cm, spuntò fuori dugout dei Browns come leadoff nella seconda partita di un doubleheader contro i Tigers. Dopo che il manager Zack Taylor aveva mostrato all'arbitro che Gaedel aveva firmato un contratto (Veeck lo inviò all'ufficio dell'American League troppo tardi perchè arrivasse prima dell'inizio della partita), il piccolo uomo si accucciò a casa base, producendo una zona dello strike leggermente più grande di una scatola di fiammiferi. Veeck aveva minacciato di sparargli se avesse girato la mazza. La più grande folla in quasi quattro anni urlò di gioia, il catcher di Detroit Bob Swift si mise in ginocchio e il lanciatore Bob Cain lanciò quattro ball alti. Gaedel trottò in prima base, batté sul posteriore del pinch runner, e corse verso il dugout agitando il berretto. L'umorista James Thurber aveva scritto un anno prima una storia di un battitore nano in una partita di major league, ma Veeck insistette nel dire che non ne aveva mai sentito parlare. Cinque giorni dopo la partita di Gaedel, Veeck colpì di nuovo con il Grandstand Manager Night. Consegnò dei cartelli con la scritta "Sì" e "No" ai tifosi seduti dietro la panchina di casa base, e nei punti chiave della partita furono invitati a chiamare le giocate: Steal? Bunt? Hit-and-run? Il manager Taylor guardava da una sedia a dondolo, sbuffando la sua pipa, mentre i Browns battevano gli Athletics. Veeck era andato troppo oltre. Aveva inserito le sue esibizioni nelle partite - facendo una parodia del gioco agli occhi dei suoi molti critici. Ma la stagione dei Browns migliorò nella seconda metà anche se la squadra terminò ultima. Nel 1952 l'affluenza di pubblico quasi raddoppiò, ma era ancora la più bassa nella League e il club salì solo di un posto in classifica. L'Internal Revenue Service (L'agenzia esattoriale del governo federale degli Stati Uniti d'America) portò Veeck verso il fallimento, anche se non aveva niente a che fare con le proprie finanze traballanti. Il proprietario dei Cardinals, Fred Saigh, era stato condannato per evasione dei redditi e fu costretto a vendere il suo club. In un primo momento sembrava che Veeck avesse vinto; i sindaci di Houston e Milwaukee fecero delle offerte. Ma August A. Busch Jr., proprietario del gigante della birra Anheuser-Busch, si fece avanti per tenere i Cardinals a St. Louis. Veeck sapeva che il suo gioco era finito: "Non avevo intenzione di spingere Gussie Busch fuori città". In poche settimane presentò un accordo per spostare i Browns a Baltimora. I suoi compagni proprietari rifiutarono. Li aveva offesi non solo con le sue trovate, ma proponendo l'idea "socialista" di scambio di entrate televisive. "Il voto contro di me era sciocco o dannoso", aveva detto, "e io preferisco considerarlo dannoso". Adesso era un'anatra zoppa a St. Louis - "un furfante senza soldi" dalle sue parole. Vendette lo Sportsman’s Park, dove i Cardinals erano stati suoi inquilini, a Busch per 800000 $. Durante la stagione 1953 vendette diversi giocatori, così come il suo ranch in Arizona, per rimanere a galla. Nella loro ultima partita i Browns a corto di nuove palle da baseball dovettero usare le palle consumate nel riscaldamento. Alla fine della stagione, i proprietari dell'AL bloccarono nuovamente Veeck nel tentativo di spostare la squadra a Baltimora. Sconfitto, vendette il club a un consorzio di Baltimora e la League immediatamente approvò il trasferimento della franchigia. "A loro non importava se avessero comprato tutto o lo avessero escluso" scrisse John P. Carmichael del Chicago Daily News, "Così si erano vendicati di lui, dopo cinque anni, per aver disturbato il vecchio ordine stabilito delle cose". Veeck era nuovamente alla ricerca di un modo per tornare in gioco. Cercò di comprare i Philadelphia A's e i Detroit Tigers. Lavorò con il governatore della California per portare la major league nella West Coast. Aveva anche negoziato per acquistare il Ringling Brothers and Barnum & Bailey Circus; dicendo che per anni lo avevano descritto come uno che apparteneva ad un circo. Fece lo scout per gli Indians, dove il suo amico Hank Greenberg era general manager, e trascorse una stagione gestendo i Miami Marlins di triplo A. Fece anche il commentatore alla NBC - TV nel Game of the Week. Una faida familiare finalmente aprì una porta. Quando la presidente degli White Sox, Grace Comiskey, morì nel 1956, lasciò la quota di maggioranza del club alla figlia maggiore, Dorothy Rigney, piuttosto che all'altro figlio, Charles Comiskey II. Il trentunenne Chuck Comiskey, che era co-general manager, era ormai un proprietario di minoranza e amaramente si risentì. Il consiglio direttivo del club era in stallo, con due voti controllati da Chuck e due da Dorothy. Lei possedeva il 54 per cento delle azioni e non era sufficiente la nomina di un quinto membro. Logorata da due anni di litigi, la signora Rigney disse ai suoi avvocati di trovare un acquirente. Veeck mise insieme un gruppo di finanziatori locali e di fuori città per acquisire un'opzione sulle sue azioni. Anche se aveva venduto i Browns per un piccolo profitto, Veeck non aveva soldi, ma non aveva mai avuto una carenza di investitori interessati. Offrì 2,7 milioni di $ per il suo 54 per cento, valorizzando la franchigia a 5 milioni di $. Gli avvocati della signora Rigney gli dissero che sarebbe stata data la possibilità a Chuck di contrapporre il prezzo, ma Veeck disse che il giovane Comiskey aveva presentato un'offerta più bassa. Il gruppo di Veeck esercitò l'opzione nel mese di febbraio 1959. Chuck Comiskey li citò in giudizio per bloccare la vendita. Nei mesi successivi riempì di carte i tribunali con cause legali. Le perse tutte. Veeck disse più tardi: "Chuck era cresciuto fermamente convinto che l'ordine divino dell'universo richiesto per la terra girasse sul suo asse, il sorgere del sole ad est, e Charles Comiskey II a presiedere le fortune dei White Sox". Comiskey diede sfogo al suo risentimento con meschinità. Dal momento che era il dirigente più alto in grado della società, aveva dichiarato che Veeck e il suo partner, Hank Greenberg "non potevano essere sul libro paga a meno che firmassero gli assegni". Quando Veeck andò al Comiskey Park il giorno dopo la chiusura della vendita, Comiskey lasciò l'edificio sbuffando: "Non voglio parlare di Veeck per quanto riguarda gli affari che lo riguardano". Veeck invitò i giornalisti sportivi a "prendere il 54 per cento di una tazza di caffè". La petulanza di Comiskey era più che un fastidio; ma costò anche altri soldi ai proprietari. Veeck strutturò l'accordo in modo che la maggior parte del prezzo di acquisto servisse a comprare i contratti dei giocatori. I giocatori erano dei beni proprio come il ballpark e i rastrelli e le pale dei giardinieri. Dal momento che il valore di un giocatore diminuiva come diventava più vecchio, era un bene che avrebbe potuto essere ammortizzato per ridurre le tasse della corporazione. Secondo le regole IRS, Veeck e il suo partner avevano bisogno di possedere l'80 per cento delle azioni per usufruire del regime di ammortamento. Egli affermò che avrebbero potuto salvare 2 milioni di dollari di tasse - se Chuck avesse venduto. Chuck non lo fece. Veeck non ebbe mai l'agevolazione fiscale, ma i proprietari di altri sport di squadra lo fecero, per decenni dopo. Veeck e Comiskey misero da parte i loro dissapori per apparire insieme all'opening day in casa nel 1959. Il mancino Veeck lanciò la prima palla e Comiskey la ricevette. Poi una raffica di fuochi d'artificio scoppiarono nel lato sinistro dello stadio. Al seventh-inning stretch, ognuno dei 19303 tifosi ricevette una birra gratis. Bill Veeck era tornato. Ma la tregua front-office fu strettamente ad uso del pubblico. Comiskey continuò le sue lotte giudiziarie, mentre Veeck soprattutto lo ignorò. Greenberg diventò il riluttante intermediario. Veeck proiettò la sua frenetica energia nel riempire il Comiskey Park, effettuando ben tre discorsi al giorno e presenziò a spettacoli radiofonici e televisivi dalla mattina fino a mezzanotte. Una mattina si presentò nel suo ufficio alle 5:00, sorprendendo il portiere di notte. Trascorse il tempo riferendo dei 150000 $ di pittura e lavaggio del vecchio campo da baseball. Regalò orchidee nella festa della mamma. Nella stessa partita il premio al "lucky chair" (sedia fortunata) fu di 36 aragoste vive. Altri tifosi ricevettero 1000 lattine di birra, 1000 torte, 1000 bottiglie di bibite dolci, 1000 cupcakes, e 100 cene gratuite al ristorante. "Tu dai una radio o un televisore - e allora?", spiegò a Sports Illustrated, "Che cosa fa per l'immaginazione? Nulla. Se dono 50000 dadi e bulloni ... dà a tutti qualcosa di cui parlare". Istituì anche giorni liberi per i tassisti e i baristi, credendo fossero preziosi amplificatori di pubbliche relazioni per il club. Dopo che i fans fischiarono l'esterno sinistro Al Smith, Veeck permise a tutti coloro che si chiamavano Smith (o Smythe o Schmidt) l'entrata libera come ospiti dell'AL. La presenza di pubblico al Comiskey Park raggiunse il record della franchigia con 1.423.144 spettatori, ma mancò di poco il record dei Cubs del padre di Veeck nel 1929. La valutazione di Veeck sulla sua nuova squadra era: "Non abbastanza potenti, non abbastanza per fare punti". Ma il manager Al Lopez gli assicurò che gli White Sox potevano vincere. I "Go-Go Sox" raggiunsero il primo posto il 28 luglio. Veeck osservò: "Chi avrebbe mai pensato che una squadra potesse vincere un pennant esattamente con lanciatori, difesa e velocità sulle basi? Certo non è possibile. Questo è in contrasto con tutto quello che ho imparato a conoscere del baseball". Diede tutto il merito a Lopez. Preparandosi per la prima World Series dei Sox, dai famigerati Black Sox, Veeck nuovamente vendette i biglietti per ogni singola gara e disse: "I vvvvips, i very, very, very, very important persons, sono quelli che hanno sostenuto la squadra per tutta la stagione". Dopo che Chicago martoriò i Dodgers 11-0 in Gara 1, egli esultò: "Beh, nel terzo inning, quando abbiamo segnato sette punti, per poco non me ne sono andato. Ho pensato di essere nello stadio sbagliato". Ma quando Los Angeles vinse il titolo, disse mestamente: "Ci siamo battuti per una cosa che non abbiamo avuto in comune: Potenza". Questa fu la barzelletta che cominciò a girare: gli White Sox avrebbero cambiato il loro nome in White Nylons, perché nylons ottiene più punti. Veeck decise di sistemare le cose. Nella sua ricerca di potenza, scambiò gran parte del futuro del suo club. Sei giovani giocatori se ne andarono: i catchers Earl Battey e John Romano; i prima base Norm Cash e Don Mincher; il 20enne outfielder John Callison e il lanciatore Barry Latman. Ognuno divenne un futuro All-Star. Gli scambi portarono due dei preferiti di Veeck, entrambi campioni nel passato. Il trentatreenne prima base Roy Sievers che aveva giocato per lui con i Browns. Aveva firmato l'outfielder Minnie Minoso per Cleveland, ma scambiò il Cuban Comet agli White Sox prima che diventasse una star. Minoso era sotto i 40 anni, la sua età esatta rimaneva un quesito. Veeck inoltre acquistò un certo talento più giovane, il 26enne terza base Gene Freese e il 25enne lanciatore Frank Baumann. Difendendo le trades, Veeck disse: "E' stata la mia sensazione che i piani giovani e i piani quinquennali non portano ai pennant, ma solo a nuovi piani quinquennali". L'impaziente Veeck semplicemente rifiutò di aspettare che i prospetti si sviluppassero. Gli White Sox scesero al terzo, quarto e quinto posto nei successivi tre anni. Essi non raggiunsero di nuovo la postseason fino al 1983. Nel 1960 Veeck introdusse le sue innovazioni più durature. Mise i nomi dei giocatori sul retro delle loro casacche per le trasferte (i nomi sulle casacche home furono proposti l'anno successivo) e costruì un tabellone segnapunti che esplodeva per festeggiare i fuoricampo della squadra di casa. "Emetteva urla, si muoveva, eruttava, gemeva e luccicava", The Sporting News meravigliato scrisse, "Esplodevano fuochi d'artificio sotto il tabellone mentre le registrazioni su nastro emettevano praticamente ogni suono immaginabile ... una carica di cavalleria, mitragliatrici, due treni che si scontravano, stridii della metropolitana, bombardieri a reazione, e una donna che urlava: Fireman, salva mio figlio". La cacofonia deliziava i fans e faceva infuriare gli avversari. L'outfielder dei Cleveland, Jimmy Piersall, lanciò una palla da baseball contro il tabellone. Casey Stengel orchestrò una risposta maliziosa: Dopo che Mickey Mantle aveva colpito un homer, Stengel e gli Yankees sfilarono davanti alla panchina dei visitatori agitando stelle filanti. La maggior parte delle altre squadre successivamente inserirono i nomi sulle loro uniformi e realizzarono spettacoli di suoni e luci sui loro tabelloni. Nel 1960, gli White Sox superarono il record di presenze a Chicago, con più di 1,6 milioni di spettatori, ma Veeck soffrì di spaventosi problemi di salute. Da accanito fumatore aveva scoppi di tosse che a volte lo facevano svenire. Nel mese di aprile del 1961 andò alla Mayo Clinic per degli esami. I medici diagnosticarono una varietà di disturbi e gli prescrissero di ritirarsi. Veeck vendette la sua quota della squadra ad uno dei suoi soci, Arthur Allyn Jr. Il 47enne Veeck si trasferì con la famiglia in una fattoria del Maryland sulla riva della Chesapeake Bay. Soprannominò il posto Tranquility. Nel 1962 pubblicò la sua autobiografia, Veeck as in Wreck, scritta assieme al giornalista sportivo Ed Linn. Il libro è sia gioioso che amaro. Assestò alcuni vecchi conti e lanciò nuove granate nello stabilimento del baseball. Nelle ultime righe si legge: "Qualche volta, da qualche parte, ci sarà un club che nessuno davvero vuole. E Ole Will vagando a lungo arriverà per far ridere ancora un po'. Ragazzi, cercatemi sotto la lampada ad arco. Sono tornato". Nel corso degli anni successivi, Veeck tenne una colonna su un giornale, affascinando i tanti giornalisti sportivi che facevano il pellegrinaggio a Tranquility, e recuperò in salute. Riflettendo sui suoi numerosi soggiorni in ospedale, aveva detto: "La sofferenza è sopravvalutata". Osservando le locali partite della Little League, scoprì un 12enne con un dolce swing, Harold Baines. Lui e Linn scrissero un altro libro, The Hustler's Handbook. Cercò di far rivivere una pista fallita di Boston, la Suffolk Downs, e scrisse un libro sull'esperienza, Thirty Tons a Day - il migliore prodotto sui cavalli. Nel 1970, Veeck era pronto a soddisfare il suo desiderio di baseball. Cercò di acquistare la squadra di espansione di Washington in difficoltà, prima che il proprietario Bob Short la spostasse in Texas. Il suo amico Jerry Hoffberger mise i Baltimore Orioles in vendita. Veeck pensava di avere tra le mani un affare, ma Hoffberger si tirò indietro. Lo scrittore Bob Maisel del Baltimore Sun credeva che Hoffberger temesse che Veeck avrebbe venduto la squadra dopo pochi anni e non gli importava se il proprietario successivo avesse portato via gli Orioles da Baltimora. Per un uomo che desiderava ritornare in un club di baseball, Veeck non fece bene a sé stesso quando testimoniò a sostegno di Curt Flood nella sfida in tribunale sulla clausola di riserva. Descrisse la condizione di un giocatore di baseball come "schiavitù umana", ma aveva detto che la clausola di riserva avrebbe dovuto essere gradualmente eliminata per evitare il caos. Veeck, Hank Greenberg e Jackie Robinson furono gli unici altri uomini del baseball a testimoniare a favore di Flood. Nel 1975 Veeck apprese che gli White Sox erano in vendita. Il proprietario John Allyn, che aveva acquistato il controllo della squadra dal fratello Arthur, aveva sfiorato il fallimento. La presenza di pubblico era in flessione da quando i tifosi cominciarono ad allontarsi dal quartiere deteriorato intorno al Comiskey Park. La franchigia fu sul punto di essere trasferita a Seattle. Il 61enne Veeck corse nella sua città natale come il salvatore dei Sox. Mise insieme un gruppo di più di 40 investitori, tra cui Greenberg e il manager di un tempo degli White Sox, Paul Richards, ma i proprietari dell'American League respinsero l'offerta. Dissero che l'accordo di Veeck era troppo dipendente dal denaro preso in prestito. Questa fu la dichiarazione pubblica. Diversi proprietari riconoscevano la loro avversione per un uomo che avevano ridicolizzato e criticato per anni. Dopo che Veeck portò dei contanti supplementari, gli votarono di nuovo contro. Non era l'affare che non piaceva, era il promotore. Poi il proprietario dei Detroit Tigers, John Fetzer, disse ai suoi colleghi che Veeck aveva fatto tutto quello che chiedevano: "Guardate, non mi piace quello che stiamo concedendo a questo tizio qui che mi ha chiamato figlio di cagna più e più volte. Ma, signori, abbiamo avuto modo di fare un'altra votazione". Molti di loro sicuramente si stavano mordendo la lingua, ma approvarono l'acquisto10-2 (Uno in più rispetto alla maggioranza necessaria dei tre quarti). Veeck salutò il voto calciando la sua protesi sopra la testa. Poi mise un cartello che diceva "Open for Business" nella lobby dell'hotel dove si teneva la riunione invernale e trascorse 14 ore a fare delle trade in pubblico. Nel suo primo giorno dopo essere stato riammesso al club, aveva già fatto inorridire suoi compagni proprietari. Bud Selig dei Milwaukee sbuffò: "Questo è un mercato della carne". Veeck ebbe solo 13 giorni per festeggiare il suo ritorno. Il 23 dicembre del 1975, l'arbitro Peter Seitz abolì la clausola di riserva che legava i giocatori alle loro squadre per la vita. Pronunciandosi sul reclamo da parte dei lanciatori Andy Messersmith e Dave McNally, Seitz disse che la clausola permetteva a una squadra di rinnovare il contratto di un giocatore per un anno, non più e più volte per sempre, come i proprietari avevano mantenuto e i giocatori avevano a lungo creduto. La decisione aprì la porta per il free agency e la spirale degli stipendi che arrivò con essa. Veeck era a corto di capitale circolante, senza alcun margine di errore. Era appena tornato in partita, ed era senza via d'uscita. Non se ne sarebbe andato tranquillamente. La festa iniziò con l'opening day. Per celebrare il bicentenario dell'America, Veeck rievocò il famoso dipinto di Archibald McNeal Willard "The Spirit of '76". Il trio vestito con le uniformi dell'esercito rivoluzionario marciò per il campo ed era composto da Bill, con la sua gamba di legno, che suonava il piffero, dal suo compagno di lunga data Rudie Schaffer che batteva il tamburo e dal manager Paul Richards che portava la bandiera americana. Le acrobazie continuarono senza sosta per tutta la stagione: uno stuolo di danzatrici del ventre, sfilate di cavalli e bovini, premi serali per i fans scelti a caso. Fece indossare ai giocatori dei bermuda per un paio di partite. Mise il coach Minnie Minoso, che aveva 53 anni, nel lineup come battitore designato. L'affluenza del pubblico al Comiskey Parco aumentò del 20 per cento, a 915000 fans, ma fu solo il decimo più alto nella League. Gli White Sox finirono ultimi. Veeck disse al general manager Roland Hemond: "Non sprecarti di elaborare un bilancio. Noi non abbiamo soldi. Penseremo a qualcosa". Continuò ancora a lavorare e a giocare per 20 ore al giorno, bevendo due dozzine di birre e fumando fino a quattro confezioni di Salem Longs, spegnendo le cicche in un posacenere incorporato nella sua protesi della gamba. Hemond disse: "Dico alla gente che ho lavorato per Bill Veeck per cinque anni, ma sono stati davvero dieci perché non ho mai dormito". Nel 1977, Veeck escogitò un piano e quasi raggiunse la gloria. Il suo piano era "rent a player". Aveva acquisito dei giocatori che erano ad un anno di distanza dal libero arbitrio, sapendo che non poteva permettersi di tenerli. Con sluggers come Richie Zisk e Oscar Gamble , i "Go-go Sox" si trasformarono in "Sud Side Hit Men". La squadra colpì 192 homer, seconda in major, e vinse 90 partite. Si contesero la Western Division per gran parte della stagione prima di affondare al terzo posto. Veeck superò il record di presenze del suo Comiskey Park, con oltre 1,6 milioni e fu nominato Major League Executive of the Year dal The Sporting News. Da qui cominciò la caduta. Disse ai tifosi "Noi vogliamo complottare, cospirare, rubare, fare tutto il possibile per vincere il pennant - salvo pagare grandi stipendi". Lo stipendio del giocatore medio era più che raddoppiato in soli tre anni, guidato dal free agency e dal salary arbitration. Veeck non riusciva a tenere il passo. Assunse Larry Doby come il secondo manager nero delle major, ma lo licenziò dopo meno di una stagione completa. L'anno successivo ingaggiò Tony La Russa, un 34enne con carriera nelle minor league, per guidare il club. Veeck toccò il fondo il 12 Luglio 1979 con il Disco Demolition Night. Fu un tentativo mal concepito di attirare i giovani e mostrare che i Sox erano "alla moda". Il motto fu: Portatevi un vinile, acquistate un biglietto per 98 centesimi, e guardate come i dischi vengono fatti saltare in mille pezzi tra le partite del doubleheader. Una grande folla abbattè i portoni e presto cominciarono a far volare i loro dischi sul campo. Alimentati da birra e marijuana, migliaia di fans fuoriuscirono dalle tribune e scatenati corsero sul campo. La seconda partita fu vinta per forfait da Detroit quando il campo risultò ingiocabile. Nel 1980 la fortuna di Veeck, denaro, salute erano finite. L'udito e la vista del 66enne erano insufficienti, soffriva di enfisema e subì un intervento chirurgico alla gamba rimanente. Ma non poteva nemmeno lasciare il gioco senza polemiche. Quando accettò di vendere gli White Sox al magnate dei centri commerciali Edward J. DeBartolo, l'American League si rifiutò di approvare l'accordo sulla base del fatto che DeBartolo sarebbe stato un proprietario assenteista che possedeva anche ippodromi. DeBartolo sospettava che il vero motivo fosse la sua eredità italiana, con il suo stereotipo di connessioni mafiose. Veeck disse: "Non mi sono mai vergognato di essere un membro dell'American League, Ma lo sono ora". L'imprenditore edile di Chicago Jerry Reinsdorf e l'imprenditore televisivo Eddie Einhorn acquistarono il club. Alla loro prima conferenza stampa, Einhorn promise di eseguire un'operazione di alta classe. Veeck fu insultato e non andò mai più al Comiskey Park. Einhorn successivamente insistette che non voleva offendere, ma non si tirò indietro dalla sua critica sulla gestione di Veeck. "Aveva chiamato il suo campo da baseball il più grande saloon all'aperto del mondo, ed era fiero di questo", disse Einhorn, "Appena siamo arrivati abbiamo cercato di cambiare questa immagine. E siamo riusciti a farne un luogo familiare". Veeck tornò alle sue radici come un fan dei Cubs, diventando un regolare nelle rumorose gradinate del Wrigley Field. Nel 1984 contrasse il cancro ai polmoni. Morì a 71 anni il 2 gennaio 1986. Le sue ceneri furono sepolte a l'Oak Woods Cemetery di Chicago. Lui e Mary Frances erano stati sposati per 35 anni. Mary disse: "E 'stata una storia d'amore dall'inizio alla fine". Lei continuò a vivere a Chicago, e quando gli White Sox vinsero le World Series nel 2005, il club diede gli anelli commemorativi a lei e ai membri della famiglia Comiskey. Oltre all'edera del Wrigley Field, l'eredità del baseball di Bill Veeck è suo figlio Mike, co-proprietario e vulcanico promotor di diverse squadre di minor league. La bravata più strana di Mike fu il Vasectomy Day - in onore al Father’s Day - ma fu abortita dall'opposizione religiosa. Disse di suo padre: "Ha avuto questo tremendo senso dell'assurdo, e me lo ha trasmesso". Veeck fu inserito nella Hall of Fame nel 1991. I suoi nemici del Veterans Committee lo aveva tenuto fuori fino a quando fosse morto, come avevano fatto con Leo Durocher. Nella sua lapide a Cooperstown si legge: "A Champion of the Little Guy". Giovane Bill Veeck con i suoi genitori Grace e William Veeck Sr., in questa foto non datata, probabilmente fatta negli anni '20 Bill Veeck a 11 anni con il manager dei Chicago Cubs Joe McCarthy allo spring training del 1928 1937 - Due giardinieri piantano l'edera sul muto del Wrigley Field di Chicago, casa dei Cubs, da un'idea di Bill Veeck nel suo periodo con il front office della franchigia Bill Veeck, a 29 anni, con la divisa dei Marines a San Diego il 24 dicembre 1943 Agosto del 1945 - Il presidente della squadra e co-proprietario dei Brewers, Bill Veeck, sulla sua scrivania al Borchert Field dopo l'incidente in cui ha perso la gamba destra durante la campagna di Bougainville. Veeck indossa ancora l'uniforme e ha iniziato il lungo e difficile processo di recupero I Milwaukee Brewers del 1945 con Bill Veeck al centro 1946 - Bill Veeck all'entrata degli uffici dei Cleveland Indians. Per avere un contatto continuo con i media, fans, addetti ai lavori ecc., Veeck tolse la porta del suo ufficio e mise il suo numero di telefono nella rubrica pubblica di Cleveland 1947 - Il presidente dei Cleveland Indians Bill Veeck nel suo ufficio con il suo nuovo giocatore, Larry Doby - il primo afro-americano nell'American League - mentre firma il contratto 1948 - Bill Veeck mostra la gamba artificiale dopo la seconda amputazione 1948 - Due dei più grandi personaggi nella storia del gioco, Bill Veeck e Satchel Paige, durante la stagione in cui i Cleveland Indians vinsero le World Series del 1948 1949 - Due foto di un'altra prodezza di Bill Veeck (al centro delle due foto), che infastidì la League, fu la sepoltura della bandiera delle World Series vinta dai Cleveland Indians nel 1948, quando divenne evidente nel 1949 che non avrebbero ripetuto l'impresa 1951 - Bill Veeck amava girare tra il pubblico e socializzare con i fans. Qui viene ritratto mentre offre bevande gratuite durante le prime partite dei St. Louis Browns 19 agosto 1951 - Eddie Gaedel in battuta come pinch hitter per i St. Louis Browns. Il catcher è Bob Swift dei Detroit Tigers e l'arbitro è Eddie Hurley Il proprietario St. Louis Browns, l'incontenibile Bill Veeck (che fa rima con "heck" - diavolo) amavava le promozioni stravaganti. Queste due foto sono state scattate il 24 agosto del 1951 durante il "Grandstand Managers Day", mentre i fans giudicano le giocate in campo con i loro cartelli di NO e SI "Ehi, Pop-Make This One with Gold Leaf!" 1959 - Bill Veeck, proprietario degli White Sox, chiacchiera con lo slugger Ted Kluszewski (a sinistra) e il lanciatore Early Wynn 1959 - Un'altra delle trovate pubblicitarie di Bill Veeck. Eddie Gaedel torna su un campo della major league insieme ad altri tre nani. Il quartetto arriva in elicottero e, vestiti da marziani, si avviano verso la seconda base del Comiskey Park per stringere la mano a Nellie Fox e Luis Aparicio (nella foto sotto) per donare loro le pistole giocattolo a raggi x che aiuteranno Fox e Aparicio "nella loro lotta contro i giganti terrestri" 25 settembre 1959, due giorni dopo la vittoria del pennant, i Chicago White Sox festeggiano alla City Hall. In tribuna, da sinistra: John Callison, Jim Rivera, Sherm Lollar, Ted Kluszewski, proprietario di minoranza Chuck Comiskey, Rudy Arias, Mayor Richard J. Daley, manager Al Lopez, proprietario Bill Veeck, coach Tony Cuccinello, Luis Aparicio e Nellie Fox 1960 - L'interbase Luis Aparicio (a sinistra) mentre negozia il suo contratto con i proprietari Bill Veeck e Chuck Comiskey dei Chicago White Sox. Aparicio per scherzo colpisce con la mazza la testa dei due proprietari per intimorirli e ottenere un lauto contratto 1975- Bill Veeck fuori del Comiskey Park subito dopo il riacquisto dei ChicagoWhite Sox Il business manager Rudie Schaffer, il manager Paul Richards, e il proprietario Bill Veeck (da sinistra a destra) utilizzano questo metodo "rivoluzionario" per vivacizzare la cerimonie dell'opening day al Comiskey Park il 9 aprile 1976, ricordando il famoso dipinto "The Spirit of '76" Bill Veeck con la sua immancabile sigaretta mentre guarda lo spring training degli White Sox a Sarasota, in Florida, nel marzo del 1977 Marzo del 1979 - Bill Veeck (a sinistra), proprietario degli White Sox, parla con Don Kessinger, giocatore-manager. La moglie di Veeck, Mary Frances, aveva disegnato le divise del team 9 marzo 1976 - Il coach Jim Rivera e Bill Veeck. Il vulcanico Veeck mostra le nuove divise degli White Sox con l'aiuto di "Jungle Jim" Rivera che indossa il modello con i bermuda Due dei comici preferiti del baseball, Bill Veeck e Max "Clown Prince of Baseball" Patkin in questa foto del 1976 12 luglio 1979 - Due immagini del "Disco Demolition Night". Fu un tentativo mal concepito di Bill Veeck di attirare i giovani e mostrare che i Sox erano "alla moda". L'evento richiamò una folla di 90000 tifosi al Comiskey Park che presero d'assalto il campo, costringendo gli arbitri a dichiarare la seconda partita del doubleheader persa per forfait 1980 - Bill Veeck e un giovane Tony LaRussa sorseggiano un drink al Miller’s Pub di Chicago 3 febbraio 1981 - L'ex proprietario degli White Sox, Bill Veeck, consegna le chiavi del Comiskey Park al nuovo (e attuale) proprietario Jerry Reinsdorf. Seduti da sinistra, Andy McKenna, in qualità di presidente, Bill Veeck, e Jerry Reinsdorf Bill Veeck al Wrigley Field in veste di tifoso dei Cubs negli anni '80 Il degno erede di Bill Veeck, Mike, co-proprietario e vulcanico promotor di diverse squadre di minor league che con le sue promozioni continua a tenere viva la leggenda di suo padre 1991 - La targa della Hall of Fame di Bill Veeck |